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Dopo 100 anni la nostra tregua di Natale

Di Opard Leo
In queste notti di 100 anni fa, soldati di diverse nazionalità interruppero le ostilità autonomamente, in barba agli ordini dei loro superiori, per concedersi una “pausa” passata alla storia come “la tregua di Natale” . Non fu una tregua in cui degli uomini (più dei ragazzi vista la giovane età) si scambiarono solo gesti di mera umanità, ma passarono ore di vita semplice, più simili a quelle che trascorrevano a casa con le loro famiglie: forse i brividi di freddo e l’ansia dell’attesa erano gli stessi dell’anno precedente quando la loro mente era lontana dal fango della trincea.

Erano anni quelli in cui soffiava forte il vento: avere un ideale aveva una connotazione anche di classe. L’Italia l’anno dopo entrò in guerra. Purtroppo tanti erano i “patridioti”; tanti i ragazzi ingannati dalla loro stessa nazione, molti quelli che furono strappati dai loro campi della pianura padana come dai pascoli della Sardegna, che non avevano in mente né la gloria della nazione né una particolare coscienza politica. Avevano chiaro però chi era il padrone, chi era il Re, cosa fosse il proletariato. Anni dopo in Russia capirono che i loro fucili erano da rivolgere alle spalle delle loro trincee, perché era quello il nemico da sconfiggere (il potere borghese dei padroni).

Oggi questo verrebbe additato come “disfattismo”, questi uomini e donne sarebbero etichettati come quelli “che vogliono camminare sulle macerie”. Ma tanti di noi desiderano fortemente calpestare le macerie di questa società marcescente.

Oggi come allora però, la risposta del potere borghese è sempre violenta verso gli sfruttati. Quel gesto di fratellanza proletaria, tra uomini di “diversa” trincea di provenienza, era il segno del fatto che la disumanizzazione dello straniero era il risultato della propaganda dello stato borghese, più che della realtà. Alla tregua di Natale seguirono le fucilazioni o quei corpi furono semplicemente restituiti alla terra pochi giorni dopo, grazie a un nuovo attacco imposto dagli alti comandi i cui nomi deturpano le vie e le piazze di alcune nostre città.

Tutt’oggi il senso anti-patriottico o anti-nazionale è stigmatizzato da tutta la politica borghese (da sinistra a destra senza distinzioni). La bandiera nazionale cementifica i confini, indica un limite oltre il quale tutto è disumano: identico confine della diversità era l’ insanguinato filo spinato che delimitava la terra di nessuno tra le due trincee. Ma lì si accatastavano i corpi dei ragazzi mandati a morire. Lì si sparpagliavano i brandelli di una vita non vissuta. Lì si stratificavano i sogni dei giovani, le loro idee, i loro progetti.

Ancora oggi diversi generali gestiscono il potere: quello stesso potere che non vuole cedere il passo. Le false moderne “tregue di Natale” e la solita propaganda fanno sì che la bandiera nazionale diventi, incredibilmente, un elemento di unione. Incredibilmente l’idea di nazione a 100 anni di distanza, la stessa idea di nazione che divise e uccise, viene sbandierata come caposaldo della ripresa, di una nuova umanità, di un non so quale orgoglio.

Pertanto in questa nuova tregua di Natale del 2014 non potremo di certo abbracciare i corpi dei fratelli mandati a morire, ma recupereremo la loro causa che ci porterà indiscutibilmente a bruciare il tricolore e con esso tutte le altre bandiere nazionali, a combattere ancora il potere dei padroni e dei loro servi.

“Posso vedere la verde striscia di erba oltre la finestra ed il cielo limpido azzurro oltre il muro, e la luce del sole dappertutto. La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla di ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore” . (L.T.)

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