Un’ulteriore colata di cemento… tra un’alluvione e l’altra

Il nostro territorio ha subito e continua a subire uno scempio dopo l’altro. Dopo la disastrosa alluvione del 16 maggio, all’indomani della quale tutti -partiti, finti ambientalisti e compagnia cantante- si sono cosparsi il capo di cenere per l’eccessiva cementificazione del territorio, per la poca cura della natura, la manutenzione degli argini e simili. Ma si sa, passata festa, gabbato lo santo e finita l’ipocrita attenzione riservata all’ambiente all’indomani di un disastro epocale, si ricomincia a cementificare, abbattere e distruggere come e più di prima.

Dopo le cattedrali che si susseguono, non del deserto ma nel tessuto urbano, fatte di centri commerciali, grandi magazzini e simili, l’ultimo progetto è quello di un noto marchio di carni, che vorrebbe costruire un impianto produttivo e logistico alle porte della cittadina di Forlimpopoli. Un impianto faraonico, che occuperebbe circa 26 ettari di suolo e che necessita di strade, raccordi e infrastrutture, e che produrrebbe tonnellate di carne, con tutti gli annessi e connessi di risorse consumate e rifiuti prodotti.

  • Non si può fare perché il nostro territorio non ha bisogno dell’ennesima cementificazione, qualsiasi sia la sua destinazione d’uso, logistico o produttivo
  • Non si può fare perché il nostro territorio è fragile da un punto di vista ambientale, come ha dimostrato la tragica alluvione di maggio
  • Non si può fare perché l’Emilia Romagna è la regione con la più alta mortalità dovuta a polveri sottili
  • Non si può fare perché, anche alimentato a energie “verdi”, si tratta di un polo inutilmente energivoro, a esclusivo profitto del padrone
  • Non si può fare perché non abbiamo bisogno di altra carne, dobbiamo ridurre drasticamente il suo consumo e il relativo impatto di tutta la sua filiera se vogliamo agire contro il cambiamento climatico
  • Non si può fare perché dobbiamo lasciare un ambiente migliore per le generazioni future
  • Non si può fare perché non possiamo accettare nessuna “promessa” di tutela del territorio da chi ha a cuore solo i propri profitti
  • Non si può fare perché la creazione di posti di lavoro deve essere a vantaggio della comunità non contro la salute degli stessi lavoratori e lavoratrici

Qui non si sta scherzando, la questione ambientale non può essere la comoda foglia di un fico di un sistema che si dimostra ogni giorno marcio fino alle radici, che deve essere abbattuto, un sistema che sta pregiudicando il nostro futuro, non un futuro prossimo indefinito, ma il nostro domani, il nostro oggi, la nostra stessa esistenza come specie sul pianeta.

Occorre riorganizzare il modo in cui produciamo, usiamo e smaltiamo ciò che ci serve. Solo eliminando il profitto del padronato, l’unica variabile in crescita costante, potremo tutelare la natura e le persone. Per il capitalismo, natura e lavoratori sono risorse spendibili e sacrificabili. 

IL CAPITALISMO DISTRUGGE, DISTRUGGIAMO IL CAPITALISMO

Partito Comunista dei Lavoratori Romagna

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.