Perché non fidarsi mai delle istituzioni borghesi

di Frecciarossa

Nei giorni scorsi il Sindaco di Sassuolo (MO), Gianfrancesco Menani della Lega, si è espresso sulla chiusura della Martinelli Ettore Srl, ditta metalmeccanica che si occupa nella progettazione e costruzione di stampi, tamponi e presse per l’industria della ceramica, con una proposta a dir poco scandalosa. O meglio scandalosa per chi ancora non ha capito le dinamiche tra sfruttati e sfruttatori.

Noi rivoluzionari non siamo scandalizzati perché sappiamo bene che politiche fanno questi  “signori”, ma l’uscita del sindaco deve servire a tutti i lavoratori sfruttati, oppressi e licenziati per capire in che mani si mettono a livello locale e nazionale.

Nel caso specifico, al tavolo delle trattative, il sindaco leghista ha “suggerito” di trasferire i lavoratori nella sede russa (paese tanto caro al vicepremier Salvini e patria dell’amico Putin) di proprietà della Martinelli stessa, a Pavlovskij Posad, a un tiro di schioppo da Sassuolo, solo 2829 km.

Qui ci sarebbe da chiedere al sindaco perché non va lui a quella distanza a farsi sfruttare per pochi rubli, invece di fare certe dichiarazioni sulla pelle di chi sta perdendo il proprio posto di lavoro. Se sono incapaci di risolvere le crisi che loro stessi, con il loro sistema, stanno creando, abbiano almeno la decenza di lasciare in pace i lavoratori, che auspichiamo si organizzino senza questi intermediari inutili, anzi dannosi per chi lavora ma utilissimi per gli interessi delle aziende.

Alla faccia del Made in Italy, della “produzione nostrana”, del ritorno all’orgoglio nazionale tanto evocato dalla Lega in campagna elettorale.

Tutte queste amministrazioni, che siano di centrosinistra, centrodestra, leghiste, m5s, o i vari governi come quello attuale gialloverde, non sono che un danno per la classe lavoratrice, dato che si disinteressano, persino con scherno e disprezzo (come ha fatto questo sindaco) della perdita di posti di lavoro e delle conseguenze che subiranno sia i lavoratori che le loro famiglie, peggiori per chi ha una certa età o ha problemi fisici dovuti all’usura del lavoro.

Non sono da meno le organizzazioni sindacali confederali Cgil, Cisl, Uil, Ugl che fanno da pacieri, preoccupatissimi di spegnere qualsiasi iniziativa di lotta che vogliano intraprendere i lavoratori, e altrettanto preoccupate a mantenere il proprio ruolo nei giochi delle istituzioni e dei padroni, perennemente sedute ai tavoli delle prefetture, senza portare a casa alcun miglioramento nella sorte dei lavoratori in loro balìa.

A questi sindacati ormai completamente burocratizzati interessa solo avere ottenuto il testo unico di rappresentanza, assicurando la propria sopravvivenza non più tramite la lotta ma tramite gli enti bilaterali. Nessuna lotta contro licenziamenti, precarizzazione, Jobs Act… e il nulla cosmico anche davanti alla repressione che questo governo, ostaggio di Salvini, ha messo in campo con i vari decreti Sicurezza, che per i lavoratori sono sinonimo di repressione di ogni forma di lotta, con la criminalizzazione di chi fa un blocco merci davanti al proprio posto di lavoro per difenderlo o di chi lo occupa davanti alla voglia del padrone di delocalizzare.

Una sorte doppiamente più dura toccherà a tutti quei lavoratori immigrati, che perdendo il posto di lavoro e quindi il permesso di soggiorno e risulteranno clandestini, rispedibili come pacchi alla miseria da cui sono fuggiti.

La Lega blatera solo “Prima gli italiani” ma poi tradisce qualsiasi promessa a chiunque, italiano o meno, perché dalla Flat Tax in su, il motto della Lega è solo “prima i ricchi”, “prima i padroni”. Con buona pace di tutti quei lavoratori che hanno creduto alla favoletta dell’immigrato-rubalavoro.

Sarebbe ora di cominciare a pretendere “Prima i lavoratori”,  e gli unici che devono essere espulsi sono gli sfruttatori (padroni, banchieri, corrotti, capitalisti, ecc.), che sono i veri parassiti della società, veri e propri delinquenti in giacca e cravatta, che esistono e prosperano solo sulle spalle di chi lavora.

L’unica e sola forza dei lavoratori della Martinelli è la loro capacità di lotta, la creazione di una rete di solidarietà che coinvolga altri lavoratori e che cerchi il consenso anche dei cittadini del territorio, senza aver paura.

Il lavoratore deve comporre, quello che il padrone scompone.

Sono sacrifici? Sì.

Occorre uno sciopero a oltranza, finché non si ottiene la certezza del proprio posto di lavoro? Sì.

Queste sono le uniche vie d’uscita a disposizione dei lavoratori quando diventa normale, persino per bocca delle istituzioni, deportarli come bestiame.

L’escalation delle iniziative di lotta deve durare un minuto in più della sete di profitto del padrone, e della inettitudine delle istituzioni, senza paura della repressione che arriverà e anche contro la complicità delle burocrazie sindacali, che ormai boicottano apertamente l’autorganizzazione operaia.

È ora di ripristinare i consigli di fabbrica dove a decidere le sorti dei lavoratori sono i lavoratori stessi, e non qualche lavoratore cammellato nelle RSU dalle organizzazioni sindacali, obbligato a fare da compromesso vivente tra le istanze dei lavoratori, l’offensiva dei padroni e la passività complice dei burocrati sindacali.

Alla finta rappresentanza si deve opporre la forza del collettivo, dell’autorganizzazione dei lavoratori. Solo tramite la lotta, vera, che colpisce il padrone nel portafoglio, è possibile avere la speranza di difendere il posto di lavoro, minacciato da tutti i lati da sindacati conniventi e politici schierati con gli sfruttatori.

Solo la ripresa della conflittualità sociale a partire dalle fabbriche, dai posti di lavoro, dalle scuole, può impensierire questo governo autoritario, razzista, xenofobo e reazionario.

È ora di invertire la rotta, perché oggi diventa normale deportare i lavoratori Martinelli in Russia, ma domani diventerà normale quello che ancora oggi sembra impensabile.

E come diceva un grande filosofo nel 1800, con una frase ancora attualissima:

“PROLETARI DI TUTTI I PAESI UNITEVI”

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