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Bossi, “ospite” sgradito!

Domani sera presidio contro la presenza di Bossi a Forlì. Dalle ore 20.00 di fronte al Piazzale Foro Boario.
A chi ci invita ad abbassare i toni e a non oltrepassare il concetto di avversario per non “rispolverare la figura del nemico”, rispondiamo come hanno fatto i compagni di Torino che esistono le categorie dei nemici: “siamo di parte e lottiamo per quella parte che lavora ed è sottomessa a chi comanda e governa. Altro che abbassare i toni, di fronte all’offensiva di governo e padronato qui i toni sono da accendere al massimo volume”.
Ma quale federalismo fiscale, è l’ora di una ribellione sociale!
Dal 1945 mai si era registrata una situazione occupazionale più allarmante, come riferiscono i dati OCSE un giovane su quattro (25,4%) oggi è senza lavoro, e quasi uno su due (44,4%) è precario.
La disoccupazione giovanile in Italia continua a crescere, e rischia di toccare presto il 30%, uno dei livelli più elevati tra i Paesi industrializzati.
Come se non bastasse le ore di cassa integrazione sono salite a livelli vertiginosi, una media di oltre 100 milioni di ore di cassa integrazione al mese con un aumento del 60% rispetto al 2009: nei primi otto mesi del 2010 le aziende italiane hanno affrontato la crisi chiedendo all’Inps l’autorizzazione per 826,4 milioni di ore di cassa integrazione facendo largo uso soprattutto della cassa straordinaria e di quella in deroga.

Sono questi gli effetti di un capitalismo al collasso, e la dimostrazione plastica dell’incapacità di un governo filo-padronale, capace solo di regalare soldi alle banche e al padronato.
La stessa piccola media impresa, più volte citata a modello di sviluppo industriale si trova oggi falcidiata, e ora il (sempre meno) ricco nord-est non potrà esser salvato né dal federalismo fiscale, né da nessun altra chimerica riforma interna al quadro di compatibilità di sistema. I richiami all’identità e alla tradizione sono messi al nudo della loro mediocrità di fronte all’avanzare della crisi e le ampollose boutade sulla fiscalità “federale” hanno già segnato il passo alla realtà. Altroché fine della crisi!

La stessa manovra economica del governo, salutata dai vertici leghisti come un anticipo del federalismo, rivela un’altra scandalosa truffa: gli enti locali ridotti- ancor più che in passato- ad esosi gabellieri dello Stato centrale contro i lavoratori.
Indotti ad aumentare le tasse locali nel Sud per compensare il taglio dell’Irap alle imprese; a mettere tickets sulla salute per compensare i nuovi tagli alla sanità pubblica; a eliminare servizi locali per compensare l’ennesimo taglio dei trasferimenti statali; infine a gestire il nuovo condono edilizio.
E tutto questo per cosa? Per rassicurare i banchieri acquirenti dei titoli pubblici sul fatto che lo Stato continuerà a pagar loro centinaia di miliardi di interessi. Gli enti locali come intendenza delle banche e di “Roma ladrona”: questo è, in ultima analisi, il federalismo di Bossi –Tremonti – Berlusconi contro gli operai del nord e le popolazioni del Sud.

Ma la pessima salsa padana si prepara non solo col federalismo, ma anche con una buona dose di regionalismo-sciovinista.
Il protezionismo “regional-nazionalista” della Lega, punta a scaricare i problemi prodotti dalla crisi sulle merci e i lavoratori stranieri, ma la classe operaia non ha alcun interesse a difendere la competitività dei loro padroni, perché questa significa l’aumento del loro sfruttamento.
Le stesse delocalizzazioni sono il sottoprodotto della politica regionalista e nazionalista.
I lavoratori, al contrario hanno tutto l’interesse di evitare che i capitalisti approfittino delle divisioni etniche e nazionali per imporre a tutti un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Al protezionismo e allo sciovinismo alimentato dal padronato è necessario opporre l’unità di classe dei lavoratori su scala internazionale a partire dalla costruzione di una centrale sindacale europea e lavorando alla sindacalizzazione dei lavoratori stranieri. Dobbiamo rivendicare il principio che a uguale lavoro deve esserci uguale salario e uguali condizioni contrattuali, indipendentemente dalla provenienza geografica, non è una parola d’ordine “buonista”, ma al contrario la sola garanzia di non subire la concorrenza di una manodopera iper-sfruttata e ricattabile.

E’ ORA D’INVERTIRE LA TENDENZA!
• Blocco generale dei licenziamenti.
• Diritto alla cassa integrazione per tutti i lavoratori, con la copertura dell’80% del salario.
• Abolizione di tutte le leggi di precarizzazione
• Riduzione dell’orario di lavoro per re-distribuire fra tutti il lavoro che c’è.
• Aumento generale di salari e stipendi di 300 euro netti mensili e un salario minimo intercategoriale di almeno 1300 euro netti mensili.
• Una vera indennità di disoccupazione a cui allineare il livello minimo di pensione.
• Abbattimento dei mutui usurai e la restituzione di fondi pensione ai lavoratori e alla previdenza pubblica.
Non c’è federalismo che tenga… solo l’insieme di queste misure può proteggere la condizione delle masse popolari di fronte al ciclone della crisi e avviare un riscatto sociale dopo vent’anni di sacrifici.
Solo una lotta generale e a oltranza per queste misure può ricomporre l’unità del blocco sociale alternativo e strappare miglioramenti parziali !
Mentre la Lega risolve il problema occupazionale del figlio di Bossi, è necessario che i lavoratori ritrovino la fiducia in se stessi come forza organizzata di classe e che unifichino le proprie forze attorno a un programma di lotta contro il capitalismo.

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