IL SONNO DELLA CLASSE LAVORATRICE GENERA I MOSTRI

Alle elezioni dell’8 e 9 giugno c’è una grande assente e non siamo noi. La nostra partecipazione è stata impedita dall’enormità di firme richieste per la presentazione alle elezioni europee, una normativa particolarmente reazionaria, voluta o accettata da tutti i partiti borghesi – autoesentati dalla raccolta firme – che conferma una volta di più l’ipocrisia della cosiddetta democrazia dentro il regime capitalista.

La grande assente è la classe lavoratrice, dato che nessuna delle liste in campo rappresenta i suoi interessi.

A Forlì la lista Zattini si ricandida a guidare la città dopo il disastro della gestione dell’alluvione e dei postumi. La “rivoluzione a destra” per Forlì ha significato in questi anni solo discutibili rifacimenti stradali, le ordinanze contro il “degrado”, una bella imbiancata ai monumenti fascisti, lo sfregio ai partigiani (sì, ritorna anche Lasaponara ), la prosecuzione della cementificazione selvaggia, ma attenzione, esclusivamente a scopo industriale e commerciale, perché gli studentati promessi (vedasi ex hotel della città) ovviamente non esistono. Esistono però un bel po’ di prebende ai militari, per cui le case magicamente si trovano (https://www.forli24ore.it/notizie/societa/2024/02/28/forli-siglato-laccordo-per-alloggi-di-proprieta-comunale-a-favore-di-militari-in-forza-al-66-reggimento/).

Che la lista Zattini non rappresenti gli interessi della classe lavoratrice, degli studenti, delle donne è risultato particolarmente evidente nella vicenda del licenziamento delle lavoratrici CRAI, a cui la giunta ha sprezzantemente ricordato “di mandare i curriculum” ai futuri probabili ecomostri commerciali a cui ha spalancato le porte. In compenso abbiamo un monumento (40.000 euro) agli angeli del fango e le consuete luminarie natalizie per il popolino beone.

Dall’altra parte il PD candida Rinaldini, nella speranza di riconquistare il feudo perduto con un nome di peso, che altro non è che la prosecuzione di politiche asservite al capitale, all’industria e allo sfruttamento del territorio con un volto un po’ più umano e presentabile. Il post alluvione non ha insegnato niente alle classi dirigenti di ogni colore: tutti egualmente responsabili del degrado ambientale. Salvo, quando fa comodo, riempirsi la bocca con l’inesistente “transizione ecologica”.  

Ovunque è il vecchio che avanza: a trazione post-fascista da una parte, a trazione liberale dall’altra.

A Forlimpopoli la situazione è ancora più tragicomica, con la sindaca uscente Milena Garavini, PD, che ha riunito a suo sostegno anche ex avversari, con esponenti che vanno da Rifondazione comunista al massiccio appoggio di ambienti di cristiani e di centro.

Il raggruppamento avversario al PD forlimpopolese è ancora più colorito: la lista civica con candidato Montalti è tenuta insieme solo dall’opposizione alla sindaca senza nessuna vera alternativa di programma con una genesi chiara, tanto che la destra non ha dato appoggio formale a questa lista, composta da ex appartenenti alla precedente giunta PD, ex esponenti della Lega, ex appartenenti ai Verdi come Stefano Raggi, che è stato assessore all’ambiente con una giunta targata PD, giunta che ha dato via libera alla cementificazione in cambio della realizzazione del parco pubblico.

Anche in questo caso il vecchio che avanza; con contorni opachi, perfetti per un’elezione in cui la classe lavoratrice è sempre più confusa e sfiduciata.

In questo quadro complessivo il PCL non vede le condizioni per un’indicazione generale di voto, per quanto critica. Da qui la scelta dell’astensione.

Tuttavia non possiamo e non vogliamo fermarci a un’indicazione generale di astensionismo. Invitiamo perciò a votare per Ilaria Salis.  È semplicemente un voto utile. Un voto antifascista. Un voto di scopo. Un voto per la liberazione di Ilaria dalle galere e dalle catene di Orban, che non sposta la nostra valutazione delle forze in campo e le nostre critiche ad AVS.

Dove sono i comunisti?

Contro il deserto politico di questi tempi occorre organizzarsi. Non basta rispolverare all’ultimo momento la vecchia bandiera del PCI, la cui politica si è consumata, ormai da decenni, nella complicità con la borghesia. La rappresentanza politica della classe lavoratrice è inesistente perché lavoratrici e lavoratori hanno rinunciato a fare valere i propri interessi con la lotta, scivolando nell’apatia e nel disgusto. È un atteggiamento comprensibile dopo anni di tradimenti da parte delle burocrazie sindacali e dei partiti “di sinistra” che hanno aperto le porte alle peggiori riforme antioperaie, che hanno fatto “la destra” al posto della destra.

Il progetto di autonomia differenziata che oggi la destra si intesta è stato attivato in origine dal centrosinistra, e poi pattuito da suoi governi regionali (Emilia Romagna). Il precariato che oggi dilaga trovò nel centrosinistra il primo alfiere, con l’introduzione del lavoro interinale da parte di Prodi e Bertinotti (pacchetto Treu) già nel lontano 1997.

Partito Democratico e Movimento 5 Stelle votano oggi compatti in Parlamento le missioni militari vecchie e nuove, come nel caso della missione militare nel Mar Rosso a fianco dello stato sionista contro la resistenza palestinese, esattamente come la destra. 

Che fare?

Non c’è che una soluzione; e non si esaurisce nell’astensione elettorale e nella passività nella vita quotidiana: occorre organizzarsi e costruire il partito dei lavoratori e delle lavoratrici, un partito che non tradisce le ragioni del lavoro, un partito che si batte per un ordine nuovo della società in cui a governare non sia la piccola minoranza di capitalisti, grandi azionisti, banchieri, ma la maggioranza della società stessa, a partire da chi produce la ricchezza. È l’ordine che chiamiamo socialismo.  Portare la coscienza di questa necessità è la ragione del nostro partito, del suo impegno quotidiano, della sua azione controcorrente tra le lavoratrici e i lavoratori, la gioventù, le donne, e tutti i settori oppressi della società.

ORGANIZZATI CON NOI!

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