La crocetta non basta, ci vuole di più

di Falaghiste

E così si vota, o meglio gli italiani certificheranno l’esistente; cioè chiunque dei grossi andrà al Governo, da solo o in coalizione, più probabilmente in coalizione, continuerà a fare quello che hanno fatto i governi precedenti: macelleria sociale. Perché questo è ciò che vuole l’industria quattro punto zero, che non si capisce cosa sia esattamente, ma che sicuramente è uno dei tanti sostantivi truffaldini per indicare il fatto che i lavoratori dipendenti e quelli che caracollano fra disoccupazione e preoccupazione, dovranno stringere ancora le chiappe, per evitare intrusioni alquanto dolorose.

Il bello, o meglio il brutto e se vogliamo paradossale, sarà che il nuovo Governo governerà con i voti della massa dei succitati proletari, incazzati, sconvolti e piuttosto imbranati, politicamente si intende. Ma questo non deve stupire, perché la democrazia borghese è nata e concepita per questo; illudere le masse di poter scegliere chi li governa, mentre in realtà possono scegliere soltanto fra simili o uguali, fra i partiti al servizio di questa o di quella corrente della borghesia, sulla base di una propaganda di luoghi comuni, la cui soluzione è una soltanto: continuare a spostare risorse dai lavoratori alle imprese.

Non credo che questa tendenza potrà invertirsi, a meno che non sorga una qualche resistenza di massa, che al momento non dà segni di esistenza. Serve anzi una resistenza, una contro-reazione di massa chiaramente anticapitalista, che prefiguri una visione di una società altrimenti organizzata, nei rapporti sociali, economici e di produzione delle merci, o meglio per produrre i beni che servono veramente e che siano compatibili con la salute ambientale.

Per il PCL, questa partecipazione, insieme a SCR, alle elezioni politiche è stato un obbiettivo raggiunto che non era assolutamente scontato. Andare contro corrente, contro il boicottaggio nei nostri confronti, contro il muro di gomma, eretto scientemente dalla totalità dei mass-media, è stato estremamente faticoso per il corpo e la mente, sebbene ampiamente previsto. Ma noi sappiamo e lo sanno anche gli storici seri, quei pochi non asserviti alla fine della storia, che sono sempre le minoranze ad avviare i processi di grande trasformazione sociale in senso progressivo.

Senza i Bolscevichi, pochi anni prima dell’ottobre 1917 estrema minoranza sociale e politica in Russia, non ci sarebbe stata la rivoluzione, come non ci sarebbe stata in Francia senza i giacobini.

E senza la rivoluzione d’Ottobre, nel dopoguerra e nonostante la vittoria contro il fascismo, non ci sarebbe stato il movimento operaio e lo statuto dei lavoratori. Senza la rivoluzione francese la scienza avrebbe continuato ad essere tacciata di eresia; come ora la possibilità di una rivoluzione socialista viene, bene cha vada, considerata utopica.  È utopia abolire il debito pubblico agli strozzini delle banche? Basta fare una legge. È utopia nazionalizzare le aziende che dopo essere state ampiamente foraggiate dallo Stato con le tasse dei lavoratori, licenziano per delocalizzare le produzioni? No, basta fare una legge!

È utopia una società liberata dallo sfruttamento dove la collaborazione sociale è libera e  lo scambio dei beni avviene alla pari, fra il prendere e il dare, senza generare una  inutile ricchezza per alcuni e un inferno per altri?

No, è una questione di quale classe sociale comanda, se i borghesi o la massa dei proletari, se governano quei pochi che comprano la forza lavoro o i tanti che non hanno altro da vendere che il proprio lavoro, cioè la propria energia muscolare e intellettuale, senza poter decidere nulla di quello che fanno.

Alla fine, è molto semplice; è una questione di potere.

