Trivelle in Romagna: tra scartoffie burocratiche e ammucchiate “democratiche”

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Argomento di forte dibattito all’ordine del giorno in tutta la provincia di Forlì-Cesena è la procedura esplorativa concessa lo scorso 8 febbraio dal Ministero dello Sviluppo Economico (con parere favorevole della Regione Emilia-Romagna) alla “Po Valley Operations Pty”, azienda australiana, per indagini esplorative in vari siti sparsi per la provincia (Cesena, Bertinoro, Forlimpopoli, Meldola, Forlì) al fine di verificare se sia possibile estrarre gas naturali o idrocarburi. Appena la notizia si è diffusa, c’è stata una corsa ai ripari da parte di Regione e comuni vari per specificare che molti sarebbero ancora i passi giuridici per arrivare eventualmente all’estrazione vera e propria – anche se la Regione stessa assolutamente non si pone il problema di bloccare questa improbabile estrazione di idrocarburi (che creerebbe probabilmente problemi di subsidenza, specie in una pianura alluvionale come la nostra), quanto di specificare che debbano essere rispettati tutti i cavilli legali del caso. Leggi e leggine che non hanno certo impedito ai fratelli Riva, padroni dell’Ilva, di inquinare l’area di Taranto e di far morire di cancro moltissimi lavoratori e cittadini tarantini; che non hanno impedito ai contadini con delle terre adiacenti agli stabilimenti sardi della Saras (Moratti) di dover interrompere le proprie colture per il sopraggiunto inquinamento del terreno.

Il referente storico dei Verdi cesenati, Davide Fabbri, ha adottato a solita linea “giuridica” del ricorso al TAR (possibile fino ad aprile) e della causa legale: una linea che negli ultimi decenni non ha portato a nessuna vittoria significativa nelle battaglie portate avanti dagli ecologisti locali (come quella contro l’apertura di molteplici supermercati attorno al nucleo urbano di Cesena).

Il presidente del WWF Forlì-Cesena, Alberto Conti, ha fatto notare la colossale contraddizione di governi locali e nazionali che ultimamente vanno sempre più riempiendosi la bocca di priorità delle energie rinnovabili, quando la loro corsa all’estrazione di combustibili non ha tregua, senza consultazione delle popolazioni coinvolte direttamente. Dove sta la democrazia si chiede Conti? Nulla di nuovo, per noi marxisti: è proprio questa la democrazia borghese, l’unica possibile in una società con pochi industriali e banchieri che tengono in mano le redini di tutta l’economia; la democrazia sempre pronta a venire incontro ai progetti economici dei petrolieri, e disposta a devastare territori, a inquinare e a far ammalare intere popolazioni.

Una democrazia che produce baracconi politici sempre più grotteschi, come quello che ha convocato (con qualche telefonata tra consiglieri comunali e segretari di partito, quindi replicando “l’autoritarismo” che si contesta allo Stato) per domani in piazza del Popolo un presidio contro queste possibili trivellazioni: un’alleanza che comprende Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, PCI, Lega Nord, 5 Stelle, PSI, Cesena Siamo Noi. Un’alleanza “destra-sinistra” come non se ne vedono spesso, tutta tra partiti che non si riconoscono nella classe lavoratrice e che fanno un’opposizione meramente strumentale al PD, privi come sono di una linea realmente alternativi a questo partito (e d’altronde, alcuni di questi partiti sono alleati più o meno solidi dello stesso PD in molte realtà).

Noi marxisti (che non abbiamo nulla a che fare con il riformismo dei “comunisti” di cui sopra) indichiamo la centralità, oggi, delle catastrofi ambientali locali e globali in corso, così come l’assurdità, lo spreco e l’anarchia che la competizione fra grandi aziende energetiche producono, ma non poniamo questo problema solo per “difendere il territorio”: a noi questa economia, questo modo di procurarsi l’energia non va bene in generale, non solo quando succede nel territorio dove viviamo: gli stessi problemi si presentano sia che si estragga a Cesena, nell’Adriatico, in Sudan o negli Stati Uniti. Proprio per questo indichiamo, come soluzione generale al caos dell’industria energetica in mano a pochi padroni del vapore, un controllo pubblico, da parte dei lavoratori e delle popolazioni coinvolte, delle grandi industrie energetiche. Un controllo “democratico” che non potrà mai avvenire dentro a questa democrazia, proprio perché si scontra col “diritto” di tali padroni a gestire la propria proprietà come meglio credono. Un diritto al quale contrapponiamo il diritto dei lavoratori di dirigere quella stessa economia che tengono in piedi giorno per giorno, e il diritto dell’intera specie umana di vivere in equilibrio con l’ambiente, senza distruggerlo e senza distruggere se stessa. Diritti che, per prevalere, devono farsi forza dell’organizzazione dei lavoratori stessi, di un loro governo, quindi di un loro Stato (che non è certo quello di oggi, dei burocratini intenti a produrre milioni di carte per giustificare lo strapotere della borghesia) e di un loro controllo diretto dell’economia, quindi di una loro azione rivoluzionaria per imporre questo stato di cose.

Come PCL Romagna ci attiviamo senz’altro per seguire questa vicenda e per intervenire tra lavoratori e popolazione locale al fine di mobilitarsi a partire dai propri interessi (e non da quelli dei padroni locali o dello Stato) e a sviluppare una coscienza critica, capace di legare la questione ambientale a quella del rapporto sociale tra sfruttati e sfruttatori.

Partito Comunista dei Lavoratori – Sezione Romagna

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