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Ucraina: un movimento reazionario contro un regime reazionario. Solo la classe operaia può costruire l’alternativa

Dal novembre 2013 il regime poliziesco semi bonapartista del Presidente ucraino Yanukovich, è minacciato da un movimento reazionario di massa, essenzialmente concentrato nella parte occidentale dell’Ucraina e a Kiev, egemonizzato a livello di piazza da forze fasciste o fascistoidi.
E’ essenziale un’analisi marxista e di classe della dinamica in corso, contro rappresentazioni ideologiche di segno opposto che attraversano il campo stesso della sinistra…..
Il regime ucraino non ha nulla di “progressivo”, né dal punto di vista sociale né da quello politico. Sotto il profilo sociale si basa sul potere di una nomenclatura capitalista di estrazione burocratica, emersa dai processi di privatizzazione degli anni 90, nel quadro della più generale restaurazione borghese nell’Est Europeo di fine 900: una borghesia di magnati arricchitasi in 20 anni sullo sfruttamento brutale della classe operaia, pagata con salari medi di 300 euro mensili a fronte di prezzi correnti occidentali ( in particolare a Kiev).
Sotto il profilo politico il regime parlamentare ucraino ha progressivamente rafforzato negli anni i suoi aspetti bonapartisti sullo stesso terreno costituzionale, con una nuova Costituzione (2010) che ha ampliato considerevolmente il potere presidenziale. Il potere presidenziale a sua volta si fonda sulla pratica diffusa dell’arbitrio poliziesco, dei servizi segreti, dei metodi censori e intimidatori: un patrimonio di esperienza e di strumenti spesso ereditato del vecchio stato staliniano e oggi messo a disposizione della nuova classe capitalista.
Parallelamente non ha certo nulla di progressivo la dinamica e natura del movimento di opposizione levatosi contro il regime. Al contrario. Per la sua composizione sociale e direzione politica, ha tutte le caratteristiche di un movimento reazionario di massa. Il suo profilo è nettamente a destra dello stesso movimento della cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004. Allora confuse aspirazioni democratiche di settori popolari furono incorporate dentro un movimento borghese liberal liberista, fortemente antioperaio, sostenuto dalle borghesie occidentali (Usa e Ue). Oggi lo scontento popolare verso il regime è inquadrato e organizzato da un campo di forze nel quale il peso e il ruolo di organizzazioni fasciste o semifasciste- tutte russofobe e antisemite- è molto più consistente di quello di 10 anni fa: dal partito nazionalista reazionario di Svoboda – nato da un’organizzazione fascista e tuttora inneggiante a Stepan Bandera, collaborazionista di Hitler- sino a formazioni apertamente naziste come Causa Comune (Spilna Sprava) e “Settore di destra” (Pravi Sector).
Naturalmente il campo delle opposizioni è composito e non si riduce all’estrema destra. Va dal partito “Patria” di natura liberal capitalista, guidata da Yulia Tymoschenko oggi in carcere, al partito cattolico popolare diretto dall’ex pugile Klitschko, corteggiato dal Partito Popolare europeo e in particolare dalla CDU della Merkel. Queste forze, tra loro concorrenti, puntano a un’alternanza liberale di governo, economicamente assistita dalla U.E. Riflettono le pressioni di un settore crescente della stessa borghesia ucraina che si va distaccando dal regime e dalle sue relazioni privilegiate con la Russia per inseguire i vantaggi del mercato europeo e del suo business. Peraltro, a differenza che in Russia, i grandi industriali ucraini e le loro lobby (la holding SKM di Akhmentov, il clan di Firtach nel campo dei trasporti, il potente gruppo industrial-finanziario di Kolomoiski…) hanno di fatto proprie dirette rappresentanze parlamentari e di clan, all’interno dei diversi partiti, di governo e di opposizione. Il loro distacco da Yanukovic ha dunque un effetto diretto sugli equilibri politici e istituzionali. E misura l’indebolimento del regime.
Ma un aspetto importante della dinamica in corso è la crisi di egemonia delle opposizioni borghesi tradizionali, liberali o cattoliche, all’interno della stessa mobilitazione popolare, a tutto vantaggio dell’estrema destra.
La maggioranza della borghesia ucraina e del campo ufficiale delle opposizioni vorrebbe utilizzare la mobilitazione popolare, i sentimenti russofobi, l’avversione diffusa “contro la corruzione” del regime, come strumento di pressione istituzionale per ottenere l’anticipo delle elezioni politiche (formalmente previste per il 2015) e incassare con esse l’alternanza di governo. Per questo vuole evitare di trascinare lo scontro sul terreno incontrollabile della rivolta di piazza e della guerra civile (esponendosi al rischio oltretutto di una repressione militare assistita dalla Russia). E chiede alle diplomazie europee e all’amministrazione americana di intercedere, nelle forme possibili, per favorire uno sbocco controllato e concordato della crisi. La crisi economica gravissima dell’Ucraina, con l’esplosione abnorme del debito pubblico e il rischio concreto di una bancarotta in tempi brevi, rappresenta a sua volta un’arma di pressione delle opposizioni sulla U. E. per un suo intervento risolutore.
