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Dalla Innse di Milano un altro insegnamento. La fabbrica in crisi non si chiude, si espropria e si difende!

Milano, 27 feb. (Apcom) – “Questa mattina, il figlio di Silvano Genta, proprietario della Innse, approfittando del cambio turno delle guardie giurate, si è introdotto di nascosto in fabbrica e ha cercato di manomettere le macchine”. E’ quanto denuncia la Fiom di Milano e nazionale, spiegando che “i lavoratori, resisi conto dell’accaduto, hanno cercato di entrare in fabbrica ed è stato solo dopo una lunga e tesa trattativa con le forze di polizia (per la prima volta schierate dentro il perimetro dell’impresa) che i rappresentanti dei lavoratori e della Fiom hanno potuto entrare in azienda per verificare lo stato dei macchinari e hanno strappato l’impegno a rientrare in fabbrica lunedì mattina per mettere in funzione tutti gli impianti e stabilire che nulla sia stato danneggiato”.
Sottolineando la gravità del episodio, la Federazione dei metallurgici ricorda che “mercoledì scorso, 25 febbraio, in Regione Lombardia, il tavolo convocato per discutere del futuro della Innse di via Rubattino si è concluso con la decisione di mantenere ‘ferme le bocce’ per consentire il realizzarsi delle condizioni per la ripresa produttiva della fabbrica”. “‘Bocce ferme’ – continua la Fiom – significa nessuna mossa da parte di nessuno che possa pregiudicare la soluzione positiva della vicenda e il ritorno al lavoro dei 49 operai.
La Fiom dichiara che il gesto compiuto questa mattina, “la dice lunga sulla considerazione che Genta ha dei lavoratori, del sindacato, delle istituzioni (Provincia di Milano e Regione Lombardia, anzitutto), della questura, di tutti i soggetti che due giorni fa hanno concordato una linea di condotta”, e infine la segreteria nazionale e milanese chiede “a questo punto garanzie effettive a tutela di una trattativa complicata e di quelle macchine che sono condizione essenziale per la ripresa dell’attività”.
La tormentata vicenda della Innse si trascina da circa otto mesi, da quando alla fine del maggio scorso l’imprenditore Silvano Genta comunicò ai dipendenti con un telegramma di aver avviato la procedura di mobilità. Da allora la fabbrica è stata autogestita dagli operai che hanno continuato a produrre, poi nel settembre scorso è stata messa sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, infine dissequestrata e da allora vigilata giorno e notte, da un manipolo di operai che, a turno, si dà il cambio di fronte all’ingresso. Il 10 febbraio scorso l’intervento delle forze dell’ordine che intendevano permettere l’ingresso nell’azienda di alcuni mezzi, aveva innescato la protesta di un gruppo di manifestanti, con brevi scontri e qualche contuso.

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