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Pensieri d’estate

Di falaghiste

Questa estate piuttosto torrida sembra fatta apposta per anestetizzare lo spirito combattivo dei lavoratori italiani, che infatti langue. Ma non è colpa del clima. La maggior parte di questo popolo, intossicata dalla più che ventennale illusione di farsi benestante, si è trovata all’improvviso in un vicolo cieco, priva di ogni punto di riferimento, spaurita e confusa. La crisi economica e il più cinico governo possibile sta trascinando le classi lavoratrici verso un cambiamento di condizione sociale così repentino da non crederlo reale. La sensazione è che la velocità della trasformazione sia tale che le masse non riescono a accettarla, a collocarla nella vita reale, come fa un bambino di fronte ad una tragedia che incombe e che non può comprendere. Non sono tempi logici che sorreggono la ragione, anzi che sospingono a perderla, ma è proprio a questa che si deve ricorrere per trovare una via d’uscita. 
Ragioniamo dunque: intanto l’analisi marxista sulle dinamiche intrinseche del capitalismo si sta rivelando, ancora una volta, assolutamente esatta; e quasi in maniera impressionante. Anche i guru post- marxiani ( vedi “Impero” di Toni Negri )che teorizzavano una regolazione globale delle crisi da parte delle istituzioni internazionali del capitale ( banca mondiale, FMI, BCE, G8 ecc) sono costretti a tacere di fronte alla più classica delle crisi strutturali da sovrapproduzione. 
Questo vuol dire che oggi come ieri non è possibile andare avanti assegnando un valore del tutto virtuale alle cose, siano esse artificiali o naturali e all’uomo stesso, sulla base della loro capacità di essere vendute con profitto sul mercato e non su quella di essere utili al progresso dell’umanità compatibilmente con il mantenimento degli equilibri ecologici. 
Alla crisi economica che evidenzia la prima contraddizione del capitale , quella fra capitale e lavoro, allorché il capitale distrugge la base sulla quale si regge, cioè il lavoro salariato, si aggiunge ( in proporzioni inedite ) quella fra capitale e natura, dove vengono distrutte anche le condizioni ambientali indispensabili alla sua crescita. La borghesia, in quanto agente del capitale, grazie alle nuove tecnologie e ad un calo dei salari, ha accumulato, nella fase di sviluppo precedente alla crisi, una quantità di capitale enormemente superiore alla capacità complessiva di consumo. Il sistema produttivo tecnologicamente attrezzato per ridurre i tempi e i costi di produzione si è così sviluppato in maniera abnorme rispetto alla domanda di mercato.
L’enorme quantità di lavoro sottopagato, ( la massa del profitto o lavoro accumulato) si è trasformata, a fronte della domanda costantemente in calo, in una massa di capitale non investibile nell’economia reale e quindi si è rivolto verso una riproduzione fittizia di carattere speculativo, che in un primo momento ha sorretto il sistema ma ne ha aggravato la crisi quando essa è inevitabilmente esplosa. Miliardi di ore di lavoro ( sottoforma di capitale) che si sarebbero potute usare per migliorare le condizioni umane sono state distrutte dall’avidità rapace di un gruppo di capitalisti infami. E questo è un crimine contro l’umanità. Privare gli uomini del proprio lavoro che è: cervello, muscoli, sangue e cuore (creatività e forza fisica) , significa ridurli allo stato animalesco perché esso è l’unica cosa che ci distingue dagli animali. 
E’ un crimine tagliare posti letto negli ospedali, come è un crimine licenziare, come è un crimine ridurre le città ed il territorio in un ammasso indistinguibile di macchine in movimento, catrame e cemento. E’ un crimine fare dell’arte e dei sentimenti un mercato. 
Siamo certi che le conoscenze scientifiche attuali consentirebbero agli uomini di vivere infinitamente meglio e non è un sogno questo, ma una considerazione sorretta dalla ragione.
Come si può negare infatti che sarebbe possibile lavorare meno e lavorare tutti per produrre cose utili e non miliardi di oggetti effimeri, spesso fondamentalmente inutili, che durano solo il tempo per essere sostituiti da altri ? Come si può negare che sarebbero possibili trasporti pubblici collettivi efficienti, non inquinanti e poco costosi ? Come si può negare che con una coscienziosa programmazione della produzione sarebbe possibile nutrire a sufficienza tutto il genere umano senza alienare i cicli naturali? Noi sappiamo che questo è possibile perché è questo che ci dicono la ragione e la scienza ma avere ragione non ci è sufficiente. 
Se ci accontentassimo di questo potremo dire, come fanno coloro che cercano di estraniarsi dal mondo cercando di costruirsene uno personale: “Ecco vedete? avevamo ragione il capitalismo fa schifo, il consumismo fa schifo, bisogna fare come facciamo noi: cambiare stile di vita, fare una rivoluzione culturale”. Essi ignorano la realtà, si beano della loro cultura, considerano gli altri inferiori, ignorano che esiste un dominio che si riproduce nelle reali condizioni di vita delle masse popolari: il dominio materiale e culturale della borghesia e del suo Stato. Essi sono degli ipocriti che s’inventano cazzate alla moda.
