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Il Comune di Forlì a “braccetto” con i fasci


Il 13 febbraio 2011, non è una data che passerà alla Storia, tuttavia a Forlì si è
consumata l’ennesima provocazione bipartisan di stampo revisionista.
Il Comune di Forlì, ha organizzato un’iniziativa di commemorazione dal sapore ultra
nazionalista, in cui si spacciava per verità storica una mitologia anti-slava, rimuovendo il confronto pubblico e il dibattito.
Dopo una sbrodolata al limite dell’apologia al fascismo e del neo-irredentismo, del
consigliere Spada (PdL), l’assessore in quota PD, Gabriella Tronconi ha concluso parlando di un rinnovato interesse per quelle zone da parte della “nostra” economia.
Il tutto è avvenuto mentre ad una ventina di neofascisti veniva lasciata Piazza Saffi, con il benestare della giunta Balzani ( e difesi da una schiera di reparti mobili della polizia).Al contrario, al coordinamento antifascista, tra cui alcuni militanti del PCL (che si erano incontrati per intervenire al dibattito pubblico organizzato dal Comune), è stato vietato di passare per Piazza Saffi, e negato il diritto ad intervenire al dibattito organizzato dal Comune.
Il Comune di Forlì ha quindi fatto una chiara scelta politica, negando da una parte il confronto sul terreno della ricerca storica, e dall’altro avvallando una commemorazione dal sapore neofascista che nulla ha a che vedere con la ricerca storica.
Si è quindi consumata una liturgia commemorativa che ha un solo scopo: spianare la strada alla rinascita di sentimenti sciovinisti, al fine di giustificare le imprese del rinnovato imperialismo italiano.
Descrivere i popoli slavi come “infoibatori” e gli italiani come “brava gente”, come è stato fatto dall’iniziativa del Comune, ha un significato politico chiaro.
Non è un caso che i bombardamenti di Belgrado del ’99 voluti dai “centrosinistri”, ha
permesso alla Fiat e a Marchionne di delocalizzare in quelle terre, e la stessa Omsa di Nerino Grassi ha chiuso a Faenza per produrre a minor costo proprio in Serbia.
Non ci opponiamo quindi, semplicemente a qualche folkloristico nostalgico, che semmai
suscita la nostra derisione, ma ad un disegno politico del capitalismo italiano, che la giunta comunale di Forlì ha dimostrato di difendere.

Di più, lo stesso PD rappresenta oltre gli interessi della classe dominante la quinta
colonna della destra revisionista.
Liberati dal “pregiudizio” antifascista, i settori della destra reazionaria hanno infatti alimentato i loro consensi e trovato i cantori di queste posizioni in pseudo-storici. Il circo mediatico si è così sostituito alla riflessione storiografica e la fiction ha preso il posto del cinegiornale nella fabbricazione del consenso, mentre il dibattio e il confronto è stato sostituito dalla liturgia commemorativa.
Così i “liberal-democratici” dopo aver aperto già nel 1922 le porte alla canea
reazionaria, oggi più o meno consapevolmente stanno creando le premesse teoriche per una nuova barbarie.
Ma se ci opponiamo a questo patto d’oblio, che vorrebbe ridurre il passato al “chi ha
avuto, ha avuto, chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato”, voluto dal duopolio
borghese (Pd-Pdl), non è, per un ancestrale romanticismo resistenziale, ma perché siamo a conoscenza, come avrebbe detto Guido Picelli, che la brutta stonatura dura più del bel acuto. Per questo terremo alta l’allerta antifascista!

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