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Il PCL di fronte ai limiti del movimento contro la guerra

1- Per un polo autonomo di classe contro la guerra
Il precipitare della crisi internazionale del capitalismo ci impone una scelta strategica obbligata. Non è accettabile una generica opposizione alla guerra mossa da “sentimenti pacifisti” o l’accodarsi alla routine di obiettivi minimi.
E’ necessario altresì un salto dell’organizzazione di massa.
Un salto nella comprensione delle dinamiche che muovono la guerra imperialista.
Per questo non confondiamo la positiva unità d’azione con “soggetti antagonisti” contro la guerra imperialista, con la proposta generale alle classi subalterne.
Il PCL si pone il compito di far emergere nella coscienza delle masse e innanzitutto della loro avanguardia, ciò che è già scritto nella loro esperienza: solo rompendo con la borghesia, i suoi partiti, i suoi governi, la classe lavoratrice può aprire uno scenario nuovo e una nuova prospettiva per le sue domande ed esigenze. Pertanto non abbiamo nascosto e né nasconderemo le posizioni del nostro partito e della nostra Internazionale.

2- La lotta intransigente all’eclettismo. La necessità di spiegare pazientemente il ruolo nefasto della “diplomazia internazionale” capitalista.
Nella nostra provincia il movimento “anti-guerra” che ancora rimane estremamente limitato conserva i limiti della politica nazionale.
Le varie “anime” del movimento “anti-guerra” tendono a sostituire il fronte unico proletario, con un eclettismo politico impressionante, che arriva persino ad accettare tra le sue file ipotesi ambigue come il richiamo alla diplomazia internazionale, senza tuttavia specificare quali soggetti possano rispondere a questo ruolo di “arbitro” (sic!).
Partendo da queste considerazioni, come PCL appoggiamo criticamente le rivendicazioni “anti-guerra”, (seppur limitate e contraddittorie), in quanto ravvediamo la necessità di spingere le masse, nella politica attiva, e ridestarne quindi il loro spirito critico.
Per questo però, il nostro appoggio critico non ci esime dal mantenere una ferma condanna alle varie forme di eclettismo “pacifista”.
La nostra opposizione alle ambiguità e alle deviazioni politiche, da una corretta politica antimperialista è pertanto totale.
Non sono poche le voci che si levano in questi giorni per la fine del conflitto e invocano il “disarmo”. Ma non ci dicono apertamente: “chi disarmerà e chi sarà disarmato”.
Anche su questo sentiamo il dovere di demarcarci politicamente: il solo disarmo che difendiamo è quello della classe dominante (a partire dal nostro paese).
Ma per disarmare la borghesia è necessario che siano armati i proletari.
Ancora una volta l’idealismo pacifista si scontra con le dinamiche della realtà seminando illusioni e creando confusione.
Come faranno ad esempio gli sfruttati ad emanciparsi? Non ci viene detto!
Come faranno gli insorti libici a liberarsi? Non viene nemmeno preso in considerazione!
La FdS forlivese sul solco della linea nazionale, sia pur contraria all’intervento di guerra in Libia, avanza l’ipotesi di una soluzione “diplomatica” del “contenzioso interno libico”.
In altri termini di una soluzione di “pace” tra Gheddafi e gli insorti, o di una imprecisata “transizione democratica” assistita dalla “diplomazia internazionale”.
Non è un caso che abbiamo assunto il “caso libanese” del 2006 come esempio della necessità di combattere l’idea che le “soluzioni diplomatiche” nell’attuale contesto internazionale possano risolvere i conflitti.
Solo l’irruzione nella storia della masse oppresse e una direzione risoluta di queste possono cambiare il segno della storia. Appellarsi alla diplomazia internazionale rischia di trascinare su un terreno scivoloso e contraddittorio l’intero movimento pacifista.

3- L’indipendenza della sinistra dai partiti di guerra
L’autonomia di classe è un altro elemento al centro della battaglia del PCL nei movimenti.
Abbiamo assunto la lotta per il ritiro dell’Italia dalla guerra all’interno della nostra più vasta campagna nazionale per la cacciata del governo Berlusconi ( “Fare come in Tunisia e in Egitto”): denunciando ovunque il salvataggio del governo da parte del PD nel nome della guerra, e dunque sbugiardando la falsità della demagogia antiberlusconiana delle opposizioni parlamentari liberali.

