Denaro e ambiente

Di Falaghiste

Come può una civiltà fondarsi su un oggetto il cui valore è determinato da un numero stampato sopra un pezzo di carta e dalla fiducia che in esso si ripone? Eppure funziona, tutti lo vogliono, esclusi i santi, i pazzi e i poeti… si dice. D’altronde, è innegabile che il denaro abbia svolto nella storia dell’umanità un ruolo fondamentale per accelerare i commerci. E con i commerci la conoscenza fra i popoli.

Ma, prima dell’invenzione della carta moneta, esso aveva, più o meno, il suo valore reale, determinato dal tempo di lavoro necessario per produrlo. Tempo impiegato nella lavorazione [difficile] e nella ricerca- estrazione delle materie prime [ancor più difficile]: oro, argento, rame e vari altri metalli.

Naturalmente i padroni del conio: Re, imperatori, papi, eccetera, ci speculavano sopra. Tuttavia, dal punto di vista ecologico si può dire che prima dell’invenzione della moneta fiduciaria [banconote, assegni, titoli, azioni, eccetera] il denaro contenesse molta energia.  E siccome per spostare energia ci vuole ancor più energia, circolava lentamente ed era concentrato nelle mani di pochi.

Poi, l’invenzione della carta moneta ha accelerato enormemente gli scambi e ciò, in linea di principio, è stato positivo; ma, contemporaneamente ha nascosto l’entità del profitto e la quantità di energia spesa per produzione dei beni; ciò che Marx chiamava il salto mortale della merce. Ai tempi di Cesare Augusto, per esempio, una pagnotta non poteva essere pagata con una moneta d’oro; la differenza di valore era troppo evidente: insisteva nell’oggetto.

Nell’antichità e nel basso medioevo la ricchezza si basava sulla proprietà della terra e sulla schiavizzazione della forza lavoro agricola e su guerre di rapina. Nell’alto medio evo e all’inizio nell’era moderna, le grandi ricchezze cominciarono a formarsi con la speculazione mercantile [sfruttando le differenze fra carestia e abbondanza] e con l’import-export di prodotti sconosciuti dai -nuovi mondi -. Naturalmente la fonte originaria del profitto era sempre il lavoro umano, [più o meno schiavizzato]. Però, la produttività rimaneva invariata.

In sostanza, il tempo di lavoro e l’energia spesa dalla nostra specie per procurarsi in beni necessari sono rimasti quasi invariati per migliaia di anni. Di conseguenza, anche l’impatto sull’ambiente naturale fino a un certo punto non è stato devastante. Poi, con la scoperta della macchina a vapore si gettarono le fondamenta affinché lo diventasse.

Infatti, sempre più velocemente, con la rivoluzione industriale fu iniettata nelle attività umane una grande quantità di energia sottratta all’ambiente naturale, aumentando in progressione la produttività della forza lavoro. Con la crescita della produttività crebbe la velocità della circolazione del denaro e il suo potere di acquisto, fino al punto in cui la massa del contante circolante a volte superava il valore reale dei beni prodotti. Sicché, gli economisti scoprirono le crisi da sovra-accumulazione di capitale. L’ultima delle quali nel 2008.

Ora, la speculazione abnorme sui prodotti energetici, causata formalmente dalla guerra russo-ucraina, certifica il tentativo del sistema finanziario di recuperare valore virtuale; per poi trasformarlo in valore reale nella corsa agli armamenti. Assistiamo così a l’accelerazione mostruosa dello spreco di energia e dell’inquinamento globale. E ciò diminuisce enormemente il tempo rimasto alla nostra specie per salvarsi dalla catastrofe ambientale. Di fronte a questa distruzione, tutte le chiacchere sulla transizione ecologica, sulle nuove aziende ecologiche e sugli investimenti in energie rinnovabili risultano grottesche. Il tempo manca e ancora non si vede la luce in fondo al tunnel.

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