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Frati, il trotzkista del check-in che blocca mezza Italia

Fabio Frati
Fabio Frati

ROMA — Lì sulle barricate di Alitalia si è affacciato un nuovo leader. Le poltroncine bianche di Porta a porta ci avevano fatto conoscere Fabio Berti, il pilota dalla mascella volitiva, l’ex parà che piace alle donne e ad Alleanza nazionale. Quel volto che si intravede adesso tra i fumi di un assemblea e gli scoppi di uno sciopero selvaggio è di un altro Fabio, Fabio Frati. C’è lui dietro lo stop immediato dell’altra sera che ha bloccato mezza Italia con la valigia in mano.
Addetto al check-in, maratoneta dilettante,
simpatizzante di Rifondazione anche se adesso si sta spostando ancora più a sinistra, vicino ai trotzkisti. Ecco, dall’ex parà di An al maratoneta trotzkista: uno di quei corsi e ricorsi che avrebbero fatto posare la penna sul tavolo e sorridere Giambattista Vico. Sempre la stessa Storia, anche con la esse maiuscola. Nasce un movimento di protesta, la piazza fa sentire la sua voce. Ma se i risultati non arrivano la medesima protesta si fa sempre più dura. Ricorso storico e percorso logico. La Rivoluzione francese era partita con l’assemblea nella sala della pallacorda per approdare alla ghigliottina. La Rivoluzione americana era cominciata con la protesta contro il bollo per poi procedere con le cannonate. «Le cannonate no — dice Frati — ma moriremo in piedi. Non ci possono chiedere di schiattare in silenzio senza sporcare per terra».
Toni da barricata perché bisogna prendere la Bastiglia? «E come dovrei parlare? Tra 20 giorni resteranno a casa in 10 mila». L’altro Fabio, l’ex parà che tifa An, rischia di veder oscurato il suo astro nascente. Non ha appoggiato lo sciopero selvaggio di lunedì sera ma quella scelta, fa sapere, non è dovuta ad ordini politici. Sembra quasi rassegnato ad accettare il passaggio delle consegne. «Troverai sempre uno più puro che ti epura » diceva Pietro Nenni ai giovani socialisti durante un convegno del Psi. Ci risiamo? «Non si tratta di essere duri e puri — risponde Frati — ma solo di fare il sindacato. E qui c’è chi ha detto che avrebbe firmato a prescindere ».
Dal Fabio di An al Fabio trotzkista.
Ma a raccontare lo slittamento a sinistra della protesta è la stessa storia personale del nuovo leader. Romano, 54 anni, sposato con due figli, Frati ha cominciato a fare sindacato con la Cgil. Poi è stato tra i fondatori del Sulta, sigla più a sinistra della Cgil. Da lì venne cacciato nel 2004, e di quell’espulsione è ancora orgoglioso: il sindacato aveva appena firmato un accordo per 2.490 esuberi. «Traditori» aveva urlato lui. Dopo il Sulta si è spostato ancora più a sinistra con il Cub, dove adesso occupa la poltrona di coordinatore nazionale. Ma, anche senza cambiare sigla, a sinistra ha continuato a guardare. «Alle ultime elezioni — racconta — ho votato Sinistra arcobaleno, Bertinotti presidente». Ma adesso forse non farebbe la stessa scelta. A settembre era di passaggio a Fiumicino Paolo Ferrero. Il nuovo segretario di Rifondazione aveva bocciato come «ideologica» la nazionalizzazione proposta dal Cub per risolvere i guai di Alitalia.
Da lì sono cominciati i contatti
con Marco Ferrando. Sì, proprio lui, il trotzkista che due anni fa Bertinotti cancellò all’ultimo momento dalle candidature di Rifondazione per la sua linea troppo a sinistra. Ferrando, con il suo Partito comunista dei lavoratori, è stato invitato più volte a parlare alle assemblee di Fiumicino. Lui lo slittamento a sinistra della protesta lo teorizza con una certa soddisfazione: «È inevitabile e con il moltiplicarsi delle crisi aziendali non riguarderà solo Alitalia ». Così, dopo Cgil e dopo Rifondazione, Frati e la sua protesta si fanno trotzkisti. «Non sono io che mi sposto a sinistra — chiosa Frati — ma tutti gli altri che vanno a destra. Guarda quelli di “Famiglia cristiana”: erano tutti preti e adesso, a forza di criticare Berlusconi, so’ diventati communisti pure loro».
Lorenzo Salvia
12 novembre 2008 (CORSERA)

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