4- Il sostegno alla rivoluzione araba contro ogni ipotesi equidistante
Una politica antimperialista corretta comporta due elementi: un atteggiamento di intransigenza verso l’imperialismo e la sua guerra e l’arte di appoggiarsi sull’esperienza delle masse.
Per questo sosteniamo la rivoluzione che ha sconvolto il Maghreb, lavorando da militanti internazionalisti allo sviluppo delle migliori tendenze anticapitaliste e rivoluzionarie, affinché la lotta per i “diritti democratici e quelli sociali immediati”, si possa trasformare in un processo di Rivoluzione permanente che sbocchi nella lotta per il socialismo.
E’ questo il nostro obiettivo da Tripoli a Il Cairo, da Roma a Buenos Aires.
E’ a difesa di questa prospettiva che combattono i militanti del CRQI.

5- Salvaguardare il disfattismo rivoluzionario internazionalista nei movimenti di massa
La divisione del blocco imperialista rispetto alla guerra in Libia è un elemento da studiare con attenzione. Detto questo sul solco della miglior tradizione del proletariato internazionale assumiamo come compito quello di trasformare la guerra imperialista in guerra agli imperialisti.
E’ il compito strategico al quale deve essere subordinato tutto il lavoro di un partito proletario durante la guerra. Per questo nel partecipare alla manifestazione del 2 aprile a Roma, rivendichiamo che la nostra parola d’ordine della “pace”, non ha niente in comune con il “pacifismo” diplomatico.
La lotta rivoluzionaria per la pace, che assumerà forme sempre più ampie e coraggiose, costituisce il mezzo più sicuro per “trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria”.

-Via tutti i governi di guerra
-Non un soldo per la guerra libica
-Al fianco della rivoluzione araba, della sua propagazione, della sua autonomia da ogni ingerenza imperialista
-Costruiamo le Brigate Internazionali, contro il regime e contro l’imperialismo
-Per la federazione socialista araba

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Qui sotto potete leggere il volantino del movimento anti-guerra forlivese

Per la Pace: con i popoli in rivolta!

Contro i petrol-bombardamenti!

La forza della ragione e della pace, ha ancora ampi spazi, se noi, popoli degli stati dei petrol-bombardieri, avremo l’energia di imporre ai nostri governi la libera autodeterminazione dei Popoli.

Le guerre (Iraq, Afganistan, Palestina, ecc. ecc.) non hanno mai portato a delle soluzioni ma solo distruzioni, soltanto la politica e il dialogo, potranno risolvere lo scontro in Libia, e DATO CHE gli stati sono incapaci di perseguire tale strada, saremo noi, il Popolo, ad imporglielo.

Con i bombardamenti in Libia non si persegue la pace, ma gli interessi imperialistici di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Germania in vista dei futuri dividendi di petrolio e ricostruzione.

IL GOVERNO ITALIANO, prima prostrato a Gheddafi (con vari accordi DISUMANI per difendere la “fortezza Europa” dai cosiddetti clandestini) è ora pronto a muovere guerra, sempre con il sostegno esplicito dell’opposizione parlamentare, la quale ha rimproverato al governo Berlusconi di non essere intervenuto prima (sic!).

E la responsabilità non è solo di Berlusconi che baciava la mano a Gheddafi, perché anche la “rispettabile” Confindustria stringeva accordi milionari col raìs, importante azionista della principale banca italiana, Unicredit, nonchè socio di strategici marchi quali FIAT ed ENI.

I popoli in rivolta del Maghreb e del Medio Oriente vogliono LIBERTà, PANE, DIRITTI e non certo le bombe dell’ONU o della Nato. Anche i movimenti pacifisti li hanno lasciati soli, senza sostegno economico o organizzativo, e la logica della guerra ha sostituito quella della solidarietà internazionalista e della diplomazia.

Occorre puntare sulla forza e sulla determinazione delle popolazioni in rivolta: quando queste si liberano da paura e rassegnazione, tutto diventa possibile! Per aiutare i nostri fratelli mediorientali e maghrebini occorre costruire in Italia e in Europa un’ampia mobilitazione.
È necessario boicottare le partenze dei cacciabombardieri, attivare forme di aiuti economici a tutti gli insorti, in primis libici, spingere per la costituzione di “brigate internazionali”, innanzitutto dai paesi confinanti in modo da supportare concretamente la rivolta libica e sganciarla dall’imperialismo Occidentale.

Il neoliberismo e il neocolonialismo hanno affamato le popolazioni e ingrassato i dittatori, hanno saccheggiato le risorse naturali e speculato sulle derrate alimentari, hanno inquinato il nostro Pianeta e assassinato il nostro futuro, ma ora in ogni parte del mondo, in America Latina come in Asia, in Europa come in Maghreb e Medio Oriente, i popoli e i/le giovani si stanno riprendendo in mano il loro destino, anche noi il 2 di aprile cominceremo a riprenderci in mano il nostro futuro.

Basta Bombe! Via i dittatori!
Viva le rivoluzioni dei popoli in rivolta!

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