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La via americana del sindacato

Falaghiste- Non molto tempo fa, mentre lo strozzino di governo si recava dal suo socio di affari Obama per ricevere i prevedibili e concordati complimenti e subito dopo annunciava  beato nuovi sacrifici, la segretaria della CGIL dichiarava, con una faccia da culo di proporzioni elefantesche, che i sindacati farannouna manifestazione unitaria per la crescita, ( forse ) a giugno.
Domanda: se i lavoratori alla fine ritireranno in massa la loro adesione, avendone piene le tasche di un sindacato che sta dall’altra parte, non sarà anche la fine dei burocrati come la Camusso?
Purtroppo non sarà così. I lavoratori hanno bisogno del sindacato per quanto pessimo esso sia:” non si spara sulla croce rossa anche se è quella del nemico” e i fatti recenti ne danno conferma.
La riuscita delle ultime manifestazioni sindacali dimostra che, nonostante tutto, la maggioranza dei lavoratori  segue ancora le direzioni confederali che ne escono rafforzate come rappresentanti  dell’unico soggetto di massa  interlocutore e alleato del governo.
Paradossalmente i sindacati stanno con i padroni ( e con il governo e lo Stato dei padroni ),  anche se dichiarano il contrario e i lavoratori, sostenendoli, appoggiano involontariamente le politiche che il governo attua contro di loro.
Oggi i sindacati potrebbero sicuramente mandare casa questo governo di criminali economici con una mobilitazione che facilmente trarrebbe consenso dalla maggioranza della popolazione colpita dalla crisi . La sola FIOM addirittura avrebbe le carte in regola per farlo partendo da una resistenza di classe ancora attiva in molte fabbriche. Ma nulla si muove, in nome dell’unità nazionale fra PD e PDL per salvare l’economia dei padroni scorticando i lavoratori.
Insomma la classe operaia  è ancora forte ( potenzialmente lo è sempre stata )  ma la sua forza è indirizzata  contro se stessa. Una situazione  apparentemente assurda ma tragicamente vera.
Questo non vuol dire però che i vertici CGIL, potranno tranquillamente mantenere le proprie posizioni. Che potranno continuare  per sempre con questa politica truffaldina ai danni delle classi lavoratrici perché le contraddizioni sono sempre più evidenti e prima o poi esploderanno.
Lo si vede nel linguaggio e nelle parole d’ordine che le direzioni FIOM e CGIL usano frequentemente in occasione di scioperi, manifestazioni, ecc. Un minestrone di slogan attinti dalla storia del movimento operaio di ogni epoca, lanciati spesso a sproposito tanto per fare: diritti, dignità, solidarietà e richiami continui all’unità della classe lavoratrice; senza però mai indicare una via, una prospettiva futura e sempre centellinando gli scioperi per non disturbare oltremodo il sistema.
Ma anche questa contraddizione fra il dire e il fare, rientra nella dinamica storica delle grandi organizzazioni di massa, nelle quali l’ideologia, il linguaggio e le forme organizzative sopravvivono a lungo dopo la fine delle condizioni sociali che rappresentavano.
Oggi la classe operaia è sempre più frammentata
Con la sostanziale distruzione dei contratti nazionali, con la precarizzazione del lavoro, con i salari sempre più legati alla produttività, il rischio concreto, per un sindacato generale come la CGIL, è quello di andare incontro ad un processo disgregativo del suo apparato in mille correnti corporative in lotta fra loro: categoria contro categoria, stabilimento contro stabilimento, reparto contro reparto, camera del lavoro contro camera del lavoro. CISL e UIL si sono rapidamente adeguati. La loro cultura di fondo, clientelare e totalmente padronale,  si è adattata rapidamente  alla distruzione progressiva dei diritti dei lavoratori.
Ma per la CGIL, dove si concentra ancora uno zoccolo duro che mantiene qualche sintomo di cultura di classe, è molto più difficile avviarsi all’americanizzazione della propria organizzazione. Negli Stati Uniti le grandi lotte operaie furono affogate nel sangue gia agli inizi del secolo scorso impedendo la costruzione di sindacati generali che si occupano delle condizioni di tutti i lavoratori, non solo degli iscritti.
In Italia, è dopo il fascismo e con le lotte operaie degli anni sessanta e settanta che le organizzazioni sindacali assumono il peso politico che ora detengono, grazie ad un sistema di diritti e salari uniforme, incardinato: sui contratti nazionali, lo statuto dei lavoratori e la Costituzione.
Ora che questi tre elementi basilari sono venuti meno ( con la complicità dei sindacati stessi ) diventano problematiche le ragioni e la praticabilità di un sindacato nazionale.
Questo è attualmente il problema del maggiore sindacato italiano e le sue direzioni centrali sicuramente se ne rendono conto, mentre è probabile che la maggior parte dei quadri intermedi ( funzionari) e di base ( i delegati in produzione ) ne siano poco o per nulla coscienti.
Vuol dire che,  i vertici sindacali, ancora non hanno trovato il modo di far quadrare il cerchio.
Di adattarsi alla nuova situazione senza rischiare l’appoggio delle classe lavoratrice sindacalizzata ( che è quella che conta e che li paga ) e contemporaneamente rendersi indispensabili alla borghesia tenendo a freno la stessa classe lavoratrice.
Se il governo Monti riuscirà a stabilizzare la crisi sociale, cioè a far si che non peggiori, la CGIL potrà avvalersi del tempo necessario per ristrutturarsi, per costruire il suo sindacato :“americano” mantenendo intatta la sua organizzazione e i privilegi del suo apparato a spese di tutti i lavoratori.

In conclusione è il momento giusto per ribellarsi, per incalzare dal basso l’apparato, per pretendere che il sindacato faccia il suo mestiere: proclamando lo sciopero generale fino alla cacciata di questo schifoso Governo di banchieri e padroni.

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