Ma il disegno delle opposizioni “europeiste” si scontra con diversi ostacoli.
Innanzitutto ostacoli di ordine internazionale: le contraddizioni clamorose tra diplomazia europea e americana su sbocchi ed equilibri del dopo crisi; le divisioni tra gli imperialismi europei sul rapporto con la Russia, e di conseguenza sulla vicenda Ucraina (l’imperialismo italiano oggi molto esposto e proiettato in una relazione economica speciale con Putin è non a caso molto silente e disimpegnato sull’Ucraina, a differenza dell’imperialismo tedesco); e soprattutto la straordinaria crisi economica (e istituzionale) della U. E., che oggi ha ben poco da “offrire” all’Ucraina: se non un”accordo di associazione” che in cambio di nuovi sacrifici per la popolazione ucraina (a partire da ristrutturazioni industriali e licenziamenti di massa) prevede per i prossimi 7 anni la concessione di un solo miliardo di euro . Ciò a fronte di una voragine debitoria fuori controllo, e dell’ingiunzione del Fondo monetario Internazionale all’Ucraina di… ridurre i sussidi alle famiglie per pagare le bollette, quale garanzia di affidabilità per ottenere un prestito di 15 miliardi, secondo la prassi ordinaria dello strozzinaggio.
Proprio la crisi dell’Unione capitalistica europea (e l’indebolimento economico e politico dell’imperialismo USA su scala mondiale) hanno aperto il varco all’inserimento dell’ imperialismo Russo : che con sua interessata offerta di 15 miliardi di prestiti e di sconti sulle forniture di gas, mira a recuperare l’Ucraina al proprio pieno controllo dentro il disegno della Unione doganale euroasiatica tra gli ex Stati dell’Urss (cui hanno aderito per ora solo Bielorussia e Kazakistan). Un’eventualità che segnerebbe una nuova sconfitta della U. E.
Parallelamente le opposizioni tradizionali a Yanukovich pagano lo stallo del proprio progetto sul versante del rapporto di massa. La piazza di Maidan nel cuore di Kiev resta affollata e resistente. Ma anche sempre più diffidente verso opposizioni irrisolute che non offrono sbocchi. Da qui la dinamica di progressivo rafforzamento della presa di massa delle organizzazioni fasciste, spesso in un gioco di reciproco scavalco e concorrenza nella gestione di piazza. Le milizie paramilitari “anticomuniste” guidate da reduci della guerra afghana e da veterani dell’esercito -protagoniste di aggressioni e pestaggi contro attivisti democratici e di sinistra- diventano il punto di riferimento di crescenti settori studenteschi, di gioventù disoccupata, di piccola borghesia impoverita. Tanto più a fronte di un regime che per cercare di uscire dal vicolo cieco , combina confusamente manovre conciliative (dimissioni del governo Azarov, e addirittura il 25 Gennaio offerta del governo alle opposizioni…) con leggi liberticide di tipo putiniano e brutale repressione militare e giudiziaria. Unendo insieme un’immagine di debolezza e di odiosa arroganza , entrambi fattori di radicalizzazione del movimento. In questo quadro le opposizioni tradizionali non paiono in grado né di dirigere il movimento né di cercare uno spazio d’intesa col regime restando prigioniere di una dinamica incontrollata cui non offrono sbocchi.
La crisi ucraina pertanto è oggi in qualche modo sospesa nell’equilibrio instabile e provvisorio di tre debolezze: quella di un governo borghese semi bonapartista che ha perso larga parte della propria base d’appoggio ma che è ancora in grado di restare in sella; quella di un’opposizione borghese “europeista” che vorrebbe rimpiazzarlo in modo indolore ma non sa come fare; quella di un movimento reazionario che occupa piazze e palazzi ma non è ancora in grado di prendere il potere.
Questa situazione non durerà a lungo. Ed è esposta a sbocchi potenzialmente drammatici.
Solo un ingresso in campo della classe operaia ucraina, con le proprie rivendicazioni sociali e di classe, può spezzare la polarizzazione tra forze reazionarie, disgregare i loro blocchi sociali, ricomporre l’opposizione su nuove basi e prospettive. La classe operaia ucraina non partecipa ad oggi al movimento reazionario in atto, ed è un fatto assolutamente positivo. Ma è rimasta sinora sostanzialmente passiva a fronte della crisi politica e sociale. Una sua irruzione sulla scena potrebbe rappresentare un fattore formidabile di svolta, assieme alla costruzione di un partito marxista rivoluzionario che si candidi alla sua direzione. Solo una rivoluzione socialista può liberare i lavoratori dell’Ucraina dall’oppressione politica e sociale, nella prospettiva di un’Europa socialista.
Contro un regime capitalista corrotto e oppressivo, e contro una reazione fascistoide e antisemita. Contro ogni subordinazione dell’Ucraina all’imperialismo russo.
Contro ogni subordinazione dell’Ucraina alla Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri.
Per un’alternativa di classe indipendente, per un governo dei lavoratori in Ucraina, per la prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d’ Europa.
MARCO FERRANDO

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