Il nome dei vampiri

Di Falaghiste

Le aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini sono sulla bocca di tutti; tutti ne conoscono i nomi: AstraZeneca, Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson, tanto per citare i più conosciuti. I media ogni giorno pubblicano le dichiarazioni di queste multinazionali dai fatturati plurimiliardari: le promesse sulle forniture, le rassicurazioni sull’efficacia e affidabilità dei vaccini. Però, i loro volti sono sconosciuti. Proviamo, dunque, a immaginarli come se avessero un’espressione, un carattere, come se fossero umani e non, come sembra, misteriose entità detentrici di un potere dal quale dipende la vita di miliardi di persone.

AstraZeneca potrebbe essere una vigorosa guerriera dallo sguardo penetrante, del tipo di quelle che si vedono nei romanzi di genere Fantasy; al cui comando affidarsi nella battaglia contro il malefico virus. E invece è tutt’altra persona e non si chiama nemmeno AstraZeneca, anzi, si tratta addirittura di due persone umanamente esistenti e pure mortali, come noi. Il primo, l’amministratore delegato (AD) di AstraZeneca è un signore francese di sessantuno anni, dallo sguardo bonario, potete vederlo in rete. Il secondo, Lorenzo Wittum, è l’AD di -AstraZeneca Italia-; anche lui un bel volto da sessantenne con i capelli imbiancati.

Pfizer, si potrebbe dipingere come una specie di folletto, magro e irridente, che salta in qua e in là senza un attimo di sosta; e che tiene dentro la bisaccia un blocco di ghiaccio, del quale vende a peso d’oro ogni minuscolo frammento. E invece l’AD di Pfizer si chiama Albert Bourla, un serioso greco di cinquantanove anni, che a un folletto non assomiglia per niente.

In quanto a Moderna, sarebbe difficile darle, o dargli, un volto. Io non ci riesco, fate voi. Comunque l’AD di Moderna si chiama Stéphane Bancel, francese, nato nel 1972 e noto come milionario e businessman.  Chi l’avrebbe mai detto?

E arriviamo a Johnson & Johnson. Beh! Con questo è facile: due signori inglesi gemelli, che vestono uguale e parlano all’unisono; portano la bombetta sulla crape pelate e  siedono a una scrivania di robusta quercia dello Yorkshire. Dietro di loro si vedono numerosi scaffali pieni di libri e faldoni e tutt’intorno tendaggi e divani in stile vittoriano. Niente di più sbagliato, a parte l’anglosassonità, il capo (AD) di J.J si chiama Alex Gorsky, sessantenne americano, nel senso di U.S.A. Si direbbe che fra tutti sia il più sincero, dato che la sua espressione rivela, ma forse ho visto la foto sbagliata, tutta la spietatezza della borghesia yankee. E concludiamo con un altro bel soggetto, nostrano questa volta, si chiama Massimo Scarabozzi, che con Johnson e Johnson ci va a braccetto. Infatti, oltre a essere il pluriosannato presidente di Farmindustria riveste l’incarico di AD in Janssen, azienda farmaceutica con sede in Italia del gruppo Johnson & Johnson.

Ora ci vuol poco a capire che tutti questi signori con i vaccini ci abbiano a che fare parecchio, però mai una volta che vengano citati dai media, i quali sostengono di darsi un gran da fare per informare il popolino. Si continua a dire: Astrazeneca ha detto; Pfizer ha risposto; Moderna sostiene eccetera, eccetera. A nessuno è venuto in mente di chiedere almeno a uno dei suddetti capiintesta se pensa che sia giusto realizzare profitto sulla salute delle persone. D’altronde, egli sicuramente saprebbe giustificarsi con stile. Direbbe che non dipende da lui, dato che il mercato è una legge globale uguale per tutti, e poi mostrerebbe le Fondazioni di beneficenza da lui sponsorizzate a beneficio dei poveri, delle missioni, dello sport e della cultura. Tuttavia, sarebbe interessante vedere la sua faccia, il suo sguardo e sentirne la voce, per cercare di capire se ci crede davvero o fa il furbacchione.

Teoricamente fra un venditore e un compratore si realizza uno scambio fra un prodotto e una quantità pattuita di denaro. Affinché tale scambio sia soddisfacente, il prodotto dovrebbe soddisfare, almeno in gran parte, le aspettative del compratore. E questo è ovvio, ma la condizione affinché ciò avvenga nel migliore dei modi è che il compratore sia informato sulla qualità del prodotto. In genere per i prodotti di largo uso ciò avviene almeno parzialmente. Parzialmente, nel senso che l’utilizzatore non potrà mai sapere se lo scambio sia stato, oltre che soddisfacente, anche equo; vale a dire che il venditore, non abbia realizzato un profitto abnorme rispetto alle spese sostenute.  Al netto delle diverse definizioni di giusto profitto e posto il dubbio che il profitto, in quanto tale, possa essere giusto, è un dato di fatto che i prodotti ad alta tecnologia siano i più remunerativi per il venditore e i più problematici per il compratore, così come avviene appunto per i vaccini. E ciò è dovuto al segreto industriale aziendale (e contabile), universalmente riconosciuto e tutelato per legge, tramite i brevetti.

Così, come si è visto, le aziende possono permettersi di violare ogni accordo stipulato con le Istituzioni, nazionali e internazionali. E assistiamo alla tragedia grottesca dell’Europa che fa causa ad AstraZeneca per non aver rispettato i contratti sulle forniture del vaccino. L’azienda ha risposto che si difenderà in tribunale: ai posteri l’ardua sentenza. Tutto finirà fra qualche anno a tarallucci e vino, magari con la condanna di qualche milione a titolo di risarcimento da parte dell’azienda, tanto per dimostrare al popolino che le aziende in fondo sono buone. Appare evidente la complicità fra le istituzioni borghesi e le aziende; in altri termini, rispettivamente, fra sovrastruttura (politica) e struttura (industriale), come elementi fondanti, interagenti e complementari della società mercantile.

L’abolizione dei brevetti, dei segreti industriali e l’obbligo di pubblicazione delle scoperte scientifiche, è la sola rivendicazione che può garantire, ora e in futuro, una produzione dei vaccini congrua all’urgenza della domanda. E non solo dei vaccini, di tutti quei prodotti della scienza che migliorerebbero la vita dell’intera umanità, cioè, una volta eliminati i superflui tutti quelli che rimangono; sulla base del principio che scienza, tecnica e tecnologia, sono un prodotto collettivo e ciò che ne viene dev’essere di tutti. Così i vampiri nemmeno esisterebbero.

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