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CHE COSA HANNO IN COMUNE L’ECONOMISMO E IL TERRORISMO – tratto da “Che Fare” di Lenin

Il seguente brano del saggio “Che Fare?” di Lenin del 1902, tratta le differenze tra gli “economisti”, cioè quei socialdemocratici che credevano che le “riforme” fossero l’unica via per il miglioramento della classe dei lavoratori, ed i terroristi, che vedevano nell’azione disorganizzata e “d’impatto” l’unico metodo utile per risollevare e risvegliare gli animi della classe lavoratrice. Altro chiarimento utile è precisare che per Socialdemocratici si intendono i marxisti rivoluzionari russi di cui Lenin faceva parte.

…. Gli economisti e i terroristi della nostra epoca hanno una radice comune: la sottomissione alla spontaneità di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente come di un fenomeno generale e di cui esamineremo ora l’influenza sull’azione e sulla lotta politica.

A prima vista, la nostra affermazione può sembrare paradossale, tanto grande sembra la differenza tra coloro che antepongono a tutto la “grigia lotta quotidiana” e coloro che propugnano la lotta che esige la massima abnegazione: la lotta di individui isolati. Ma non si tratta per niente di un paradosso………..

Economisti e terroristi si prosternano davanti ai due poli opposti della tendenza della spontaneità: gli economisti dinanzi alla spontaneità del “movimento operaio puro”, i terroristi dinanzi alla spontaneità e allo sdegno appassionato degli intellettuali che non sanno collegare il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno la possibilità.

È infatti difficile, per chi non ha più fiducia in tale possibilità o non vi ha mai creduto, trovare al proprio sdegno e alla propria energia rivoluzionaria uno sbocco diverso dal terrorismo. Perciò la sottomissione alla spontaneità nelle due direzioni indicate non è che l’inizio dell’attuazione del famoso programma del “Credo”: gli operai conducono la “lotta economica contro i padroni e contro il governo”…e gli intellettuali sviluppano la lotta politica con le loro proprie forze ricorrendo, naturalmente, al terrorismo.

È questa una deduzione assolutamente logica e inevitabile, sulla quale non si insisterà mai troppo, anche se la sua inevitabilità non è compresa da coloro stessi che cominciano a mettere in pratica tale programma.

L’attività politica ha una propria logica, indipendente dalla coscienza di coloro che, con le migliori intenzioni del mondo, fanno appello al terrorismo oppure domandano che si dia alla stessa lotta economica un carattere politico.

L’inferno è lastricato di buone intenzioni, e in questo caso le buone intenzioni non salvano ancora dal lasciarsi attrarre dalla “linea del minimo sforzo”, dalla linea del programma puramente borghese del “Credo”.

Infatti, non è casuale neppure la circostanza che molti liberali russi – liberali schietti e liberali mascherati da marxisti – simpatizzano con tutta l’anima col terrorismo e si sforzano oggi di appoggiare lo sviluppo delle tendenze terroristiche.

Tutte le discussioni e le divergenze che seguono tra i socialdemocratici russi sono contenute, come la pianta nel seme, in quelle due prospettive. Dal punto di vista che abbiamo indicato, è chiaro che il Raboceie Dielo (giornale russo che difendeva le tesi “economiste”), non avendo resistito alla spontaneità dell’economismo, non ha potuto resistere nemmeno alla spontaneità del terrorismo. In difesa del terrorismo, il gruppo Svoboda (altro giornale russo) adduce argomenti particolari che è molto interessante notare. Esso «nega completamente» la funzione intimidatrice del terrorismo (La rinascita del rivoluzionarismo, p. 64), ma ne sottolinea la «funzione di incitamento [di stimolo]»! Ciò è caratteristico, anzitutto, come uno degli stadi della decadenza e della disgregazione di quel ciclo di idee tradizionali (presocialdemocratiche) che aveva permesso al terrorismo di affermarsi.

Riconoscere che oggi è impossibile «intimidire» — e, quindi, disorganizzare — il governo col terrorismo, significa in sostanza condannarlo completamente come metodo di lotta, come sfera di attività sanzionata da un programma.

Ma la cosa è ancora più caratteristica come esempio di incomprensione dei nostri compiti immediati per «educare le masse all’attività rivoluzionaria ». Il gruppo Svoboda propugna il terrorismo come mezzo per «stimolare» il movimento operaio, per dargli «un impulso vigoroso ».

Sarebbe difficile immaginare un argomento che si confuti da se stesso con maggiore evidenza! In Russia ci sono forse così pochi scandali da dover inventare «stimolanti» speciali?

D’altra parte, non è evidente che coloro i quali non si sentono stimolati e non sono passibili di essere stimolati nemmeno dal regime di arbitrio che domina in Russia rimarranno egualmente «con le mani in tasca» di fronte al duello di un pugno di terroristi con il governo?

Le infamie della vita russa stimolano fortemente le masse operaie, ma noi non sappiamo, per così dire, né raccogliere, né concentrare tutte le gocce e i getti dell’effervescenza popolare, che, infinitamente più numerosi di quanto crediamo, si sprigionano dalla vita russa, e che bisogna appunto fondere in un solo gigantesco torrente.

Che ciò sia possibile è provato in modo certo dal grande sviluppo del movimento operaio e dall’ardente interesse degli operai — già segnalato precedentemente — per le pubblicazioni politiche.

Fare appello al terrorismo o fare appello a che sia dato alla stessa lotta economica un carattere politico, sono due modi diversi di sottrarsi al dovere più imperioso dei rivoluzionari russi: l’organizzazione di una multiforme agitazione politica.

Il gruppo Svoboda vuole sostituire all’agitazione il terrorismo, riconoscendo apertamente che “dal momento in cui comincerà tra le masse una agitazione energica e vigorosa, la funzione stimolatrice del terrorismo sarà finita” (p. 68 della Rinascita del rivoluzionarismo).

Questa confessione mostra appunto che terroristi ed economisti sottovalutano l’attività rivoluzionaria delle masse, che pure è chiaramente dimostrata dagli avvenimenti della primavera. Gli uni cercano degli “stimolanti” artificiali, gli altri parlano di “rivendicazioni concrete”.

Gli uni e gli altri non rivolgono sufficiente attenzione allo sviluppo della loro attività per l’agitazione politica e per l’organizzazione di campagne di denunce politiche.

Eppure non c’è niente che possa sostituirle né oggi, né in qualsiasi altro momento.

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