• Senza categoria

Electrolux: gli ordinari giorni oltre la sconfitta

 di Partigiano stanziale

Il clima che si respira fra gli operai dell’Electrolux di Forlì, ma probabilmente è simile anche negli altri stabilimenti dl gruppo, non può descriversi con un solo aggettivo in quanto non ne esiste uno in grado di esprimere sconsolazione, rassegnazione, indifferenza, speranza, disincanto, disorientamento e sotteso livore verso tutto e tutti.

Verso i sindacati il cui tradimento questa volta è apparso chiaro anche ai più ingenui e verso i padroni Electrolux che tutto hanno ottenuto vincendo su ogni fronte: quello aziendale, ottenendo un contratto a loro estremamente favorevole, e quello nazionale con l’approvazione del Jobs Act.

E perciò ci vorrebbe ben altro, un qualcosa che non c’è nemmeno all’orizzonte, per risvegliare un minimo di fiducia in se stessi e nei propri gruppi dirigenti.

Rimane il vuoto, il giorno dopo giorno di un lavoro sempre più duro e senza strumenti organizzativi e programmatici per rompere la gabbia.

La coscienza della sconfitta esiste, ma al contrario di quelle precedenti, e ormai sono state tante, questa volta sembra essere definitiva.

Sembra definitiva, ma non è detto che lo sia; per la semplice ragione che la lotta di classe non è una libera scelta ma una condizione permanente del rapporto fra capitale e lavoro. Insomma: se ti attaccano sei costretto a difenderti, anche se non ne hai per niente voglia e pensi che la sconfitta sia quasi ineluttabile. Ma se ogni volta perdi terreno la volta dopo è più difficile reagire.

Questo vuol dire che sarà sempre più difficile coinvolgere i lavoratori nelle lotte. Su questo circolano voci preoccupanti, anche fra i più attivi fra gli iscritti alla FIOM: “La prossima volta col cazzo che faccio lo sciopero. Se alla fine ci devo solo rimettere!”

Intanto il tempo passa. Si lavora e basta, pensando di arrivare a sera, “finché si lavora…”

E di lavoro (alla faccia dei miserabili piangimenti aziendali precontrattuali) comincia ad essercene tanto. Infatti fra aprile e marzo dalle sei ore si tornerà all’orario pieno: otto ore al giorno, almeno per sei mesi: dopo si vedrà.

Su questo, a seconda delle singoli bisogni e dell’età, c’è chi è contento e chi no. Quelli contenti valutano che a orario pieno (con tempi che corrono) il salario non è poi male: 1200-1500 euro. Gli altri considerano che con l’aumento dei ritmi (previsti dal nuovo contratto) aumenterà anche la fatica e lo stress.

A questo proposito, ormai tutte le linee di montaggio viaggiano secondo i nuovi volumi richiesti, anche se per raggiungere l’obbiettivo sono necessari continui rinforzi nelle varie fasi di montaggio. E questo sembra dar ragione a chi sosteneva che tali pretese erano impossibili da realizzare. E qui sta il trucco: chiedere di produrre cento anche se forse è impossibile è il modo migliore per ottenere il massimo possibile.

In conclusione, per il momento non muove foglia che il padrone non voglia.

La gabbia:

Senza che mai qualcosa cambi
sotto i tetti dentati
…con la pioggia o il sole che batte
sui vetri polverosi.

Con la fretta di giungere a sera
alienando gli attimi
…di uno spicchio di vita
che ci separa dalla morte

…noi trascorriamo preziosi respiri
consumiamo i nostri talenti
i nostri cuori e i nostri passi

…che vorremmo spendere altrove
dove la pioggia ci induce tristezza
e il sole se la porta via.

Lo sappiamo questo!
…ma cerchiamo l’uscita in quella porta
che ogni mattina vuoti varchiamo.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.