Paradigma virale

Di Riflessoincondizionato

Sinceramente non mi sento troppo coinvolto da questa paranoia virale; nel senso che, pur condividendo il senso di oppressione che più o meno avvertono tutti, questo virus è stato per me soltanto un pericolo in più rispetto a quelli che c’erano prima. Se dovessi, perciò, dare un valore al mio disagio, nella scala da uno a dieci, dove zero corrisponde alla tranquillità assoluta e dieci alla paranoia totale, direi che se prima del virus mi trovavo al sesto gradino, ora mi ritrovo al settimo. E ciò mi consente, almeno credo, di osservare le cose con il sufficiente distacco da non farmi travolgere. Il problema è per quelli che, fregandosene fino ad ora di tutto, si sono trovati a passare di colpo dai primi agli ultimi gradini della scala, senza aver attraversato, perciò, i livelli intermedi necessari per riacquistare una progressiva consapevolezza del mondo circostante, delle cose veramente importanti e dei pericoli reali. Insomma, prevarranno la psicosi, la paura e l’idea che non sia colpa di nessuno; o si aprirà un varco fra i neuroni devastati da un sistema sociale demenziale, dominato da una propaganda falsa e truffaldina?   

Certo è che dopo, perché un dopo ci sarà di sicuro, niente potrà essere come prima; non l’economia, già in crisi da tempo ma ancora funzionante nelle sue strutture portanti (Borse, Fondo Monetario, Banca mondiale eccetera), e non la mentalità della gente, che è impossibile che non cambi minimamente. Ma come?  E quanto? E in quale direzione? Verso l’abitudine alla militarizzazione della società, emergenza dopo emergenza, o verso una maggiore attenzione ai problemi reali e lo sviluppo di una critica radicale al sistema? Ad un attento osservatore, alcuni cambiamenti cominciano ad essere evidenti; per esempio, sicurezza non viene più associata alla video sorveglianza, alla crescita del numero di telecamere poste in ogni dove, ma riferita al sistema sanitario pubblico; e questo è positivo. Timide voci si levano contro i tagli alla sanità pubblica e fioccano appelli al senso comunitario; anche da parte degli ipocriti che fino a ieri si proclamavano adepti della felicità personale.

La storia prosegue per lunghi periodi di stasi e improvvise accelerazioni. I grandi cambiamenti non sono mai causati soltanto dalla qualità dei rapporti sociali interni all’Uomo, ma anche dalla relazione dialettica

fra umanità e natura. L’esplosione del virus è quel qualcosa che prima o poi doveva accadere per aprire un altro squarcio nel ripetersi di crisi che non allarmavano davvero nessuno, come la distruzione delle condizioni di vita umana sulla terra, l’impoverimento progressivo di gran parte dell’umanità, lo sfruttamento intensivo dei lavoratori, le guerre senza fine in Medio Oriente, le emigrazioni di massa e i morti ammazzati sul lavoro. Eh no! Il virus non può essere ignorato, neanche dagli industriali, dai banchieri e dai politici al loro servizio; esso è interclassista, indifferente ed estraneo alle priorità economiche. Si è sviluppato perché costava troppo andarlo a cercare e ora è diventato lui il cercatore; senza morale, senza passione, spietato come l’economia di mercato, ma contrariamente innocente perché inconsapevole. La cosa peggiore sarebbe che tutto tornasse come prima, che le responsabilità rimanessero impunite, ignorate, giustificate e la gente si illudesse di marciare come prima. Ebbene, cari amici e amiche, compagni e compagne, questo dipenderà anche da noi, dalla nostra sana e consapevole paura e da come la sapremo utilizzare.

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