Le lavoratrici del CRAI e i profitti dei padroni

La guerra fra supermercati fa sempre più vittime e ovviamente solo tra la classe lavoratrice. La proprietà del supermercato CRAI, sito a Forlì in via Balzella, ha annunciato la dismissione dell’attività. Per 21 tra lavoratrici e lavoratori si prospetta il licenziamento, dopo oltre 30 anni di servizio. La vicenda ha attirato l’attenzione dei politici, dato che siamo in prossimità delle elezioni, e una passerella fa sempre comodo. Davanti al supermercato e alle lavoratrici in lotta il 27 aprile è apparsa l’assessora Paola Casara, per assicurare l’impegno della giunta a risolvere la crisi. Come si concretizza questo impegno? È presto detto, il supermercato Esselunga che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) aprire entro il prossimo anno “si è impegnata a valutare” di assumere le ex lavoratrici CRAI. Il nulla cosmico strombazzato con i soliti comunicati stampa trionfalistici da Zattini e Mezzacapo.

Una vera beffa che ha giustamente indignato i lavoratori e le lavoratrici, che fanno sapere al magnanimo sindaco, tramite la delegata sindacale CRAI, che a mandare un curriculum a un supermercato che forse aprirà a distanza di anni ci avevano già pensato da sole…

Nel complesso si è capito che della sorte di queste lavoratrici interessa soltanto in termini di propaganda politica. In realtà nessuno può, o vuole fare qualcosa di serio. Il mercato comanda, tutti si inchinano e la classe lavoratrice paga il conto; ma nessuno ha il coraggio di metterci la faccia, di dire loro come stanno le cose. Anzi, si ripropone il rituale dei tavoli istituzionali che spesso si ripresenta con lo stesso copione e che finisce spesso a spese dei lavoratori in lotta, che invece chiedono di inchiodare Crai alle sue responsabilità, chiedono di verificare se la procedura attivata sia legittima e chiedono garanzie concrete per chi rischia di perdere lo stipendio.

L’azienda subentrante ha dato la disponibilità a riassumere parte delle lavoratrici, ovviamente solo una parte, in un balletto di cifre. Tireranno a sorte o sceglieranno i nuovi padroni? Di certezze non ce ne sono. Ad aggravare la situazione pesa l’età di queste lavoratrici: non più giovani, ma lontane dalla pensione, persone che hanno anzianità di servizio anche di 30-38 anni, tra i 50 e i 62 anni, alcune con carichi famigliari importanti. Dove si ricollocheranno? Nel far west forlivese dei centri commerciali?

Molti si chiedono a cosa servono i numerosi supermercati aperti recentemente in città. Non bastavano quelli che c’erano? La vicenda delle lavoratrici del CRAI, nel suo piccolo, è una risposta. Servono a licenziare i lavoratori più anziani per assumerne altri più giovani, a migliori condizioni per la proprietà e con peggiori tutele contrattuali per i lavoratori e ad abbassare il costo medio sul mercato della forza lavoro.

Servono alla speculazione fondiaria e immobiliare, ai costruttori e ai capitalisti vincenti del commercio al dettaglio e della logistica. Non servono alla maggioranza della popolazione che, grazie all’erosione costante del potere di acquisto e a salari fermi da vent’anni, non ha soldi da spendere in queste cattedrali nel deserto. Non servono alla collettività, perché sono una catastrofe ambientale, con chilometri quadrati di territorio impermeabilizzati dal cemento e dall’asfalto, che in caso di alluvioni aggraveranno i danni.

Servono solo ad affermare un principio che troppo spesso dimentichiamo: la nostra società si basa esclusivamente sul profitto della classe industriale, l’unica variabile economica che non conosce crisi o battute d’arresto, e che non guarda in faccia a nessuno, perché si regge proprio sullo sfruttamento della natura e della classe lavoratrice.

Questo gettito continuo di profitti e speculazioni è garantito dalla politica, di ogni schieramento e colore, che fornisce autorizzazioni, agevolazioni, facilitazioni di ogni tipo affinché si compia il sacro “sviluppo del territorio”.

In attesa delle misure sociali come la mobilità e la cassa integrazione, che sono comunque a carico della collettività che paga le tasse (ossia le lavoratrici e i lavoratori stessi, e i pensionati), siamo convinti che le lavoratrici CRAI non abbiano altra strada che la lotta per far valere i loro diritti con una lotta dura e soprattutto unitaria.

Diritti che dovrebbero comprendere un sussidio di disoccupazione o un salario sociale di almeno 1500 euro netti al mese, fino alla pensione, o fino a che non abbiano trovato un altro impiego soddisfacente. Stesse condizioni per i giovani in cerca di prima occupazione. Tutto questo nel contesto di un aumento generalizzato delle pensioni povere, dei salari e degli stipendi, che in Italia sono i più bassi d’Europa.

“Non si può” direbbe il padronato. “Non si può” ripeterebbero i politici al suo servizio: ”Non ci sono i soldi!”.

Bugiardi! I soldi ci sono, basta andare a prenderli dove si trovano. Basterebbe condurre una lotta spietata all’evasione fiscale, ma il Governo a guida post-fascista si è visto che va in tutt’altra direzione.

Occorre imporre una tassa patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione.

Occorre la reintroduzione piena della scala mobile dei salari, degli stipendi e delle pensioni, come protezione contro l’inflazione: l’arma più schifosa dei capitalisti contro i redditi da lavoro dipendente, che solo quest’anno ha eroso il potere di acquisto del 13%.

Occorre la reintroduzione del divieto di licenziamento senza giusta causa, il famoso articolo 18, per tutti e tutte.

Non è con passerelle istituzionali e nemmeno chiedendo al potere di riformare se stesso che lavoratori e lavoratrici potranno riconquistare ciò che è stato loro tolto.

Possono farlo solo con la lotta. Le lavoratrici CRAI non si sono piegate e lottano per la loro dignità, a loro va la nostra piena solidarietà di classe.

https://www.forlitoday.it/cronaca/esselunga-si-impegna-per-assorbire-gli-esuberi-del-crai-di-via-balzella-quando-aprira-il-suo-supermercato.html

https://www.forlitoday.it/video/presidio-dipendenti-supermercati-crai-provincia-oggi.html

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