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Facciamo il punto sul XVII Congresso CGIL

Il caso sindacale italiano degli anni ’70 del secolo scorso si sta rovesciando oggi nel suo opposto.  Quello che è stato a lungo considerato uno dei più forti e innovativi movimenti sindacali dell’occidente sta diventando uno dei più burocratizzati e ininfluenti. Le generalizzazioni sulla crisi della rappresentanza sindacale nell’epoca della globalizzazione non ci portano da nessuna parte. È ovvio che la ritirata è generale, ma quella italiana è tanto più rilevante in quanto parte da una avanzata superiore a tante altre. E questo oggi diventa sentire comune: la caduta di consenso verso le grandi organizzazioni confederali è poco distante da quella verso la rappresentanza politica. E in essa si sommano sia la perdita di fiducia del mondo del lavoro organizzato, sia l’estraneità al sindacato dei milioni di precari, sia un sentimento antisindacale reazionario che di fronte alla crisi esplode.
La contestazione al sindacato perché troppo rigido e quella perché non fa nulla finiscono così per diventare un sentimento  diffuso, sul quale giocano tutti gli schieramenti politici per conquistare facile consenso. Mai i gruppi dirigenti di CGIL CISL UIL hanno subito tanta caduta di stima e prestigio, al di fuori di quella struttura di apparato ed attivisti tanto vasta quanto chiusa verso l’esterno.
Ripeto questa è una particolarità Italiana della crisi sindacale, come lo è il fatto che il nostro paese è in Europa quello con la massima devastazione nel campo della sinistra radicale ed anticapitalista. Magari tra i due fatti c’è qualche rapporto.
La crisi sindacale italiana è prima di tutto la crisi della CGIL. CISL e UIL  nella crisi son tornate alle loro identità originarie, moderatismo, aziendalismo, a volte la CISL solidarismo. Non credo che siano davvero così diverse da come erano negli anni 50 del secolo scorso.
La CGIL invece è in una terra di nessuno, non ha certo recuperato antiche identità, anzi le rifiuta, e non ne ha di nuove. Come una volta ammise Susanna Camusso, è proprio questa l’organizzazione oggi più confusa ed incerta sulle sue basi culturali.
Quindi la crisi attuale del sindacato italiano è prima di tutto quella della CGIL, della sua cultura , delle sue pratiche, dei suoi gruppi dirigenti.
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Le bugie hanno le gambe corte e… pure scoperte!

Durante tutta la fase congressuale non è stato mai possibile per i rappresentanti del documento “ll sindacato è un’altra cosa”, eletti nella Commissione nazionale di garanzia, visionare i dati riepilogativi degli andamenti congressuali che sono stati raccolti nel sistema informatico centrale della CGIL. Nonostante ciò, è sulla base di quei dati che sono stati certificati, con atto unilaterale del Presidente la CNG, prima i congressi nazionali delle 12 categorie e poi, ora, le platee del Congresso confederale.
A causa di questa gravissima lesione del ruolo dei rappresentanti della minoranza nella commissione, i nostri due compagni si sono prima autosospesi in segno di protesta e successivamente hanno più volte formalmente richiesto di visionare i dati senza, tuttavia, che sia mai stato riconosciuto loro l’esercizio questo imprescindibile diritto.
Quindi, questo congresso si svolge sulla base di dati che noi non abbiamo mai potuto verificare e che sono stati autoritariamente imposti, senza alcuna possibilità di controllo. 

Documento Conclusivo – Primo firmatario Giorgio Cremaschi

Il fiscal compact e le politiche d’austerità di BCE e Unione Europea stanno condannando alla miseria decine di milioni di lavoratrici e lavoratori e larghe fasce sociali, tagliando salari e pensioni, diritti e occupazione, servizi e stato sociale. Occorre lottare contro questa Unione Europea, contro i suoi trattati eretti a difesa dell’interesse di banche, finanza e speculatori. Senza questa rottura non si potrà affermare la necessaria unità e solidarietà di classe delle lavoratrici e dei lavoratori d’Europa e non si potrà uscire dalla crisi. Il congresso nazionale della Cgil promuove una mobilitazione straordinaria del mondo del lavoro a livello europeo per la rottura delle politiche d’austerità. Bisogna dare sostegno e prospettiva alle tante lotte in Europa in difesa di salari e diritti, contro le delocalizzazioni e i licenziamenti, a partire dall’adesione alla prossima manifestazione del 17 maggio contro le privatizzazioni e in difesa dei beni comuni e alle mobilitazioni relative al contro-semestre di Presidenza italiana della Ue. Inoltre, il congresso della Cgil si oppone a qualsiasi coinvolgimento italiano a sostegno del governo reazionario di Kiev in possibili interventi, con o senza la Nato, nella questione ucraina. In Italia, l’accordo del 10 gennaio rappresenta lo strumento per istituzionalizzare le politiche d’austerità al mondo del lavoro e con esso viene accolto e esteso il modello autoritario di Marchionne. L’accordo è in totale continuità con le intese del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013 e ne assume i principi di fondo; cioè la derogabilità dai contratti nazionali, la piena esigibilità delle intese e le sanzioni per chi li contrasta. Questo cambia la natura del sindacato, consegnando le lavoratrici e i lavoratori al dominio assoluto dell’impresa, su condizioni di lavoro e orari, salari e diritti. La firma della Cgil è avvenuta senza alcun mandato democratico, contro la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dato ragione alla Fiom contro Fiat ed è lesiva dei valori e delle regole della stessa Cgil.

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