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Alcuni appunti sulla repressione

Sul 15 ottobre abbiamo già espresso ampiamente le nostre posizioni e non ci pare di dover rettificare nulla di quanto già detto.

Alcune parole vanno tuttavia spese sull'atteggiamento in cui è ripiegato il “movimento” che ha animato quella data; mi riferisco in particolare al tema della repressione, affrontato in maniera sfacciatamente semplicistico da diversi settori politici sindacali.

Continua infatti a prevalere un atteggiamento ipocrita e anti-storico che mette in rapporto inasprimento delle pene e innalzamento dello scontro.
Sia detto per inciso, lo Stato è un organo di oppressione di classe e la Repubblica italiana nata a dispetto della Resistenza non è certamente da meno.
A conferma di questa tesi un fatto storico inconfutabile: l'attuale legge penale risponde al decreto regio del codice Rocco di era fascista, dove la stessa legge Reale del 1975 non spostava particolarmente l'impianto forcaiolo dello stesso codice penale in vigore ben prima dei cosiddetti “anni di piombo”.

Non è un caso che quelle stesse leggi liberticide vennero mantenute persino durante il calduccio degli anni di merda (dove lo scontro politico era pressoché assente), e oggi dove le nuove condizioni storiche riaprono ad un nuovo imminente scontro tra classi, non assisteremo ad un inasprimento delle pene in virtù di una ritrovata “verve sovversiva”, ma bensì assisteremo all'applicazione di leggi già in vigore in regime “democratico borghese”.

Quanto a noi rivoluzionari, estranei al pantano riformista, quanto alle velleità sovversive, sappiamo che pur non avendo incontrato le nostre giornate di luglio (mi riferisco a quelle che Trotsky definì “il mese della più gigantesca calunnia della storia dell'umanità” riferendosi ai fatti del luglio 1917) e preparando il nostro ottobre (la presa del potere da parte del proletariato), incontreremo sul nostro cammino moralisti e denigratori che nel nome della difesa della democrazia si limiteranno ad applicare le leggi fasciste del codice Rocco...

Ma sappiamo anche che non potranno essere le leggi penali anti-proletarie riesumate dalla naftalina a frenare la ruota della Storia.
E' per questo che compito dei comunisti non è appellarsi alla difesa della Costituzione o della “legalità democratica”, ma alla necessità della rivoluzione sociale.

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