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Indirizzo politico e programmatico

Contro la UE dei banchieri e dei capitalisti

Il PCL combatte l’attuale “Unione Europea”, e rivendica la prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d’Europa, quale unica vera alternativa su scala continentale.
1) La UE non è semplicemente un’architettura istituzionale antidemocratica, ma un ambito strutturale di concertazione tra i principali stati capitalisti del vecchio continente sul terreno della gestione delle politiche antioperaie e delle relazioni intercapitaliste.
Tutta la retorica ideologica “europeista” degli imperialismi europei, ovviamente del tutto reazionaria, si è inoltre rivelata un inganno.
Politicamente la UE si è necessariamente subordinata alle scelte di fondo dell’imperialismo americano, a partire dalla politica militare ed estera. La sua inferiorità militare (e il ruolo ponte della Gran Bretagna) hanno frustrato ogni seria ambizione imperialistica egemonica e concorrenziale rispetto agli USA. Peraltro, su basi capitalistiche, ogni reale autonomismo europeo rispetto agli USA comporterebbe necessariamente lo sviluppo del militarismo europeo, contro i lavoratori e i popoli oppressi.
Economicamente la UE è strutturalmente incapace di un’organica politica comune, imbrigliata com’è nelle mille contraddizioni tra i suoi capitalismi nazionali. Ed oggi la grande crisi capitalistica internazionale sottolinea e aggrava proprio le debolezze del capitalismo europeo (limiti organici del bilancio comunitario, rilancio dei protezionismi nazionali, debolezza della BCE rispetto alla FED). Persino il relativo successo dell’espansionismo economico europeo nei Balcani e nell’est Europa negli ultimi 15 anni (con tratti neo-coloniali) rischia di trasformarsi oggi in un pericoloso boomerang per le banche europee, a causa del possibile default di alcuni Stati dell’est.

2) La propaganda “europeista” è servita unicamente a mascherare e abbellire l’unico tratto organicamente comune delle politiche dell’UE: l’attacco ai diritti della classe operaia, la precarizzazione del lavoro, la privatizzazione dei servizi pubblici, l’allungamento degli orari di lavoro, le politiche anti immigrazione; il tutto al servizio delle grandi imprese e delle banche, vero dominus dell’attuale Europa. Ma, complessivamente, proprio queste politiche antioperaie e antipopolari dell’UE hanno scavato una frattura profonda tra i vertici di Bruxelles e larga parte delle masse popolari europee (v. la bocciatura referendaria del progetto di costituzione europea in Francia e Olanda, e del Trattato di Lisbona in Irlanda). Sotto ogni profilo siamo dunque di fronte ad una crisi profonda dell’UE e dell’europeismo borghese.

3) Mentre le socialdemocrazie europee si sono alternate ai tradizionali partiti borghesi conservatori nella gestione sempre più organica delle comuni politiche antioperaie, le cosiddette “sinistre europee” hanno cercato e cercano di far leva sul malcontento sociale di massa, per “premere” sulle socialdemocrazie liberali: o per bussare alle porte dei loro Governi, al fine di ottenere ministeri e riconoscimenti; o per ricontrattare, dall’opposizione, le prospettive di alleanza governativa con le socialdemocrazie. La parola d’ordine dell’”Europa sociale e democratica” ha costituito la copertura ideologica di questa politica spregiudicata: che ha condotto ciclicamente partiti chiave della sinistra europea a condividere e concertare le peggiori politiche antioperaie e imperialiste della UE. Il sostegno del PCF al Governo Jospin in Francia, la partecipazione di PRC e PdCI ai Governi Prodi in Italia, l’appoggio di Isquierda Unida al Governo Zapatero in Spagna hanno rappresentato casi emblematici.

