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Schifezze italiche

di Falaghiste In questi giorni molti giornali riportavano l’intenzione del banchiere supremo ( Mario Monti nostro presidente) di non ricandidarsi alle elezioni del 2013.
Ha detto che manterrà “solo” la carica di senatore a vita.
Ovvio che la sua dichiarazione è fatta per suscitare un corposo dibattito su chi sarà il nuovo candidato, ma ancora i suoi sostenitori (PD;PDL e terzo polo) e finti oppositori ( Vendola, Dipietro e lega) brancolano nel buio. Non sanno nemmeno quali saranno le nuove alleanze e sopratutto non sanno ancora quale nuova legge elettorale consentirà loro di continuare a scaldare poltrone. La verità è che Monti li tiene tutti per le palle nonostante la sua politica economica non sia servita a nulla se non ad aggravare la crisi ingrassando i ricchi e impoverendo la maggior parte degli italiani. Quindi il problema per i partiti che sostengono direttamente il governo è come fare a mantenere il consenso. Insomma la “democrazia”, per loro, ha un difetto e cioè che ogni tanto il popolo deve votare ma in questa situazione il consenso non è garantito.
Anche i finti oppositori sono in crisi : Vendola, Di Pietro, Ferrero e la Lega hanno dimostrato uno scarso appeal elettorale. Le recenti elezioni amministrative sono state per gli uni e per gli altri un segnale preoccupante. Insomma “Grillo è alle porte” ma gli stessi grillini sono in fribillazione perché (qualora vincessero le elezioni ) non saprebbero che pesci prendere.
Resta inteso che qualsiasi governo succederà a quello di Monti farà le stesse cose, come del resto fanno tutti i governi europei, siano essi di centro, di destra o di “sinistra”, ma la crisi politico-istituzionale italiana non è minimamente risolta e questo non garantisce l’assoluta continuità alle politiche di macelleria sociale decise dalle istituzioni politico- finanziarie internazionali e dalla borghesia italica.
In conclusione: visto che in politica spesso si dice una cosa per ottenere esattamente l’opposto, le dichiarazioni di Monti sembrano fatte apposta per ottenere una nuova investitura alla presidenza del consiglio e questa volta con il viatico del voto popolare.

Non muove foglia che il padrone non voglia 
Intanto il popolo italiano, non il ”people” americano che comprende ricchi e poveri ma quello che vive del proprio lavoro senza sfruttare quello di altri, langue in un marasma d’incazzatura impotente.
E’ impressionante che al contrario di altri paesi dove crescono scioperi e rivolte popolari ( vedi Spagna e Grecia ) da noi non vi sia la minima ribellione contro il governo degli strozzini.
Impressionante ma non imprevedibile.
Intanto” l’unità nazionale” ha spazzato via i vari movimenti della cosidettà società civile che ogni tanto caratterizzavano l’opposizione a Berlusconi.
L’ormai defunto con poca gloria “popolo viola”, e i comitati per i beni comuni (referendum sull’acqua) hanno mostrato la loro natura piccolo borghese tutta interna alle logiche istituzionali di sistema.
I movimenti studenteschi egemonizzati dalle organizzazioni collaterali al PD hanno subito lo stesso destino. Quelli di ispirazione anarchica, oltre che sedati dalla repressione, si sono persi in campagne antifasciste e anti-autoritarie purtroppo estranee al sentire popolare.
Il nostro partito ( Il PCL) ha cercato ovunque possibile: nei movimenti e nelle manifestazioni sindacali, di promuovere un fronte ampio di mobilitazione radicale, ma senza incontrare mai una vera volontà unitaria da parte degli altri, più impegnati a coltivare i propri rispettivi orticelli che ha costruire una prospettiva di rivoluzione sociale. Ma è con il tradimento della FIOM, l’unica organizzazione di massa in grado di ostacolare la deriva reazionaria, che si è chiuso il canale principale per un’opposizione sociale al governo. Landini, dopo aver lanciato proclami antigovernativi nelle piazze per oltre un anno di manifestazioni frammentarie ed inconcludenti, ha offerto la testa del movimento operaio a Vendola ( al cui partito è iscritto) e ai vertici CGIL in nome dell’unità nazionale e di futuri riconoscimenti per lui e il suo apparato.
In un convegno del SEL egli ha dichiarato che: “ il sindacato non è un partito ma non è indifferente alla politica”. Così i “giochi” si sono conclusi proprio nel momento che era in corso l’approvazione dei tagli alle pensioni e dell’art.18. Un’operazione questa talmente schifosa da ricordare l’8 settembre del 1943.
Infatti alle FIOM territoriali, proprio quando sarebbe stata necessaria una strategia di lotta a livello nazionale, è stata lasciata ambiguamente la libertà di mobilitarsi o meno contro la riforma Fornero.
Non hanno nemmeno avuto il coraggio di prendersi le loro responsabilità questi vili burocrati, nascondendosi sotto la foglia di fico di un’improbabile referendum a futura memoria.
Davvero pazzesco!
La storia del movimento operaio è piena di tradimenti dei gruppi dirigenti ma questo dimostra anche l’arretratezza complessiva della coscienza politica della classe operaia incapace di opporsi in maniera compatta ai crimini perpetrati a suo danno.
Qualche tentativo di reazione tuttavia c’è stato. Per esempio, l’assemblea di 500 delegati CGIL, guidati da Cremaschi, (tenutasi a Roma qualche giorno prima dell’approvazione della riforma), che ha approvato un’ o.d.g.( il testo integrale si trova su questo blog ) i cui punti potrebbero essere alla base di un’opposizione sindacale e politica di dimensioni adeguate.
Ma è arrivata in ritardo e, senza una struttura organizzativa, non è riuscita a mobilitare i lavoratori.
Essa tuttavia rappresenta una via percorribile a condizione che, dopo l’estate, riesca a darsi un strategia complessiva che vada oltre i proclami e stabilisca rapporti concreti con una parte significativa dei lavoratori sindacalizzati.
Insomma siamo ancora in marcia nel deserto ma l’acqua non è ancora finita.

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