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È L’ORA DI UNA RIBELLIONE SOCIALE: DALLE SCUOLE ALLE FABBRICHE A TUTTA L’ITALIA!

A Forlì, il 30 ottobre 2010, ore 8.30
Manifestazione studentesca
promossa dal “Comitato”Autonomo Studentesco Forlivese”
“Uniti contro la crisi e contro la Gelmini”.
Il corteo partirà da viale Salinatore (raggruppamento di fronte all’Istituto Arte).

Il duo Gelmini-Tremonti sta assestando un altro duro colpo alla già disastrata istruzione pubblica: ai tagli indiscriminati della legge 133/08 (-8 mld di euro) si aggiunge la costrizione alla precarietà eterna o, peggio, alla disoccupazione per i 200mila precari che gravitano, a vario titolo, nel mondo degli istituti scolastici. Anche gli insegnanti di ruolo sono tartassati, visto che i loro scatti stipendiali saranno bloccati per un triennio, con la conseguenza che ogni singolo lavoratore perderà circa 3000 euro. Ciliegina sulla torta, l’aumento dell’età pensionabile, per le donne, a 65 anni!

D’altro canto, la mannaia sulla scuola pubblica è in azione da diverso tempo, precisamente da almeno un quindicennio. Fu proprio il centro-sinistra, col suo alfiere Berlinguer, ad effettuare il primo, doloroso sfondamento: da allora la regola è stata il taglio di cattedre, di finanziamenti per le supplenze, l’aziendalizzazione progressiva dell’istruzione, la precarizzazione dei lavoratori del settore e, immancabilmente, la crescita dei fondi stanziati per le scuole private (spesso confessionali) col pretesto ufficiale di favorire la parità scolastica e quello ufficioso di assecondare le esigenze padronali e i diktat dell’UE che impongono il calo della spesa pubblica. Va parimenti detto che la CGIL appare inadatta, ora come ieri, a raccogliere il diffuso malcontento che serpeggia tra i banchi: non solo perchè non si oppose in alcun modo quando c’era il cosiddetto “governo amico” (che “amico” fu nei confronti esclusivi del padronato) ma anche perchè, per rispondere all’attacco radicale della Gelmini, la CGIL se l’è cavata con l’indizione (udite udite) di scioperi di un’ora (sic!) spalmati nell’arco di 3 mesi…

L’esempio da seguire ce lo indicano invece i lavoratori e gli studenti del Sudafrica: in questo paese, recentemente sono stati ottenuti forti aumenti salariali e la sconfitta dei tagli governativi grazie a 2 settimane di sciopero a oltranza, partito proprio dalle scuole, poi estesosi ad altri settori pubblici e privati. O, se preferiamo guardare più vicino, pensiamo alla Francia, attraversata nel 2006 da imponenti lotte di lavoratori e studenti, con scioperi continuativi e occupazioni di licei e università. Anche qui l’epilogo, dopo quasi un mese di mobilitazioni, fu vittorioso: il governo dovette ritirare il contestato CPE che precarizzava la vita lavorativa dei giovani.

È quindi necessario reagire con la stessa radicalità, uguale e contraria, a quella espressa da padroni e governo: finisca il tempo degli scioperi rituali e inconcludenti, cominci quello della lotta dura!

Senz’altro la forma più democratica ed efficace per permettere l’espressione delle lotte, il libero confronto tra interessi e progetti diversi (in modo autonomo dalle stanche e logore logiche di concertazione avanzate dai sindacati tradizionali), è il coordinamento nazionale e unitario di delegati eletti dalla base con mandato “imperativo” rispetto a specifiche piattaforme presentate a tutto il movimento, delegati che siano permanentemente revocabili e sostituibili.

Dobbiamo assolutamente rivendicare la difesa incondizionata della scuola pubblica, del tempo pieno, un massiccio piano di assunzioni, investimenti e aggiornamento del personale, per migliorare le condizioni lavorative e di sicurezza nelle scuole. Se ci dicono che “non ci sono i soldi”, ribattiamo che i soldi li tirino fuori i padroni e le banche che questa crisi hanno generato o che si prendano abbattendo le spese militari o quelle per mantenere l’anacronistico e inutile insegnamento della religione cattolica (1 mld di euro all’anno sperperato per stipendiare preti o “semi-preti”, per giunta nominati dal Vaticano per tenere lezioni nella “laica” scuola italiana col crocifisso alle pareti!)

Né il governo né la Corte Costituzionale consentirà tutto ciò, dovremo prendercelo con la lotta di classe!

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