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Nessuna aggressione a Rinaldini!

Pubblichiamo il comunicato dello SLAI COBAS sulle vicende di Torino
Provocatori tra i confederali innescano il parapiglia
OCCORRE UNA LOTTA UNITARIA DEI LAVORATORI CONTRO LA FIAT E I LICENZIAMENTI PROGRAMMMATI DA MARCHIONNE!

Senza nemmeno contattarci per confrontare la nostra versione dei fatti, si è costruita ad arte la falsa notizia di un attacco preordinato e organizzato per gettare dal palco della manifestazione operaia di Torino il segretario della Fiom Rinaldini.
Lo Slai Cobas è sceso in piazza contro la Fiat e per una lotta unitaria dei lavoratori contro la ristrutturazione e i licenziamenti programmati da Marchionne.
Al termine del corteo contro la Fiat si chiedeva a gran voce, con l’approvazione degli operai presenti in piazza, che potessero parlare anche lo Slai Cobas e i lavoratori delle fabbriche Fiat colpite dalla ristruttu-razione e dalla minaccia di chiusura, in primo luogo gli operai di Pomigliano deportati da oltre un anno allo stabilimento confino di Nola (anche grazie a un accordo siglato dai confederali).

Stabilimento confino di Nola che ripete l’esperienza vergognosa dei reparti confino fatti dalla Fiat di Valletta negli anni ’50 a Mirafiori, dove venivano rinchiusi tutti gli operai non disposti a subire passivamente lo sfruttamento padronale.
Quando con i dirigenti confederali presenti sul palco era stato concordato che avrebbero potuto par-lare anche lo Slai Cobas e gli operai di Nola, qualcuno dei confederali, che evidentemente non condivide-va questa decisione, ha innescato una violenta provocazione per impedirlo. Nel parapiglia che ne se-guiva Rinaldini cadeva e veniva aiutato a rialzarsi da lavoratori dello Slai Cobas.

Quando, poi, un rappresentante dello Slai Cobas e uno degli operai di Nola stavano per parlare, come concordato con i dirigenti confederali, qualcuno tra di loro strappava violentemente i fili del microfono per impedirlo. Abbiamo dovuto così parlare, dopo che i dirigenti confederali hanno abbandonato il palco, con il nostro impianto voce e abbiamo parlato ai lavoratori che nella quasi totalità sono rimasti in piazza.
Nessuna aggressione preordinata contro Rinaldini, quindi. Quanto accaduto è stata una scelta de-liberata di chi tra i confederali, innescando la violenta provocazione sul palco, vuole continuare ad impedire che i lavoratori possono prendere direttamente la parola e continuino a rimanere succubi di accordi concerta-tivi, a perdere e calati dall’alto.

Lo Slai Cobas ribadisce la necessità di una lotta ampia e unitaria degli operai, dei lavoratori, contro la Fiat e il piano di ristrutturazione e licenziamenti delineato da Marchionne.

Una lotta che deve articolarsi sul netto rifiuto della chiusura di qualsiasi stabilimento, sulla redistri-buzione del lavoro tra le fabbriche Fiat, sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, sul salario ga-rantito ai disoccupati, sul blocco degli straordinari negli stabilimenti. Misure che potrebbero essere realizzate utilizzando i profitti fatti dai padroni in questi anni.

SLAI Cobas
Coordinamento nazionale


La posizione del Partito Comunista dei Lavoratori rispetto al lavoro nei sindacati:
…I comunisti rivoluzionari affrontano la questione sindacale, dall’angolazione del proprio progetto generale: la conquista delle masse alla prospettiva anticapitalista. Non si identificano in una collocazione sindacale, ma in un programma politico complessivo. E con questo metodo comune intervengono nelle diverse organizzazioni sindacali, in una logica di ricomposizione dell’avanguardia e di proiezione di massa. Rifiutando ogni adattamento al proprio specifico quadro sindacale di riferimento. Ed anzi subordinando le proprie scelte sindacali al comune progetto politico.

