Epifani vuole calare le braghe:il problema è che il culo è il nostro! Nessuna fiducia nella burocrazia sindacale, prepariamoci alla lotta!

Fantastico, proprio quando la crisi porta la classe dominante a lanciare un attacco radicale alle condizioni di vita delle masse lavoratrici, quando si fa sempre più urgente e indispensabile una risposta di lotta, di radicalità uguale e contraria, da parte dei lavoratori, quando in Inghilterra gli operai occupano le fabbriche, in Francia sequestrano i manager e in Cina addirittura li linciano e quando, anche in Italia, l’esperienza della INNSE ci dice che la lotta dura paga, e quella delle sconfitte degli ultimi venti anni ci dice invece che la concertazione non serve proprio a un cazzo… il “sindacalista” Epifani, a cena con Tremonti e Marcegaglia, coglie l’occasione per esternare tutta la sua voglia di pace sociale e di concertazione.
Saranno le aperture della Marcegaglia, che, dopo aver firmato il documento separato e essersi scordata per un annetto dell’esistenza del più grande sindacato italiano, ritrova parole di cordialità verso il suo vecchio amico:”la CGIL è un grande sindacato” e “occorre far prevalere le cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono”
…Sara l’ambiente cordiale e la faccia da “orsacchiotto” di Tremonti, o forse la piacevole sensazione di ritrovarsi ancora in mezzo alle persone che contano; sta di fatto che Epifani non ce la fa proprio a mettere a disagio i suoi interlocutori e dichiara: “la CGIL è pronta a trovare un percorso comune con Confindustria” e ancora “abbiamo un interesse comune tra noi e le imprese, a chiedere che non si licenzino i lavoratori, non si chiudano le aziende”.
Chi sa allora perché, nel frattempo che Epifani fa uscire dalla sua bocca queste stronzate, migliaia di padroni licenziano o mettono in cassa integrazione i lavoratori?
Certo, i padroni preferirebbero continuare a produrre e a vendere i loro prodotti sul mercato, ma questo a patto che l’attività ritorni a dar loro un adeguato profitto sull’investimento fatto.
Il fine ultimo dell’imprenditore non è la produzione in sé, ma il profitto che ne deriva, questo può accadere se l’imprenditore diminuisce l’investimento fatto mantenendo uguale il guadagno, quindi diminuendo i salari, o viceversa aumentando il guadagno mantenendo uguale l’investimento, quindi aumentando la produttività dei lavoratori… in ogni caso aumentando la fetta di produzione che finisce in tasca del padrone a discapito di quella che spetta al lavoratore. Da qualunque angolazione si guardi, la ripresa del capitalismo, se non si vuole andare a toccare il sacro profitto, si basa su una nuova ondata di sacrifici per i lavoratori.
Di questo si tratta quando il Confindustria ci chiede senso di responsabilità per poter affrontare la crisi uniti.
Inoltre, quali sono le proposte della Marcegaglia per venire incontro ai lavoratori? Non chiede ai suoi di non licenziare, non parla di un aumento dei salari, ma chiede al governo di rafforzare gli ammortizzatori
sociali,il che significa: “noi industriali continuiamo a licenziare o a farvi lavorare solo quando abbiamo bisogno, lo Stato vi paga un salario di sussistenza e così non vi incazzate troppo”. Il problema è che i soldi dello Stato sono dei contribuenti e quindi dei lavoratori, si tratta, ancora una volta di una parte del prodotto nazionale che passa dalle tasche dei lavoratori a quelle degli industriali.
Il padronato propone due opzioni: “accettate nuovi sacrifici, un’ulteriore peggioramento delle vostre condizioni di vita e un’erosione dei vostri diritti; se non lo fate noi non guadagniamo più abbastanza e allora chiudiamo”.
Ma esiste anche un’altra possibilità, che la borghesia, come è naturale non vuole prendere in considerazione: è quella che la classe operaia rialzi finalmente la testa e faccia pagare la crisi a chi non l’ha mai pagata, vada insomma a toccare quel profitto che la borghesia e i suoi giornali considerano intoccabile, esiste per i lavoratori la possibilità di dribblare il ricatto padronale mettendo in campo la loro forza, di dire: no, noi i tuoi sacrifici non li accettiamo, sarai te a guadagnare di meno, e se decidi che non ne vale più la pena perché il profitto è troppo basso, bene,vattene pure, a noi non ci servi, occuperemo la fabbrica e lavoreremo da soli senza il peso del tuo sfruttamento!
La borghesia sa bene che un risveglio della classe operaia è possibile e ne ha il terrore, è proprio questa paura che spinge Marcegaglia (che era stata a suo tempo tanto felice di escludere la CGIL dal tavolo) a riaprire il dialogo con il sindacato che ha più potere di controllo sul mondo del lavoro, soprattutto sui suoi settori più combattivi. D’altra parte lei lo dice chiaramente, quando parla di disoccupazione e la sua preoccupazione non viene dal fatto che milioni di persone non sappiano più come dare da mangiare ai propri figli, ma dal fatto che questa situazione potrebbe fare scoppiare un “autunno caldo di cui nessuno ha bisogno”(nessun padrone diremo noi).
Se Epifani rappresentasse veramente gli interessi dei lavoratori, coglierebbe proprio dalle paure della controparte l’indicazione sulla strada da seguire, e comincerebbe a preparare questo benedetto autunno caldo; invece ci dice: “conviene a tutti affrontare la crisi più uniti”.
Bene, si potrebbe fare un paragone in campo militare e chiedersi:che cosa dovrebbero pensare i soldati di un esercito che si appresta a una battaglia campale, contro un nemico assetato di sangue che non è disposto a fare concessioni, notando che i loro generali danno ordine di disarmo e nel frattempo strizzano l’occhio all’avversario?
Simo certi che molti soldati sentirebbero puzza di doppio gioco e di tradimento… la stessa puzza che serpeggia in questi giorni nelle stanze della dirigenza CGIL.

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