Il Pd: l’epilogo di un partito che non conosce vergogna
I liberali del Pd, in sintonia con il Pdl e il Terzo polo (Fini-Casini) a sostegno del governo Monti, anche a livello locale dimostrano la loro totale subalternità agli interessi del grande capitale.
E’ di questi giorni l’ultima vergognosa uscita di Balzani a cui segue la presa di posizione di Di Maio (segretario locale del Pd) il quale ci informa (sic!) che in provincia (governata da loro!) si sta consumando la piaga della disoccupazione che ha raggiunto quota 30.000 persone iscritte alle liste di disoccupazione.
A partire da questa considerazione le conclusioni del Pd locale sono queste: il lavoro prima di tutto!
Non importa quindi che tipo di lavoro: non importa quanto sia pagato e non importa nemmeno se metta a repentaglio l’integrità fisica del lavoratore… l’importante è lavorare…
A costo di rimetterci in salute e non arrivare a fine mese (pur lavorando). Nulla di nuovo!
Ciò di cui parlano i dirigenti locali piddini lo aveva detto vent’anni fa Gianni Agnelli: il problema ormai, non è più il costo, ma il posto di lavoro.(1)
Da vent’anni questo autentico mantra liberale che punta a distruggere i diritti e comprimere i salari con il ricatto della delocalizzazione si è affermato sotto tutti i governi di centro-destra e centro-sinistra.
Dove sta dunque la novità signor Di Maio!?
Di più, già nel febbraio del 2011 denunciavamo pubblicamente la latitanza delle istituzioni locali a farsi carico della piaga della disoccupazione, salita a 28.674 persone. (Leggi tutto)
Ieri, in ritardo di un anno, il Pd si accorge che esistono anche da noi i disoccupati e cerca di utilizzarli come massa di manovra contro i lavoratori Marcegaglia. Che pena!
Dall’arretramento delle condizioni di lavoro degli operai Marcegaglia, i soli a gioire saranno i padroni non i disoccupati. L’occupazione non si crea inseguendo i salari del Bangladesh, ma combattendo ovunque per l’alternativa di società e di potere. Le ricette liberal del Pd, semmai, dimostrano il fallimento del modello capitalista, un modello sociale che non ha più nulla da offrire.
Non si si tratta quindi di confinare la questione del lavoro ad un caso aziendale, ma Marcegaglia rappresenta indubbiamente un paradigma che peraltro dimostra plasticamente ciò che abbiamo affermato in questi anni: non si può stare con un piede in due scarpe… o con i lavoratori o con i loro sfruttatori.
E’ ora di tagliare i profitti, e licenziare i padroni e i loro partiti.
Lavorare senza padroni si può: sono i padroni che non possono lavorare senza operai!
(1) Mascini (a cura di), Il lungo autunno freddo –radiografia delle nuove relazioni industriali, 1998, Franco Angeli, p. 145