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Le ragioni della presentazione autonoma del PCL alle elezioni.

L’unita delle sinistre o dei comunisti , quando si avvicinano le elezioni, diventa  un argomento di discussione e, a volte di dure polemiche,  fra  le varie forze politiche che si richiamano  al socialismo o, più genericamente, all’anticapitalismo. Perciò, ogni volta, è necessario chiarire che: l’autonomia del marxismo rivoluzionario è la sua stessa essenza: sotto il profilo storico, teorico, programmatico e politico.Chi non si riconosce in questa affermazione usa il marxismo in modo parziale e si colloca di fatto al di fuori di esso..
La rigorosa autonomia dei comunisti, fondata sull’indipendenza del proprio programma rivoluzionario, sull’opposizione di principio ai governi borghesi (locali o nazionali) e dunque sulla rottura irreversibile col riformismo e col centrismo, rappresenta la costante ricerca della conquista delle masse al programma rivoluzionario, col patrimonio di scelte tattiche che questa comporta, contro ogni forma ideologica di estremismo.

L’IMPORTANZA DELLA DEMARCAZIONE.

L’autonomia del marxismo rivoluzionario è la sua stessa essenza: sotto il profilo storico, teorico, programmatico, politico.
Il pensiero di Marx non consiste in una dottrina economica (“Il Capitale”), ma in un programma di rivoluzione, fondato su una concezione materialistica della storia. “Il Capitale”, quale analisi scientifica del capitalismo, delle sue insolubili contraddizioni, delle sue tendenze alla crisi, è parte di questa concezione e programma.
Il marxismo rivoluzionario si fonda sugli interessi autonomi della classe lavoratrice in contrapposizione agli interessi della borghesia. Dà alla classe lavoratrice e alla lotta di classe un’espressione cosciente (la lotta di classe quale forza motrice della storia) e dunque un programma rivoluzionario storicamente fondato ( il comunismo ). Per questo si contrappone a tutte le concezioni ideologiche borghesi e piccolo borghesi,anche quando camuffate da “socialiste “ o “comuniste” (v. il Manifesto del Partito comunista del 1848). 
Questo è un punto decisivo di chiarificazione. Nulla è più estraneo alla storia del marxismo rivoluzionario della retorica dell’ “unità” dei “comunisti” o dei “socialisti” nel nome di un comune riferimento “ideologico” o terminologico, e/o della pura esigenza di “far numero”, di “non frammentarsi” ecc. 
Al contrario tutta la storia del marxismo rivoluzionario si è sviluppata su una linea costante di demarcazione da ogni versione abusiva e anti marxista di “socialismo” e “comunismo”. 
La chiarezza dei principi e del programma generale ha sempre costituito il primo fondamento della politica rivoluzionaria. E’ il filo rosso che lega Marx, Engels, Lenin, Trotsky, e in Italia Gramsci.
Il marxismo nasce da una rottura/ scissione col pensiero politico “democratico” radicale e con le sette del primo “socialismo” (premarxista): rottura con la sinistra Hegeliana in campo filosofico (Feuerbach), rottura con la democrazia radicale tedesca della Gazzetta Renana in campo politico, rottura con il socialismo “utopistico” di Fourier, Owen, Saint Simon (v. Il Manifesto del Partito Comunista del 1848). La rigorosa demarcazione teorica è l’atto di nascita del marxismo.
Il marxismo rivoluzionario ha sempre difeso e sviluppato la propria autonomia sul terreno politico, nel corso della storia. Marx ed Engels hanno difeso e affermato il proprio programma in una lotta incessante contro altre scuole e tendenze del movimento operaio della loro epoca: contro Proudhon.., contro Lassalle.., contro Bakunin.. 
Così si sono contrapposti ad unificazioni organizzative prive di basi di principio (v. Critica del programma di Gotha, contro “il traffico di principi”). La battaglia di Marx e di Engels lungo l’arco storico che parte dal 1848, attraversa la prima Internazionale (1864), approda alla seconda Internazionale (1889), si fonda essenzialmente sulla rigorosa demarcazione teorica e programmatica del movimento comunista.
La battaglia di demarcazione del marxismo rivoluzionario si sviluppa nella seconda   Internazionale per opera  principalmente di Rosa Luxemburg e di Lenin contro il revisionismo e il centrismo (Kautsky): contro la revisione riformista del pensiero di Marx in direzione di un programma di transizione pacifica e graduale al socialismo (Bernstein), ma anche contro una ortodossia formale “antirevisionista” che combinava la difesa del programma rivoluzionario col minimalismo della politica quotidiana (il “centrismo” di Kautsky).
Questa battaglia si concluderà con la rottura organizzativa della seconda Internazionale dopo la  capitolazione alla guerra imperialista delle sue tendenze maggioritarie (riformiste e centriste), in direzione della nascita della terza Internazionale comunista (1919) sospinta dalla vittoria della rivoluzione bolscevica in Russia. 
La nascita dei Partiti Comunisti e della terza Internazionale segna un punto di svolta: la demarcazione teorica e programmatica del marxismo rivoluzionario da ogni altra tendenza del movimento operaio si risolve in una separazione organizzativa. 
Dal “partito di tutta la classe” in cui convivevano e si scontravano tendenze programmatiche diverse, si passa al partito dell’avanguardia proletaria che raggruppa e organizza, su basi indipendenti, i militanti coscienti della classe attorno al programma rivoluzionario.
Sotto questo profilo il leninismo ha rappresentato storicamente un momento di sviluppo reale del marxismo. La Terza Internazionale nasce e si  forgia nei suoi primi  anni attraverso la rigorosa  rottura organizzativa con  i partiti riformisti (seconda Internazionale) e con i partiti centristi (Internazionale due e mezzo).
I 21 Punti di adesione all’Internazionale (condizioni di adesione poste nel 1920) sancivano questa linea di separazione.
La storia del bolscevismo russo ha ripercorso in Russia questa dinamica storica.
Il bolscevismo è nato e si è sviluppato in Russia attraverso la costante demarcazione teorica, programmatica, politica, da ogni altra tendenza del movimento operaio e popolare. Non attraverso la cosiddetta “unità dei rivoluzionari”, ma attraverso la battaglia più rigorosa contro le altre tendenze della democrazia radicale russa. 
Prima contro il populismo, a difesa della centralità della classe operaia e della lotta di classe per le prospettive della rivoluzione (anche in un paese arretrato come la Russia). 
Poi contro l’economicismo operaista che mirava a subordinare la politica rivoluzionaria ai puri obiettivi economico sindacali del movimento. 
Poi contro il menscevismo, che in nome dell’arretratezza russa teorizzava la subordinazione del movimento operaio alla rivoluzione borghese e rivendicava un partito non d’avanguardia cui potesse aderire “ogni scioperante”.
Questa linea di demarcazione e battaglia politica e teorica ha attraversato l’intera storia del POSDR (partito della socialdemocrazia russa). Ed è approdata alla scissione organizzativa definitiva tra bolscevismo e menscevismo alla vigilia del 1917. Il passaggio dal partito di tutta la classe al partito della avanguardia proletaria cosciente ha avuto nella teoria e nella pratica di Lenin e del bolscevismo russo il suo principale fattore propulsivo, anche su scala internazionale.

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