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M5S al fianco del governo Renzi, su delega fiscale e multinazionali miliardarie del web

Ricordate l’opposizione barricadiera dei grillini, sotto i riflettori dei media, contro il famigerato decreto su Bankitalia? Occupazione con fazzoletti al volto dei banchi del governo, grida concitate di sdegno (“7 miliardi alle banche, vergogna!), denuncia vibrata del governo Renzi come “governo delle banche”… Ebbene: è stata solo propaganda d’immagine per raccattare i voti degli ingenui e sfruttare il loro odio sacrosanto contro le banche strozzine. La prova è nei fatti. Che sono impietosi. E fanno a pezzi i ciarlatani.

Atto Primo. Giovedì 27 Febbraio i gruppi Parlamentari M5S si sono astenuti sulla “delega fiscale” al governo Renzi. In poche parole hanno dato via libera al “governo delle banche”. Cos’è la delega fiscale? È uno strumento decisivo che il governo ha chiesto e ottenuto dal Parlamento per avere la possibilità di intervenire con una serie di decreti entro 12 mesi (il primo entro 4 mesi) in materia di riforma fiscale: dalla riforma del catasto alla riorganizzazione delle agevolazioni fiscali. In altri termini: per rispettare gli impegni finanziari contratti con le banche, con la BCE, con la Troika, (e liberare al tempo stesso qualche risorsa da spendere per la propria immagine), Renzi ha chiesto mano libera su voci pesanti del bilancio pubblico, che incideranno sull’intero equilibrio della tassazione e colpiranno anche prestazioni sociali: si pensi solo al peso delle agevolazioni fiscali in fatto di spese mediche e scolastiche di milioni di lavoratori e famiglie povere, il cui abbattimento è da tempo obiettivo dichiarato del capitale finanziario italiano europeo. Insomma, Renzi ci prova perchè è “uomo del fare”, e vuole meritarsi il plauso del FMI, puntualmente arrivato. Per “fare il compito a casa” e farlo il più rapidamente possibile, ha chiesto al Parlamento il diritto a emanare decreti in materia: cioè a strozzare tempi e forme della cosiddetta “discussione Parlamentare”. La maggioranza di governo ha votato a favore, assieme a Forza Italia e Lega. SEL e M5S si sono astenuti. Cioè hanno rinunciato all’opposizione, persino formale. SEL perchè non vuole tirare la corda col PD, da cui attende favori. Il M5S perchè sa che i decreti sono attesi dalle organizzazioni confindustriali e di piccola e media impresa cui Grillo e Casaleggio hanno promesso particolare attenzione.

Atto secondo. Venerdì 28 Febbraio i gruppi parlamentari del M5S hanno votato a favore della decisione del governo Renzi di abolire la cosiddetta Web Tax, la tassa sulle multinazionali miliardarie presenti in Internet, da Google ad Amazon. Cosa prevedeva la Web Tax? Una cosa elementare: l’obbligo per le multinazionali del settore di dotarsi di una partita Iva per continuare ad operare in Italia. In altri termini l’obbligo di pagare le tasse al pari dei concorrenti. Renzi aveva preannunciato l’intenzione di abrogare la tassa, già al momento delle Primarie. E’ stato di parola. Ha difeso gli interessi di un ambiente capitalistico prevalentemente anglosassone presso cui gode di buone entrature. Grillo e Casaleggio hanno fatto lo stesso, con queste parole: “L’abrogazione della tassa è un atto non solo giusto, ma inevitabile, dal momento che l’entrata in vigore della norma avrebbe causato all’Italia una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea. Una norma con queste caratteristiche necessita di una discussione preliminare in sede europea”. Ma non si trattava dell’Europa delle banche, di cui rifiutare i dictat? In ogni caso un fatto è un fatto: M5S ha votato un regalo di 137,9 milioni annui alle multinazionali internet. E lo ha fatto assieme a Renzi, Berlusconi, Alfano. Del resto, perchè meravigliarsi se un comico milionario e il suo guru sono comprensivi verso altri miliardari? E’ la stessa ragione per cui Grillo due anni fa si mostrò solidale con gli evasori di Cortina. Sono solidarietà d’ambiente e di classe tra ricchi. La morale della favola è semplice: Grillo e Casaleggio mirano solo alla conquista di una propria Repubblica plebiscitaria. Per questo puntano esclusivamente al bottino elettorale, con un cinismo spregiudicato e disinvolto. Se annusano un tema o occasione per far voti sotto i riflettori delle telecamere (come su Bankitalia) possono recitare le sceneggiate più spumeggianti contro “il capitale finanziario”. Se non c’è posta elettorale in gioco, emerge l’ ordinario richiamo della propria classe di riferimento. 

Lavoratori, occhio alla truffa!

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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