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“AMI ORDINE E DISCIPLINA, ADORI LA TUA POLIZIA…”

Maddalena Robin- I giudici ed i magistrati, alcuni dei quali sono osannati come eroi anche da chi si pensa “di sinistra”, sono stati sono e sempre saranno i nostri nemici di classe.
Lo stato e i suoi apparati controrivoluzionari (magistratura e polizia), hanno l’obiettivo principale di mantenere lo status quo ed impedire che la lotta antagonista al potere costituito prenda forma e si organizzi. Ciò è naturale. Come insegna l’esperienza storica delle generazioni di militanti rivoluzionari, che si sono avvicendate nella lotta di classe, ad ogni segno della ripresa della coscienza e dell’attività rivoluzionaria la borghesia reagisce violentemente e scioglie i suoi cani da guardia ed i suoi aguzzini.
Ed ancor più feroce è la repressione nei momenti in cui la crisi si acuisce, quando la coscienza rivoluzionaria ha maggiori possibilità di collegarsi e far presa sulle lotte di resistenza proletarie (nel senso più lato del termine, che la società odierna ha determinato), che gli effetti della crisi intensificano e diventarne punto di riferimento.

 Talvolta, però, la sola repressione non basta più, in tempi particolarmente difficili (come anche quelli che stiamo vivendo), in cui al dissenso cosciente si affianca il malcontento popolare, la repressione non è sufficiente.
 Non si può manganellare, processare, imprigionare il malcontento se ci si ostina a volersi chiamare “repubblica democratica”, occorre quindi procedere ad altri strumenti di repressione uno dei principali tra questi, insieme con la generazione dei bisogni indotti e del consumismo sfrenato, è la creazione (attraverso i media, gli intellettuali servizievoli, e qualsiasi strumento di propaganda utile alla bisogna) di eroi che convoglino il pensiero verso il “non pensiero”.
È anche questa una forma di repressione, subdola e continua mirata a colpire chi non deve essere manganellato perché è più utile che sia “recuperato”. Si spiega così l’ossessivo ripetersi, anno dopo anno, delle celebrazioni per Falcone e Borsellino, i due giudici diventati “eroi in un botto”, operate anche da chi si definisce contro il sistema, ma dimentica che in fin dei conti la mafia è l’altra faccia della borghesia, l’alter ego che agisce in quei settori che il pensiero comune definisce “illegali”, e che la lotta alla mafia è, nell’ottica di una giustizia borghese, una sorta di regolamento di conti interno, che nulla potrà mai portare alla lotta del proletariato.

Si spiegano così gli effimeri portatori di verità e “legalità” come Di Pietro e De Magistris, magistrati e politici populisti sempre pronti ad avvallare tutte le politiche filo-confindustriali, antioperaie e guerrafondaie. Tutti “santini” creati per confondere le idee e la cui funzione è far credere che in fondo “esistono dei poteri buoni” e che, se è lecito lamentarsi, occorre però farlo senza esagerare ed attenersi alla legalità, dimenticando che questa è stata creata da chi ci opprime per ridurci al silenzio.

Fintanto che si permetterà a tutto questo di succedere, non ci sarà spazio alcuno per il riscatto e tutti noi continueremo ad essere corresponsabili del progredire di una società fondata sulle guerre imperialiste, sullo sfruttamento di forza lavoro a basso costo, sul sangue delle vittime di incidenti sul lavoro, sulle devastazioni ambientali. È indispensabile mantenere sempre sveglio l’odio di classe, senza cedimenti all’influenza borghese; dobbiamo avere tutti ben chiaro in mente da che parte stiamo, per cosa combattiamo e contro chi combattiamo.
Non potremo mai distruggere il nemico se non impareremo a riconoscerlo ed a smascherarne il ruolo storico e sociale di sostegno al profitto borghese.
C’è solo una strada: l’azione della classe rivoluzionaria cosciente di sé e delle forze sociali che ne riconoscono il ruolo storico sovvertendo l’ordine e contrastando la disciplina!

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