OTTO PUNTI DI CLASSE PER L’OTTO MARZO – #4 – BASTA AI TAGLI ALLA SALUTE E AL BENESSERE DELLE DONNE

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Le donne curano, ma non vengono curate.

Se il femminismo non si pone il traguardo di trasformare la realtà subita da milioni di donne che quotidianamente affrontano la fame, lo sfruttamento, la violenza, gli abusi e le umiliazioni, allora è destinato alle elucubrazioni accademiche, alle lobby politiche e agli organismi multilaterali.

(Andrea Iris D’Atri, Il pane e le rose, 2016)

Con una totale assenza di pregiudizi di sorta, il capitalismo sfrutta fino alla fine ogni animale, ogni oggetto e ogni persona a prescindere dal sesso, dalla provenienza e dall’età. Il capitalismo non è sessista né razzista. Il capitalismo sfrutta. Al primo posto vengono gli interessi della classe padronale, che deve mantenere inalterati i propri profitti, e per farlo non guarda in faccia a nessuno. La classe dominante ha inoltre il monopolio della violenza è per questo che viene giudicato universalmente violento picchiare qualcuno, ma non viene considerato violenza negare a qualcuno le cure di cui ha bisogno.

Questo tipo di violenza viene perpetrato sul corpo delle donne ogni giorno: in primo luogo sul posto di lavoro, dove la salute degli sfruttati è l’ultima preoccupazione di tutti, padronato e spesso sindacato connivente incluso. Il corpo delle donne viene inoltre fatto oggetto di violenza quando ad esse viene negato il diritto di decidere per se stesse e di gestire in autonomia la propria sessualità. Sappiamo benissimo come in Italia sia difficile ricorrere alla contraccezione di emergenza, come i consultori siano diventati preda di avvoltoi religiosi che li usano come avamposti in una guerra contro l’autodeterminazione femminile, come lo Stato borghese tagli sistematicamente le strutture atte a garantire la salute delle donne. Sappiamo inoltre quanto sia difficile ricorrere all’aborto, un diritto riconosciuto formalmente con la legge 194, ma che viene ogni giorno svuotato del suo significato grazie all’atteggiamento complice e connivente di uno Stato che tollera un’obiezione di coscienza usata da fanatici religiosi come un’arma contro le donne. Sappiamo come solo i ginecologi obiettori facciano carriera all’interno degli ospedali pubblici e sappiamo inoltre come il Vaticano abbia colonizzato le strutture sanitarie e sociali per vietare di fatto alle donne ciò che non riesce più a vietare per legge. Sappiamo inoltre quanto sia difficile vivere senza ingerenze autonomamente la scelta di non avere figli oppure la maternità, che viene fatta costantemente oggetto di prescrizioni normative che nulla hanno a che vedere con il benessere della donna e del nascituro. L’accesso all’anestesia epidurale, inserita nei Lea (livelli essenziali di assistenza) è un miraggio nella stragrande maggioranza degli ospedali italiani, dove la donna italica (unica nei paesi “civilizzati”) partorisce ancora con dolore biblico. La maternità è stata circondata un certo femminismo medioevale di ritorno da nuovi dogmi new age, fatti di fiori di Bach e aromaterapia contro i dolori del parto, appoggiati apertamente dalle ASL perché sicuramente più economici per la macchina statale. In tutto ciò la donna proletaria non ha possibilità di scelta. Ma ciò naturalmente non vale per le donne borghesi, che partoriscono in cliniche superaccessoriate, in cui hanno accesso a procedure mediche, esami prenatali completi, e tutta una serie di comodità precluse alle proletarie.

Dopo il parto la situazione non migliora: la tutela della maternità è inesistente, tra bonus bebè da restituire e altre amenità, lo Stato borghese non fa assolutamente nulla per tutelare la scelta delle donne di mettere al mondo dei figli, anzi mette in piedi un business di proporzioni enormi con cui sottrae scientemente e ai fini dello sfruttamento più becero i minori dalle famiglie non abbienti per parcheggiarli in case famiglia, molto spesso gestite da enti ecclesiastici o cooperative amiche, su cui riversare una pioggia di soldi pubblici. La fine di questi minori è tristemente prevedibile: una volta raggiunti i 18 anni di età, e non avendo più diritto ai sussidi statali, gli enti “benefattori” li buttano in mezzo a una strada, a ingrossare le file del proletariato da cui provenivano.

Non solo la salute delle donne viene ogni giorno minacciata dallo Stato borghese e dalla Chiesa cattolica nella sfera della contraccezione, dell’aborto, del parto, spesso le donne meno abbienti non hanno accesso anche alle procedure di screening per la prevenzione di patologie tipicamente femminili come il tumore della mammella o al collo dell’utero, oggetto recentemente di pesanti tagli. Anche in questo caso il diritto alla salute è un diritto che esiste solo per chi se lo può pagare, ossia le donne borghesi che possono accedere alla prevenzione a pagamento. Questo è il risultato delle politiche scellerate di privatizzazione della sanità: la mortalità aumenta e la speranza di vita diminuisce, mentre liste di attesa vergognose precludono la salute a chi non si può permettere le visite private.

VOGLIAMO

  • Aborto libero, gratuito e garantito: l’obiezione di coscienza per i ginecologi non deve più esistere, così come è necessario impedire qualsiasi ingerenza religiosa nella determinazione della salute femminile e non solo.
  • Allargamento della rete dei consultori: è necessario irrobustire la rete di consultori sul territorio e ampliare la gamma di servizi che queste strutture offrono a giovani, donne, migranti. I consultori devono garantire a tutti e tutte il ricorso a informazioni sanitarie precise e attendibili, il ricorso alla contraccezione ordinaria e di emergenza e devono fungere da guida nel percorso per l’interruzione di gravidanza, assistendo in ogni modo la donna che ha deciso di abortire.
  • Fine del business delle case famiglia e del fenomeno della sottrazione dei minori alle famiglie proletarie a vantaggio di cooperative ed enti ecclesiastici. Spesso cooperative private ed enti ecclesiastici speculano sull’emergenza migranti, sui minori in difficoltà, sulle dipendenze e invece di svolgere un servizio socialmente utile rappresentano esclusivamente un ulteriore canale di sfruttamento delle classi subalterne.
  • Cancellare qualsiasi erogazione alla sanità privata: la sanità, la ricerca e l’assistenza devono essere pubbliche e devono essere sottratte agli interessi del capitalismo; deve essere cancellata la libera professione intramoenia, con cui i medici sfruttano le strutture pubbliche per arricchirsi e garantire maggiori servizi solo a chi se li può permettere.
  • Il servizio sanitario pubblico deve garantire un’estensione e potenziamento dei programmi di screening pubblici ora in ridimensionamento (tumore al collo dell’utero, mammella ecc.). La prevenzione è un diritto di tutti e tutte.

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