Scienza e incoscienza

Di Falaghiste

La polemica tra no-vax e pro-vax nell’estrema sinistra sta raggiugendo un livello di rottura che non ha precedenti negli ultimi decenni. Investe e coinvolge non solo la politica, ma irrompe nei rapporti personali, distruggendo amicizie e fiducie reciproche che si credevano granitiche. E ciò può diventare un problema per lo sviluppo del movimento operaio e più in generale dei movimenti, delle organizzazioni e dei partiti che, ispirandosi al socialismo, contestano e lottano contro il capitalismo.

Tuttavia questa frattura, per quanto dolorosa, probabilmente era inevitabile. E quando la forza oggettiva della storia fa emergere le contraddizioni non ancora descrivibili nel periodo precedente si può ritenere un evento positivo. Positivo nel senso che molti sono costretti a schierarsi da una parte o dall’altra invece di stare a guardare, per la semplice ragione che la pandemia li coinvolge personalmente. Insomma, finalmente il -politico- e il- personale- tornano a interagire, facendo strage di false coscienze. Fermo restando che tutto questo non può essere motivo di giubilo, la storia ci insegna che quando una crisi epocale è matura, gli inevitabili eventi drammatici, come una guerra o, appunto, la pandemia, mostrano la sostanza che i fenomeni celano nei periodi di bonaccia.

I punti della discordia sono molteplici e interagenti, ma alla radice c’è l’opposto giudizio sulla scienza, che i no-vax dividono fra scienza buona e cattiva. Semplificando, i cattivi scienziati/e favorevoli ai vaccini sarebbero asserviti allo Stato e alle mega-aziende farmaceutiche, che secondo loro governano il mondo.  I buoni invece sarebbero gli scienziati/e che si oppongono ai vaccini e che vengono sistematicamente irrisi ed emarginati dal potere.  Un giudizio senza sfumature, anzi più una sentenza, che evoca la condanna per eresia di Galileo Galilei; e non considera che gli scienziati no-vax si abbeverano alla medesima fonte dei loro colleghi/e pro-vax, cioè alle scoperte della ricerca scientifica, ormai fortemente globalizzata.

La ricerca scientifica attuale, esclusa quella relativa al segreto di Stato, oggi più che mai ha bisogno di interagire e circolare, in quanto estremamente specializzata. E gli scienziati, la comunità scientifica globale, per passione e per prestigio, loro personale e di categoria, hanno tutto l’interesse a non spacciare lucciole per lanterne. Che fra gli scienziati vi siano divisioni è fisiologico della scienza e delle visioni politiche dei singoli; per esempio, A. Einstain era grosso modo pacifista, mentre E. Fermi, si direbbe che fosse propenso alla guerra. Ma entrambi furono grandi scienziati, più o meno aggiogati agli interessi del capitale, ma il loro lavoro è stato anche generatore di progresso.

Nel sito dell’enciclopedia Treccani alla voce scienza si legge: Insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati. Detta così parrebbe che si tratti di una attività totalmente razionale, che ricorre all’esattezza della matematica e della logica e che prescinde dal tipo di società in cui opera. Insomma, una entità neutrale rispetto ai conflitti sociali, e ai caratteri degli individui. Poi dipende dall’Uomo se verrà usata per il bene o per il male. Concetti questi: vacui, soggettivi e metafisici, evidentemente reazionari. La tesi della neutralità della scienza in realtà è sostenuta dalle correnti più reazionarie del pensiero politico, per giustificare le conseguenze peggiori delle scoperte scientifiche, come le bombe nucleari, i concimi chimici, la distruzione dell’ambiente naturale, eccetera. 

Il pensiero critico è ben cosciente di questo falso ideologico che non riconosce la divisione della società in classi sociali. In realtà, nella società capitalista, l’attività scientifica non può essere neutra, in quanto finanziata, ordinata e dipendente dagli interessi dalle classi dominanti. Tuttavia la scienza è per natura dialettica in quanto in perenne trasformazione. Per Marx, la scienza “è un attributo del capitale sul lavoro vivo” ma, allo stesso tempo, “è una forza produttiva sociale” che soddisfa i bisogni umani e, nel caso della medicina e della farmaceutica, il bisogno più elementare: quello della salute.

Comunque, queste considerazioni dovrebbero essere patrimonio comune di una sinistra militante, non dico rivoluzionaria, ma perlomeno critica dei rapporti-sociali-capitalisti e non di meno informata sulla storia del pensiero critico, del movimento operaio e del marxismo. Mentre invece c’è qualcosa di rafforzativo da aggiungere a difesa della scienza, anche intesa come esperienza assommata a sapienza. Vale a dire: che anche la scienza più asservita mantiene un margine (piccolo ma significativo) di autonomia, in quanto la ricerca scientifica si può rappresentare come l’esplorazione di un territorio sconosciuto, che funziona con regole nuove e ancora imperscrutabili.

Per cui, anche il finanziamento di ricerca maggiormente finalizzato al profitto può ottenere il risultato contrario, nel senso di scoprire qualcosa di opposto all’ interesse del -bieco- investitore e fargli perdere l’investimento. Magari questa scoperta non si tradurrà mai in una forza produttiva, in una applicazione tecnologica; però, entrerà in connessione con altre ricerche, nel suo campo e con altri settori della scienza; contribuendo al sapere e alla capacità produttiva sociale. E di ciò i capitalisti ne sono ben coscienti. Per esempio, negli Stati Uniti c’è una “tale” fondazione che, tramite concorso, assegna un finanziamento consistente per progetti di ricerca definibili, come minimo, “pazzerelli”. Per esempio, il motore inerziale: un propulsore per navi spaziali che funziona con la forza di inerzia.

Nella terra di nessuno, fra positivo e negativo, di questa polemica, che divide il -popolo della sinistra, si nasconde un malinteso fondamentale: la confusione fra scienza, tecnica e tecnologia. Cioè, le si comprende tutte nel termine -scienza-. Allora, in un discorso politico o filosofico questa generalizzazione ci può anche stare, ma se si pretende di dimostrare qualcosa di reale, come fanno i no-vax, questa ammucchiata diventa intollerabile e urge fare un po’ di chiarezza. 

Se la scienza si occupa dello studio dei principi fondamentali e della sperimentazione; la tecnologia ha per oggetto l’applicazione e l’uso degli strumenti tecnici in generale, ossia di tutto ciò che può essere utile alla soluzione di problemi pratici, all’ottimizzazione delle procedure, alla presa di decisioni, alla scelta del tipo di energia da impiegare; in sostanza del processo di trasformazione, fisico ed energetico nel suo insieme, che si conclude con il -bene- pronto per essere usato. Mentre la tecnica, sulla base delle conoscenze scientifiche, investe il campo più specifico della progettazione di strumenti, apparecchi, macchine, motori e utensili, destinati al soddisfacimento delle varie distinte del progetto tecnologico.

In conclusione, di che cosa stiamo parlando? Di scienza o di tecnologia, di scienziati o di tecnocrati, di ingegneri o di capi reparto della catena di montaggio? Di pubblicità o di propaganda politica? Insomma, si può anche scegliere di -fare di tutta l’erba un fascio-, ma se non si sta attenti si finisce per trovare quello che non si vuole e le conseguenze sono opposte agli intenti, proprio, come (e meno male), succede nella scienza. ….Già, ma che lo dico affà?

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