Nella CGIL è essenziale una battaglia frontale contro la burocrazia sindacale, quale agenzia della borghesia tra i lavoratori: fuori da ogni illusione di poter “spostare a sinistra” il baricentro della Confederazione; fuori da ogni illusione di una sua riforma democratica e di classe, corrotta come è dalla linea concertativa e subalterna al quadro politico delle compatibilità capitalistiche; ma nell’ottica opposta dell’ampliamento dell’influenza politica dei comunisti presso le masse che la CGIL controlla, in particolare nell’industria, la cui conquista è di capitale importanza per una prospettiva socialista. Questa battaglia contro l’apparato CGIL è tanto più importante in uno scenario politico che vede la burocrazia sindacale e la sua linea di concertazione come diretto piedistallo del governo e delle sue politiche antipopolari; e che proprio per questo moltiplica le linee di frattura tra l’apparato sindacale e settori importanti della sua base. La stessa contraddizione tra CGIL confederale e FIOM, fuori da ogni illusione sulla direzione FIOM, apre un varco positivo per la battaglia antiburocratica dei comunisti. La concentrazione di nostri compagni nell’area 28 aprile (Cremaschi) con un peso non marginale è tanto più preziosa nel momento in cui essa ha acquisito – in parte nella realtà, in parte nell’immaginario pubblico – un ruolo di guida della battaglia contro la linea di concertazione.
Al tempo stesso non si tratta di assumere la Rete, nella sua attuale veste, come riferimento acritico: ma di lottare al suo interno per trasformarla in una tendenza democraticamente organizzata e strutturata, a partire dai luoghi di lavoro, e soprattutto in una tendenza sindacale anticapitalista e non semplicemente anticoncertativa, capace di assumersi pienamente le proprie responsabilità sul terreno dell’azione di massa.

Parallelamente, va sviluppata una battaglia politica all’interno degli stessi sindacati “di base” anticoncertativi. La presenza di numerosi nostri compagni all’interno di queste organizzazioni sindacali (in particolare nella CUB, nei Cobas, nel SdL, nello SLAI COBAS) è un fatto positivo. Sia per la loro obiettiva rappresentatività di un settore d’avanguardia, per quanto limitato, sia perché la politica della burocrazia CGIL può spingere verso questi sindacati, in determinati contesti, altri settori di lavoratori. Ma anche in questo caso non si tratta di adattarsi acriticamente alle loro politiche. Fermo restando il comune orientamento anticoncertativo, i militanti sindacali del PCL si battono contro i limiti del sindacalismo di base: per lo sviluppo al loro interno di un’autentica democrazia; per contrastare ogni visione di autosufficienza sindacale e ogni tendenza settaria verso lo sviluppo del movimento e le necessità della stessa battaglia anticoncertativa (v. la scelta sbagliata della CUB di boicottare la consultazione sull’accordo del 23 luglio e la sua opposizione alla nostra proposta di Assemblea nazionale dei delegati). Inoltre la battaglia per la vertenza generale deve investire non solo l’ambito CGIL ma lo stesso ambito dei sindacati di base.

Il PCL lavora al tempo stesso per il rilancio del movimento dei delegati RSU (tra l’altro rivendicando la piena democratizzazione delle stesse, con l’abolizione delle clausole di privilegio del “terzo”, i pieni diritti di assemblea e presentazione alle elezioni per tutte le sigle sindacali, ecc.). Un coordinamento permanente della sinistra larga degli eletti e nelle RSU sulla base di un programma immediato di natura classista può essere uno strumento importante di lotta antiburocratica e per lo sviluppo del movimento di massa. Ed anche un terreno prezioso di ricomposizione unitaria della stessa avanguardia sindacale, al di là dei diversi riferimenti organizzativi d’appartenenza.
Infine, pur considerando centrale la lotta nelle organizzazioni sindacali, i comunisti debbono evitare ogni tipo di formalismo. In particolare, nei momenti di ascesa della lotta, sia generali che particolari, è decisivo lavorare allo sviluppo di forme di autorganizzazione di massa, sia nella forma di comitati di lotta, sia nella forma ben più elevata, di strutture elette e controllate democraticamente (comitati di sciopero, consigli). E’ in definitiva in queste strutture, più che nelle organizzazioni sindacali, che si giocherà la battaglia dei comunisti per la conquista della maggioranza della classe. La nostra stessa parola d’ordine di Assemblea nazionale dei delegati del No agli accordi concertativi ha rappresentato, da un’angolazione particolare, una forma di approssimazione a quella prospettiva generale, per muovere anche da qui verso la prospettiva della ricostituzione di un sindacato generale di classe rappresentativo di tutto il mondo del lavoro.
(stralci del documento congresuale del PCL- per la IV Internazionale)

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