MARALDI: SCELTE E TEMPISMO

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La storia insegna ma non ha scolari diceva Gramsci. Eppure di lezioni il nostro territorio è pieno. CISA, OMSA, ALPI, CROCI sono solo alcune delle realtà di lavoro in cui il copione si ripete sempre uguale. Il padrone minaccia la chiusura, i lavoratori lottano (con più o meno decisione), arriva il burocrate sindacale che da una parte tranquillizza i lavoratori, in alcuni casi li dissuade persino dal lottare, e dall’altra si accorda in nefasti tavoli istituzionali con la proprietà, che riceve una pioggia di soldi pubblici sotto forma di ammortizzatori sociali e incentivi. E i lavoratori? A casa. E la produzione? Finita o in esaurimento.

La situazione alla Maraldi è ancora peggiore. La crisi non si può evitare, la proprietà parla di investitori fantasma e le burocrazie sindacali le reggono il gioco. Ma la chiusura si delinea chiara all’orizzonte.

A differenza di altre realtà, esaurite le commesse, i lavoratori forse riusciranno a vedere gli stipendi arretrati, sempre che non superino i tre mesi, dopo i quali non sono più coperti dal Fondo di Garanzia.

Cosa devono fare quindi i lavoratori Maraldi? Devono fare una scelta. Da una parte hanno la certezza della chiusura e quindi della disoccupazione, e forse di qualche spicciolo che gli è dovuto.

Dall’altra hanno la possibilità di fare ancora leva sul potere contrattuale che è rimasto loro in questa vertenza.

Occupare in primo luogo, non lasciare uscire le macchine. Oppure cominciare a non lasciare uscire il lavoro ultimato, così necessario all’azienda per completare le commesse, così come è assolutamente necessario bloccare la trasferta in assenza di soluzioni concrete della vertenza.

In questo braccio di ferro occorre sfruttare a pieno la forza che si ha disposizione. Solo se la proprietà ha paura di perdere soldi sarà incline a concedere qualcosa.

Quando le commesse saranno finite, quando smantelleranno le macchine (e ci vuole meno tempo di ciò che si crede), sarà troppo tardi per riavviare la produzione e sperare di avere ancora un lavoro. Il potere dei lavoratori sarà ridotto a zero e saranno numeri da buttare in mezzo a una strada, come tristemente insegnano le altre vertenze.

Solo con una lotta unitaria e decisa si può ottenere il massimo possibile: di sicuro ottenere una buona uscita molto più alta di quella che la proprietà è disposta a sborsare e, nella migliore delle ipotesi, il salvataggio dell’azienda e di tutti i posti di lavoro.

PER UN’AUTO-ORGANIZZAZIONE DI UN COMITATO UNITARIO DI LOTTA

BLOCCARE LA PRODUZIONE, LE TRASFERTE E IL LAVORO IN USCITA!

OCCUPARE LA FABBRICA!

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