4) Il PCL, al contrario, fonda sulla denuncia della natura imperialistica della UE e sulla sua crisi di consenso a livello di massa, una prospettiva coerentemente anticapitalista. Su basi capitalistiche, non vi sarà mai alcuna “Europa sociale e democratica”. Tutta l’esperienza degli ultimi vent’anni dimostra l’irriformabilità del capitalismo europeo. Ogni compromesso di governo con le borghesie europee, tanto più in questa epoca di crisi, si trasforma in un compromesso controriformatore contro diritti e interessi dei lavoratori, dei giovani, delle donne, di tutti gli sfruttati. Di converso, ogni seria lotta “sociale” e persino “democratica” implica la contrapposizione al capitalismo europeo, e la lotta per il suo rovesciamento; conduce alla prospettiva dell’Europa socialista, nella forma degli Stati Uniti Socialisti d’Europa. La storia ha dimostrato che le borghesie europee sono incapaci di unificare il vecchio continente superando le barriere degli stati nazionali, entro il groviglio conflittuale dei loro diversi interessi. Solo il governo dei lavoratori – in ogni paese e su scala continentale – liberando l’Europa dal capitalismo, può realizzare, su altre basi, l’unificazione dell’Europa.

5) In questa prospettiva generale, il PCL si batte per un programma di lotta unificante del proletariato europeo e delle masse oppresse, a partire dalle urgenze imposte dalla crisi sociale, contro ogni subordinazione dei lavoratori alle rispettive borghesie nazionali e alle imposizioni della UE:

-per il blocco generale dei licenziamenti in tutta Europa.
-per l’uguaglianza di diritti e salari, a parità di lavoro, in tutto il continente; a partire dalla
definizione di un salario minimo europeo.
-per un piano di ripartizione del lavoro, in ogni paese e su scala continentale, che ridistribuisca tra tutti il lavoro esistente: attraverso la riduzione progressiva dell’orario di lavoro a parità di paga.
-per un grande piano di lavoro sociale e investimenti pubblici, sotto controllo operaio e popolare, in abitazioni popolari, istruzione, sanità, risanamento ambientale, nuove fonti energetiche: finanziato da un unico regime di tassazione progressiva dei grandi profitti, rendite, patrimoni, combinato con la soppressione di ogni “paradiso fiscale”, e con la relativa abolizione del segreto bancario.
-per l’abolizione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro realizzate nei diversi paesi, e l’introduzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato in tutti i settori e per tutti i lavoratori.
-per la soppressione di ogni legge antimmigrazione e di tutte le misure discriminatorie verso cittadini comunitari ed extra-comunitari; per la concessione del permesso di soggiorno a tutti i lavoratori migranti.
-per la rinazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo sociale, di tutti i servizi pubblici privatizzati.
-per la nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, delle banche e delle aziende che licenziano, che inquinano, che ignorano le normative di sicurezza sul lavoro.
-per la difesa e l’estensione dei diritti sociali, democratici, civili, di tutte le minoranze oppresse; l’abrogazione di ogni privilegio o ingerenza clericale sulle libertà democratiche delle persone; l’emancipazione e liberazione delle donne da ogni forma di discriminazione e oppressione.
-per il riconoscimento del pieno diritto di autodeterminazione delle nazionalità oppresse dall’Europa capitalista, e all’interno stesso dell’Europa (popolo irlandese, popolo basco); per il ritiro delle truppe europee da tutte le missioni militari e per l’abbattimento delle spese belliche.

6) In questo quadro, e sulla base del proprio programma anticapitalistico, socialista e rivoluzionario (opposizione ai Governi borghesi, rivendicazioni transitorie, espropriazione completa della borghesia capitalistica, Governo dei lavoratori in ogni paese, Stati uniti Socialisti d’Europa), il PCL lavora e lavorerà, su scala europea, per l’unificazione di tutti i rivoluzionari, nella più ampia prospettiva della rifondazione della Quarta Internazionale. Al fianco di quelle organizzazioni e gruppi che già oggi, in Grecia, Finlandia, Francia, Danimarca, si battono con noi per questa prospettiva.
Leggi anche: Analisi sull’Europa del CRQI


Comitato Escutivo PCL
Maggio 2009

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