CHI SIAMO, COSA VOGLIAMO

Costruiamo insieme il Partito Comunista dei Lavoratori

Siamo un partito che si batte contro il capitalismo dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori.

Ci battiamo per un ordine nuovo della società in cui a governare non sia la piccola minoranza di capitalisti, grandi azionisti, banchieri, ma la maggioranza della società stessa, a partire da chi produce la ricchezza. È l’ordine che chiamiamo socialismo. Solo una rivoluzione sociale può realizzare questo ordine nuovo. Portare la coscienza di questa necessità è la ragione del nostro partito, del suo impegno quotidiano, della sua azione controcorrente tra le lavoratrici e i lavoratori, la gioventù, le donne, e tutti i settori oppressi della società.

Il capitalismo ha condotto il mondo a un punto morto. Tutte le sue bugie sono state smentite.

Trent’anni fa, dopo la restaurazione capitalistica in URSS (per mano di una casta di burocrati stalinisti trasformatisi in azionisti), i circoli dominanti del capitale finanziario annunciarono ovunque una nuova era di prosperità, di benessere, di pace. È avvenuto l’opposto. Da trent’anni i diritti sociali vengono smantellati uno dopo l’altro, l’ambiente è oggetto di un saccheggio planetario senza precedenti, tornano le guerre per la spartizione del mondo tra vecchie e nuove potenze imperialiste. La risultante è un imbarbarimento progressivo della condizione umana, sino alla minaccia di una terza guerra mondiale. Il raddoppio dei bilanci militari di tutti i paesi imperialisti è di fatto una corsa verso la guerra. Gli USA e la NATO da un lato, la Russia e la Cina dall’altro, trainano questa folle corsa.

Chi parla di “riformare il capitalismo” in senso sociale, ecologico, pacifico, nutre di illusioni gli sfruttati. Lo spazio riformista del dopoguerra, consentito dal boom economico e dalla presenza dell’URSS, è finito da tempo e per sempre. Da più di trent’anni tutti i governi capitalisti, quale che sia il loro colore politico, amministrano le controriforme. Lo fanno naturalmente i governi di destra, ma lo fanno anche i governi cosiddetti “progressisti” o “di sinistra”. Spesso sono stati proprio i governi di centrosinistra a realizzare le peggiori politiche di destra. Col risultato di spianare la strada ogni volta alle destre peggiori.

Le esigenze più elementari della maggioranza della società (esigenze sociali, ambientali, di genere, di pace) cozzano con la dittatura del profitto, e con tutti i governi che la amministrano.

Cancellare la precarizzazione del lavoro, ripartire fra tutti il lavoro esistente con la riduzione a 30/32 ore a parità di paga, aumentare i salari in picchiata e proteggerli dalla corsa dei prezzi con una nuova scala mobile, tassare i grandi profitti e i grandi patrimoni, significa scontrarsi con quelle leggi della concorrenza globale che ovunque schiacciano le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Ridurre l’età pensionabile, raddoppiare l’investimento nella sanità, nella scuola, nell’università, è incompatibile coi costi abnormi del debito pubblico, che in Italia ogni anno versa nel portafoglio delle banche non meno di 70 miliardi di soli interessi. Pagati proprio col taglio di sanità, istruzione, pensioni. Pianificare una vera transizione ecologica, la bonifica dei territori, persino la semplice salvaguardia dell’acqua pubblica, cozza con gli interessi di un capitale finanziario che controlla i grandi colossi dell’energia. Prova ne sia che la catastrofe ecologica avanza, nonostante quarant’anni di convegni e promesse. Le stesse battaglie per i diritti elementari delle donne e delle soggettività LGBTQIA+ si confrontano quotidianamente con quella potenza reazionaria del Vaticano che è parte organica del capitalismo, con i suoi pacchetti azionari, proprietà immobiliari, privilegi fiscali. Tanto più in Italia.

Insomma, senza chiamare in causa la struttura capitalistica della società non si può venire a capo di nulla.

La sinistra italiana, prima col PCI, poi con Rifondazione, ha rimosso questa prospettiva per candidarsi a governare il capitalismo. Il risultato è stato la sua compromissione nelle politiche dominanti.

