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La ” via crucis ” dei lavoratori della Croci

Di freccia rossa 

Si conclude tristemente la tortuosa vertenza  dell’azienda Croci di Capocolle di Bertinoro,  con un accordo che prevede ( dopo un periodo di ulteriore C.I.G. ) la mobilità per la metà dei 57 di pendenti, oltre la chiusura dell’unico stabilimento superstite a Bari.
Ricordiamo che la crisi dell’azienda, che produceva avvolgibili per infissi,  iniziava nel 2009, a causa di un oggettiva crisi del mercato aggravata da investimenti sbagliati e da un’apparente sciatteria imprenditoriale da parte dei proprietari. Questo portava alla chiusura delle consociata francese “Croci france “ e l’inizio della C.I.G. nello stabilimento di Capocolle.
Da allora la proprietà metteva in atto una strategia di progressivo logoramento nei confronti dei lavoratori: tergiversando, rimandando e cercando sempre di nascondere i suoi veri intenti e i sindacati ( e purtroppo la maggioranza dei lavoratori ) stavano al gioco, ignorando qualsiasi proposta di lotta radicale come l’occupazione dello stabilimento.
Dunque, fra mille ambiguità e fiacche iniziative sindacali, i padroni Croci , erano liberi di svolgere nel miglior modo la lotta di classe contro i propri dipendenti, attaccandone diritti e salario.
Prima mettendo “a zero ore per scarsa produttività” alcuni lavoratori che a causa di reali problemi di salute erano costretti ad assentarsi spesso dal lavoro e poi, in un crescendo continuo: non riconoscendo la contrattazione aziendale, la 14° mensilità, il premio di produzione e posticipando il pagamento del salario, prima di un mese, poi di due, fino ad arrivare a quattro mesi. Ignorando con ciò il contratto nazionale di lavoro secondo ” la filosofia Marchionne”.
A questo si aggiungeva l’aumento dei lavoratori in C.I.G. a zero ore e le serrate dello stabilimento sardo, prima, e dopo di quello nel lazio.
E così, finisce  la storia : il giorno 22 /8/ 2013 l’azienda ha comunicato la messa in liquidazione della società :”Croci S.P.A.” e la costituzione di una nuova ( con un patner economico non ancora identificato) dove troverebbero impiego soltanto  25 lavoratori sui 57 attuali. Naturalmente nella nuova società non verrà riconosciuto la contrattazione aziendale e , sicuramente, anche i ritmi di lavoro saranno aumentati.
Dal canto loro, i sindacati, hanno dichiarato l’intento di voler concertare l’assunzione di altri cinque lavoratori nelle nuova società; e gli altri 27 ?
Robe da matti ! E magari ,se ci riusciranno, avranno anche la faccia tosta di cantare vittoria per essere riusciti ad incrementare l’occupazione.
Una dura e amara lezione da non dimenticare !

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