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Intervista al candidato Giacomo Turci – Parte III: la differenza tra una sinistra “poltronaia” e una sinistra che non tradisce. Senza dimenticare Renzi

D. A proposito di sinistra: SEL, Rifondazione e voi del PCL vi presentate separati alle elezioni comunali. Se io fossi un elettore di sinistra mi sarebbe difficile capire una cosa del genere. Come la giustificate?

R. Con la realtà. Ormai la sinistra alternativa, (diffusa, dal basso, solidale e partecipativa) è un trenino arrancante verso destra e le relative poltrone, ormai disperatamente agognate. SEL insegue il PD; dopo essere stato scaricato alle primarie spera nel secondo turno. Secondo la vendoliana Marisa Fabbri, il PD avrebbe promesso (in caso di ballottaggio) il vicesindaco e un assessore di peso. Forse l’ultima illusione.

A sua volta, Rifondazione aveva inseguito SEL, proponendo una lista civica tipo TSIPRAS, ma ora si presenta da sola sotto le mentite spoglie di una lista civica dopo aver ricevuto il due di picche. Di programmi neanche l’ombra.

Alcune settimane fa Rifondazione aveva lanciato, nella nostra città, un appello per “unire la sinistra” in occasione delle imminenti elezioni amministrative.
L’appello si basava su banalissime dichiarazioni di voler “cedere sovranità” per “sganciarsi dalle liturgie politiciste ed avventurarsi in mare aperto”: certo, non è più la Rifondazione di 10-15 anni fa che veleggiava su percentuali di voto a due cifre, ora che il PRC, a furia di tradimenti, compromissioni e svendite è finito come “non pervenuto” nei sondaggi elettorali, un ceto dirigente di trombati e affini se ne esce con questa pantomima del “cedere sovranità”, per “ripartire dal basso”. Il tutto condito da parole quali solidarietà, partecipazione ecc.

Noi abbiamo risposto che queste parole d’ordine assumono significato soltanto se ad esse segue un programma coerente. Non ci sembra che, a parte generiche affermazioni di principio, sia emerso qualcosa di significativo in questo senso.
La sensazione è che ognuno stia tirando l’acqua al suo mulino, fingendo una propensione unitaria che in effetti non ha. Significativo in questo senso è che tali appelli all’unità emergano soltanto in prossimità delle scadenze elettorali.
Per noi invece, l’unità si costruisce giorno dopo giorno nelle lotte al fianco dei lavoratori; soltanto dopo, semmai, può realizzarsi l’unità politica.

Non è un caso infatti, che il nostro Partito abbia più volte e da anni invitato tutte le sinistre di classe, localmente e nazionalmente, a creare coordinamenti a sostegno delle mobilitazioni operaie, senza ricevere mai alcuna risposta.

Per smascherare la voglia di poltrone del PRC basta spostarsi di 20 chilometri, quelli che separano Forlì da Cesena. A Forlì, RC farà una lista in opposizione al candidato sindaco Drei (PD), mentre a Cesena RC si coalizzerà con il candidato sindaco Lucchi (sempre PD): il massimo della coerenza.

Ecco perché non si può fare un’alleanza con il Partito della Rifondazione Comunista: o si sta con i lavoratori (e il PCL è sempre da questa parte) o si sta con i padroni e i loro partiti.
Nei comuni in cui si presenterà alle elezioni, il PCL porterà una lista autonoma e di classe, senza ambiguità, appunto perché la nostra battaglia politica non ha come obiettivo le poltrone, ma la ricostruzione di un grande movimento operaio.
Dato che il PRC non ha posizioni anticapitaliste (e non ne ha mai avute), si trova a fare alleanze con forze che non hanno niente a che fare con la classe lavoratrice (come l’UDC nella regione Liguria), da sempre nemiche storiche dei lavoratori.

D. E il PD?

R. Il PD cosa? Mi scusi, non capisco quale sia la domanda.

D. Molti identificano ancora il PD con la sinistra.

R. Si tratta forse di inerzia elettorale: molti sono passati dal PCI, al PDS, ai DS e adesso al PD, senza aver compreso quanto la barca nel frattempo virasse verso destra. Per noi sinistra vuol dir stare dalla parte dei lavoratori e quindi contro i capitalisti. Questo è il suo significato nella storia e la sua unica realtà possibile.

Per capire il rapporto del PD con i lavoratori basta osservare il comportamento tenuto al presidio davanti ai cancelli dell’Electrolux di Forlì, il cui scopo era quello di limitare l’uscita delle merci prodotte, ma veniva invece usato come platea per i comizi elettorali dei vari esponenti politici del PD, spalleggiati con atteggiamenti da portaborse dai vari dirigenti sindacali locali.

Questi, essendosi evidentemente venduto il senso della vergogna, hanno fatto a gara nel mostrarsi “vicini ai lavoratori e sensibili alle loro istanze”. A partire dall’eterno governatore dell’Emilia-Romagna Vasco Errani (siamo al quarto mandato), con tanto di palchetto e microfono (venerdì 14 marzo), fino al candidato sindaco del PD Drei, esponente della corrente più antioperaia e filo-padronale del suddetto partito.

Di fronte a tanta ipocrisia, ci sentiamo il dovere di rammentare ai lavoratori e ai quei cittadini che ancora non hanno smarrito il senso minimo della decenza, cosa è il PD e quale interessi rappresenti.