Noi comunisti e marxisti rivoluzionari sappiamo che la coscienza e il frutto dell’essere sociale e non il contrario; non è con le omelie e con i bei discorsi dei parolai opportunisti che muta la storia, ma con la rivolta degli sfruttati quando riescono a darsi un programma per la presa del potere politico. 
A noi rivoluzionari è precluso l’uso di parole quali: solidarietà, fratellanza, condivisione, creatività, passione, pace ed amore per il prossimo, perché esse sono il lessico corrente proprio di coloro che di fatto le disprezzano e le ignorano usandole come il paravento e la giustificazione dei loro crimini. Eppure noi siamo i soli che cercano di metterle in pratica, non solo nella proposta politico- programmatica ma nella pratica di tutti giorni; nel tener in piedi senza mezzi questo nostro piccolo partito. Ogni giorno dobbiamo fare i conti con noi stessi e con la spinta possente verso l’individualismo, che tende a disgregarci, a far emergere le nostre peggiori pulsioni ,sia nella discussione che nella azione politica, che nelle piccole faccende organizzative. E’ difficile tener sempre conto della realtà, assumerla, per quanto essa sia pessima, come punto irrinunciabile della nostra propaganda politica, da spiegare, da propagandare; e sempre contro corrente, contro ogni ostacolo apparentemente insormontabile, contro l’immenso divario di mezzi fra noi e coloro che ci fanno una continua guerra di classe. Fra noi che vogliamo costruire il partito delle classi lavoratrici e la borghesia che impoverendoci, perseguitandoci economicamente, emarginandoci politicamente, cerca di distruggerci, nel corpo e nella mente rendendoci sempre più difficile reperire risorse per la nostra attività. 
Dobbiamo anche sopportare le critiche, in buona fede, di quei compagni che sono ancora legati a vecchi modi di concepire il rapporto con la politica, anzi spesso ci sentiamo dire che siamo noi quelli che non si sono adeguati alla modernità. Che il nostro lessico è superato, che non è adatto a rappresentare la realtà, mentre se si documentassero, se superassero l’assopimento e la pigrizia intellettuale ( del tutto comprensibile ) capirebbero che i nostri strumenti di analisi si stanno rivelando ogni giorno coerenti a spiegare la realtà, a volte anche oltre ogni nostra previsione. Ma quello che ci sostiene è la coscienza che ci troviamo dentro un processo storico d’immense proporzioni dove il conflitto fra classi assumerà proporzioni gigantesche e sarà di nuovo al centro della lotta per il potere politico, forse più che nella prima metà del secolo scorso. Noi pensiamo che sia inevitabile che le masse oppresse producano ribellioni sempre più diffuse e violente in tutto il mondo ma sappiamo che se non si uniranno in un programma rivoluzionario ci avvieremo verso la barbarie. Socialismo o barbarie sono gli unici futuri possibili e ognuno, se ritiene di essere un individuo responsabile del proprio ruolo sociale, se è cosciente che la storia è il prodotto dell’unità d’intenti fra gli uomini liberi, dovrebbe impegnarsi nella lotta politica. Ma non è questa una scelta etica, è una scelta materiale spinta dalle necessità materiali che sono il motore della storia; è la coscienza di classe che evolve verso il programma comune per la rivoluzione sociale e che evolve ulteriormente verso la necessità del partito della rivoluzione.
I piccoli borghesi di sinistra ci dicono: avete ragione il vostro programma è eccellente ma non è realizzabile è utopia. E poi dicono che le rivoluzioni sono fallite perché sono state violente, perché si sono messe sullo stesso piano della violenza di chi ha il potere. Ma quale progresso non è stato il frutto di violenze che hanno spazzato via la vecchia società conservatrice ? Essi vorrebbero che i ricchi fossero generosi e i poveri mesti e pii, ma la realtà è ben diversa. La loro è davvero un’utopia, anche essi confondono i sogni con la realtà per lavarsi la coscienza e per nascondere la loro paura.
I ricchi sono forti, determinati a volte istruiti, ma soprattutto sono avidi e hanno lo Stato dalla loro parte mentre i poveri sono spesso ignoranti, vili e si fanno la guerra fra loro. Quelli che stanno nel mezzo, i piccoli borghesi, il ceto medio, chiamiamoli come ci pare, sono impegnati a conservare quel poco che hanno e fra di loro ci sono i pacifisti come i fascisti , come di tutto un po’. Ma ora la pubblicistica più che trentennale che sosteneva che le classi sociali non esistono è stata spazzata via dalla crisi rivelando una borghesia in crisi ma solidamente al potere a causa della debolezza della classe lavoratrice e un ceto medio, nei segmenti inferiori, in dissoluzione. Ad essa si è sostituita, la propaganda della collaborazione fra classi, in nome dell’interesse nazionale; quanto di più vecchio e storicamente ricorrente vi sia nella storia del capitalismo nelle sue fasi di crisi strutturale. 
Ma la propaganda, in quanto strumento virtuale, non può sostituire il processo storico reale, ed è in questo che noi cerchiamo di stare costantemente, oltre le apparenze e al fianco della ragione. .

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