La finanziaria di Meloni

Continua la pacchia per i capitalisti

“È finita la pacchia!” annunciava in campagna elettorale Giorgia Meloni. In realtà continua la pacchia per i capitalisti, i grandi azionisti, gli uomini d’affari. Quelli che in questi anni hanno incassato profitti d’oro. Meloni non solo non torce un capello ai giganteschi extraprofitti di aziende energetiche, industria farmaceutica e banche, ma detassa ulteriormente le rendite finanziarie, ed offre persino alle società calcistiche di Serie A, coinvolte in ladrocini e truffe, quasi un miliardo di privilegi fiscali. In compenso aumenta le accise sulla benzina, priva del reddito di cittadinanza (500 euro in media per nucleo familiare) 600 mila persone, disoccupate o sottopagate, impone ai beneficiari l’accettazione di qualsiasi offerta in qualsiasi parte d’Italia. L’obiettivo è schiacciare verso il basso il salario dei lavoratori e delle lavoratrici. La reintroduzione dei voucher va nella stessa direzione.

La verità è che a pagare il conto sono sempre i 18 milioni di salariati, quelli che reggono sulle proprie spalle, in compagnia dei pensionati, l’80% delle tasse. I loro salari, unici in Europa, sono in caduta da trent’anni. Il carrello della spesa si fa sempre più caro. La stangata su benzina, gas, pedaggi autostradali sottrae più di uno stipendio annuo ai lavoratori. Eppure, in finanziaria non c’è nulla per loro se non 9 euro mensili di riduzione del cuneo fiscale: una elemosina insultante, oltretutto a spese dei salariati stessi perché caricata sul fisco, e usata dai padroni per negare ogni aumento vero in busta paga. Non solo: si offre la flat tax al 15% alle partite IVA sino a 85 mila euro di reddito annuo e si eleva il tetto al contante a 5000 euro.
Una marchetta per l’elettorato piccolo-medio borghese delle destre. Uno scandalo. Uno scandalo tanto più disgustoso a fronte del taglio alla indicizzazione delle pensioni, del mantenimento della Legge Fornero, del peggioramento ulteriore di Opzione Donna, e soprattutto del perdurante attacco alla sanità pubblica, dopo anni di pandemia e di promesse. Dei due miliardi in più previsti per il Fondo Sanitario Nazionale, 1,4 miliardi servono solo per l’aumento delle bollette. Significa che gli ospedali continueranno a svuotarsi di medici o a ricorrere alle cooperative, cioè ai medici a gettone.
Persino le indennità promesse per il Pronto Soccorso sono state tagliate a vantaggio di evasori e parassiti.
E tutto questo per pagare il debito pubblico alle banche e ingrassare le cliniche private. Una vergogna! È necessario allora promuovere una opposizione vera al governo delle destre. Una opposizione dei lavoratori capace di mettersi alla testa di tutte le ragioni progressive: quelle dei giovani, delle donne, della popolazione povera del Sud. Quella di chi rivendica l’abbattimento delle spese militari in opposizione alla guerra. In Francia, in Gran Bretagna, persino in Germania si sono levate proteste e scioperi dei lavoratori per forti aumenti salariali. Occorre che anche in Italia si levi un nuovo vento. Occorre che emerga una piattaforma generale di riferimento capace di unire in una lotta sola la grande forza del lavoro. Basta sciopericchi, ci vuole una mobilitazione vera e prolungata. La sola capace di ribaltare il tavolo. Per un forte aumento dei salari di almeno 300 euro! Per una scala mobile dei salari! Per una riduzione generale dell’orario a 30 ore settimanali a parità di paga! Per una patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco, a favore della sanità, dell’istruzione, del risanamento ambientale. Paghi chi non ha mai pagato! È necessario che la classe operaia abbia un proprio partito. Padroni grandi e piccoli, evasori di varia taglia, tutti i generi di parassiti, hanno i loro propri partiti, variamente distribuiti a destra e a “sinistra”. Partiti che usano i voti dei salariati per gli interessi di chi li sfrutta. Occorre cambiare registro. Solo un partito della
classe lavoratrice, basato su un programma anticapitalista, può dirigere una lotta vera per un governo di svolta: un governo dei lavoratori e delle lavoratrici.
Il PCL è l’unico partito che oggi si batte per questa prospettiva di rivoluzione.

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