Ma anche se tutto ciò fosse utopia, cioè impossibile da realizzarsi, mai nella storia è avvenuto il progresso senza l’idea, forte e trascinante, che sia necessario cambiare il mondo fin dalle radici. Il progresso è il prodotto di una rivoluzione permanente e non altro; e le rivoluzioni accadono all’improvviso, inaspettate, nelle fasi di transizione fra un’epoca e l’altra.  E in questa fase ci siamo, la borghesia sta diventando, come la nobiltà ai suoi tempi, una classe sociale parassita e ignorante che non ha più nulla da dare al resto dell’umanità. E questo lo si vede nella qualità della classe politica che la rappresenta: stupida, ignorante, arrogante e fanfarona e senza un barlume di idee e buon senso; e quando una classe dominate entra in crisi significa che ha fatto il suo tempo, che un altro mondo è alle porte.

Ma quale mondo? Il caos della guerra di tutti contro tutti, sotto il dominio di una minoranza barricata nei propri dorati castelli, e protetta da un esercitò di giannizzeri tecnologici; o un mondo che riprende il filo interrotto della storia come evoluzione dell’intera umanità?

Questo è il bivio, negli anni a venire; ma se da una parte vi sono le condizioni per la rivoluzione dall’altra vi è una passività sociale che la impedisce; e queste elezioni hanno certificato questa tendenza alla barbarie.

Ma ancora non tutto è perduto, mai tutto è perduto; sempre che i rivoluzionari (le persone evolute) resistano, che non si facciano travolgere dallo sconforto, perché il peggiore nemico del progresso è l’idea dominante che non sia realizzabile.

Insomma, i peggiori ostacoli alla rivoluzione non sono nella realtà apparentemente immutabile, che è solo un sintomo e non la sostanza dell’esistente, ma appunto nel credere che lo sia.

In sostanza votare per SR era importante, ma lo è ancora di più abbandonare l’illusione che mettere una crocetta su un pezzo di carta sia risolutivo; e porsi la domanda: io che faccio? Quanto posso rischiare di perdere, delle mie sicurezze aleatorie, in cambio delle possibilità della rivoluzione sociale?

Noi aspiriamo a un altro tipo di democrazia, una democrazia in cui il voto significhi eleggere il dirigente della propria azienda, il direttore della scuola o il direttore sanitario dell’ospedale; e perché no, il presidente del club sportivo per il quale si fa il tifo. In maniera tale che tutti, anche i più ingenui, abbiano la possibilità di capire e di scegliere.

In questa campagna elettorale abbiamo incontrato diversi compagni che ci hanno sostenuto e aiutato, non dico tanti perché mentirei, ma sicuramente di grande umanità e spessore; se continuassero a darci una mano anche in futuro e non soltanto in occasione delle elezioni, è garantito che si aprirebbe un quadro diverso e opposto da quello esistente.

Per noi le elezioni significano questo, l’occasione di riunire i tanti compagni sparsi e nascosti nelle pieghe della società virtuale e ritrovarsi in tanti, marciando stringendosi per mano. E se ciò accadesse non ce ne sarà per nessuno.

Non chiediamo una militanza totalizzante ma un po’ di tempo a disposizione. Un tempo, ne sono sicuro, che chiunque può ritagliarsi sottraendolo ad attività   che spesso sono un riempitivo poco appagante… Per poi dopo andare a lavorare per fare cose che decidono altri.

Progettare la rivoluzione è migliorare se stessi, imparare, allenare la mente, scacciare la solitudine e infrangere la cupola di vetro che tutti noi avvolge.

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2 risposte

  1. marylandsup ha detto:

    pensar che con una semplice crocetta si risolvan tutti i problemi e dopo poche ore si possa tornar al comodo quieto vivere è tipico dell’italiano…. mezzo milione di voti tra camera e senato non son per nulla pochi. nonostante l’italia sia ormai un paese di pensionati da tv e benpensanti da salotti è giusto continuar a vivere, cotruire e lottare nel quotidiano come fatto fino ad oggi per consolidare le basi ed influenzare i giovani liberi e sani. piedi per terra, cuore sicuro ed avanti

  2. Tosia ha detto:

    Ok!! Grazie per la precisione! 😉

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