Il PD come forza di Governo si è distinto per aver emanato le più devastanti leggi antioperaie dal dopoguerra a oggi. La peggiore è stata ”il pacchetto Treu“ del primo governo Prodi, che introdusse il lavoro precario e le agenzie di lavoro interinale. Lo stesso governo si distinse per la privatizzazione di servizi pubblici per 50.000 miliardi di lire (oggi vediamo le conseguenze sulle tariffe). Il secondo governo Prodi, i recenti governi Monti e Letta, sostenuti dal PD, hanno continuamente tagliato: sanità, scuola, pensioni e diritti del lavoratori (ultima la riforma Fornero). Ed ora siamo attesa del cosiddetto Jobs act del governo Renzi che certificherà il precariato a vita per i nuovi assunti. Naturalmente tutto questo è stato peggiorato, via via, dai diversi governi Berlusconi senza la minima opposizione del PD.

In quanto ad Errani, la sua giunta si è distinta per lo “scandalo spese pazze” con rimborsi ai suoi componenti di cene a 200 euro a coperto (già ne prendono 6000 al mese di stipendio). In compenso, hanno tagliato i posti letto negli ospedali della regione (a Forlì chiuderà l’intero reparto di neuro-psichiatria) e poi precarizzato il lavoro dei dipendenti pubblici.

Come ci si può fidare di tali individui? Con questi presupposti, come si può credere ad una conclusione positiva per i lavoratori della vertenza Electrolux?

Abbiamo detto chiaramente che l’unica via di uscita è alzare il livello della lotta rivendicando la nazionalizzazione, senza indennizzo alla proprietà e sotto controllo dei lavoratori, dell’intero gruppo Electrolux e prepararsi all’occupazione degli stabilimenti. Solo così è possibile ottenere qualche risultato, anche parziale.

In un nostro volantino distribuito ai lavoratori dell’Electrolux un mese fa abbiamo cercato di metterli in guardia dal solito accordo” bidone” invitandoli a non fidarsi di Renzi e del PD.

Bene che vada il governo e la regione Emilia Romagna sganceranno una tangente ai padroni dell’Electrolux in vista delle elezioni. È anche probabile (almeno nello stabilimento di Forlì) che i padroni Electrolux non si accontenteranno solo di regalie in denaro, ma chiederanno nuovi esuberi e magari maggiori carichi di lavoro. Comunque tra un po’ probabilmente saremo da capo: Electrolux tornerà di nuovo alla carica.

Del resto anche a Forlì i renziani hanno fatto piazza pulita degli eredi del -glorioso- PCI. I sostenitori di Alessandrini, hanno avuto poco più di duemila voti, mentre quelli di Drei (cattolico-ciellino) oltre quattromila.

Così, per la prima volta dal dopoguerra il Sindaco di Forlì potrebbe essere ufficialmente un cattolico. Non so come si possa pensare che attuerà politiche di sinistra. Ma a parte il significato storico, tutto sarà come prima. Infatti il sindaco uscente Balzani (ex repubblicano vicino alla massoneria), nella cui giunta Drei è attualmente assessore al welfare, non ha avuto problemi a sponsorizzarlo come suo successore.

Balzani si è distinto per l’assoluta indifferenza verso i lavoratori, se non in vista delle elezioni, per prendersi il merito del solito accordo bidone fra i Sindacati e gli schiavisti cinesi padroni dei “Cantieri Ferretti”.

D. Ma non potete negare che il governo Renzi stia facendo una politica di sinistra…

R. Certo che lo neghiamo! Il DEF di Renzi è uno specchietto per allodole. L’”aumento di tasse” sulle banche è irrisorio rispetto al regalo fatto loro con la rivalutazione delle quote in Bankitalia: che prevede nuovi trasferimenti pubblici nei portafogli privati delle banche, attraverso l’acquisto statale delle loro quote “eccedenti” il tetto del 3%. Le privatizzazioni annunciate “per ridurre il debito pubblico” saranno un ulteriore travaso di risorse pubbliche nelle tasche private dei detentori del debito, cioè delle banche (oltretutto prevedibili acquirenti di aziende pubbliche a prezzi stracciati).

Insomma, una partita di giro a favore dei banchieri e dei capitalisti. Sarebbe questa la “svolta buona”?
La verità è opposta. Sotto il fumo propagandistico delle pose populiste, avanza “il rullo compressore” delle misure anti operaie: un salto impressionante, per decreto, della precarizzazione del lavoro (contratti a termine e apprendistato), una nuova mole di licenziamenti trascinati da privatizzazioni per 48 miliardi a regime, una nuova mannaia sui pubblici dipendenti e sui servizi pubblici tramite tagli di spesa pubblica per 32 miliardi in 3 anni.

Parallelamente una riforma elettorale e istituzionale reazionaria persegue la stabile “governabilità” di queste politiche di rapina.

La legge elettorale assomiglia a quella del 1924 di Mussolini. Anzi sotto un certo aspetto è peggio… perché un partito che si presenta da solo, per essere presente in parlamento deve superare la soglia dell’otto per cento. Quella di Mussolini almeno concedeva per i piccoli almeno il diritto di tribuna… In quanto al Senato, l’ipotesi è di trasformarlo in una assemblea, non elettiva ma di nominati, con il potere di eleggere il presidente della repubblica. Hanno detto che è simile al modello tedesco… forse quello della repubblica di Bismark… ma allora c’era il Kaiser.

Il vero scandalo è l’assenza di ogni reale opposizione a tutto questo da parte delle sinistre politiche e sindacali, che oscillano tra un incredibile plauso, imbarazzati silenzi e borbottii irrilevanti. Ossia il nulla. Non a caso il Sole 24 Ore si compiace oggi delle capacità di “un leader popolare” di fare “cose ad altri precluse, senza incontrare resistenze”. Non poteva esserci una …condanna più autorevole delle politiche di Camusso e di Landini e una sottolineatura più drammatica dell’esigenza di opposizione radicale e di massa al governo Renzi, e di un’altra direzione politica e sindacale del movimento operaio.

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