Il compromesso storico tra DC e PCI alla metà degli anni ‘70 aprì il lungo ciclo dell’austerità e dei sacrifici operai. Il compromesso di governo tra Rifondazione e Prodi negli anni ‘90 e 2000 passò per il voto al lavoro interinale, alle privatizzazioni, alla detassazione dei profitti, alle missioni militari, alle politiche contro i migranti, etc. In entrambi i casi la classe lavoratrice e lo stesso popolo della sinistra sono stati traditi in cambio di ruoli istituzionali. La burocrazia sindacale ha fatto il resto. Milioni di lavoratrici e di lavoratori sono stati regalati alle destre o alla passività. Se Meloni oggi governa l’Italia lo dobbiamo anche a questo.

Non è avvenuto solo in Italia. Ovunque negli ultimi decenni le sinistre riformiste cosiddette “radicali” quando sono andate al governo o hanno appoggiato governi cosiddetti “progressisti” o “di sinistra” hanno seguito una politica antioperaia e antipopolare di sacrifici, austerità e militarismo. In Francia come in Svezia, in Danimarca come in Portogallo. L’esempio più eclatante è stato, in anni recenti, quello del governo Tsipras in Grecia, che tante speranze aveva suscitato nel proletariato greco e nelle sinistre europee e che invece ha gestito la politica di “lacrime e sangue” imposta al popolo greco dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Ma è vero che in Italia il sommarsi della deriva del PCI, col successivo suicidio del PRC, ha prodotto uno smottamento particolarmente profondo, un vuoto straordinario e prolungato nella rappresentanza politica di milioni di salariati.

Questo vuoto va colmato. Innanzitutto, attraverso un vasto fronte unico di azione di tutte le organizzazioni del movimento operaio attorno ad una piattaforma d’azione unificante, che porti anche in Italia il vento di lotta che soffia in altri paesi del mondo e della stessa Europa. Ma anche attraverso un partito indipendente della classe lavoratrice che milioni di salariati possano finalmente sentire come proprio. Un partito contrapposto a tutti i partiti padronali, impegnato a ricondurre gli obiettivi immediati della lotta alla prospettiva di un governo delle lavoratrici e dei lavoratori, quale vera alternativa possibile.

È vero, la coscienza politica delle grandi masse è lontana dal comprendere questa necessità. Ma al tempo stesso tutte le loro esigenze pongono il tema di una alternativa socialista come unica reale soluzione. Si tratta allora di far leva su queste esigenze per sviluppare la coscienza politica della massa. Ciò che richiede l’azione organizzata di un partito di avanguardia, che riconduca ogni terreno di lotta a questo fine anticapitalista. Un partito che in ogni vertenza, in ogni sindacato classista, in ogni movimento degli oppressi, tracci un ponte tra le rivendicazioni immediate e la prospettiva socialista. Un partito guidato dalla bussola di questo progetto generale.

Il PCL è impegnato quotidianamente nel costruire questo partito. In Italia e sul piano internazionale.

La costruzione di un partito rivoluzionario non può prescindere dalla memoria storica. Dal recupero delle radici. Il programma del governo delle lavoratrici e dei lavoratori è il programma della Rivoluzione russa del 1917 diretta da Lenin e Trotsky, dell’Internazionale Comunista delle origini, del Partito Comunista d’Italia del 1921. È il programma che Stalin e lo stalinismo hanno tradito, non solo nell’URSS attraverso l’annientamento fisico della maggioranza dei quadri del partito bolscevico, e la costruzione di un regime burocratico, che nel lungo tempo ha portato alla restaurazione del capitalismo, ma anche sul piano internazionale, cambiando lo stesso DNA del movimento comunista. Il veleno del governismo, l’ambizione a governare il capitalismo, che infesta da novant’anni la sinistra mondiale, è un portato storico della tradizione stalinista oltre che della socialdemocrazia. È invece il programma di Lenin quello che oggi la nuova grande crisi dell’umanità ripropone in tutta la sua attualità. Un programma che certo va costantemente sviluppato e aggiornato, ma sulle sue proprie basi, senza rinnegamenti e abiure.

Attorno a questo programma di rivoluzione vogliamo unire tutte le lavoratrici e i lavoratori, le giovani e i giovani e tutte e tutti coloro che lo condividono, indipendentemente dalle loro diverse esperienze, entro una organizzazione comune, unita nell’azione esterna e libera nella discussione interna. Per costruire insieme il Partito Comunista dei Lavoratori e una Internazionale rivoluzionaria rifondata.

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