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Per il polo autonomo di classe

Intervento di apertura al II congresso provinciale del PCL.

Prima di avanzare la “proposta del polo autonomo di classe” credo che sia giusto partire da alcune analisi di fondo rispetto alla crisi economica ed in particolare rispetto all’intervento condotto fin ora dal PCL, sia a livello nazionale che a livello locale.
In questi anni ci siamo scontrati con la retorica post-industrialista che nel campo delle idee e in ambito accademico assume il nome di post-modernità… ci siamo dunque scontrati con quanti da più parti hanno decretato:
-La globalizzazione (terminologia assai discutibile) come irreversibile
-Il superamento stesso delle ”classi sociali”
-La fine delle contese inter-imperialistiche a vantaggio di una governance internazionale
-La descrizione dell’economia di mercato come il migliore dei sistemi possibili
-La fine del comunismo
-La fine della forma partito
Noi da marxisti abbiamo respinto con forza questa ideologia neo-liberale che sostiene in estrema sintesi: l’individuo è tutto e la società non esiste…
Che sostiene senza riserve che il cuore dello sviluppo e dell’innovazione è l’impresa, mentre la molla di crescita sociale è il profitto.
L’ideologia dominante (che corrisponde a quella della classe dominante) vorrebbe ridurci a tanti individui isolati e incapaci di dare una risposta collettiva… Rassegnati e pronti alla resa.
Ma d’altra parte, mentre si fa largo questa teorizzazione,
la classe dominante i suoi partiti li costruisce,
e li utilizza come strumento della sua dittatura di classe.
Non mi riferisco solo a PDL-PD-Lega-Udc ecc… ma anche alle organizzazioni internazionali che influiscono sulle scelte strategiche degli Stati…
Bene la classe dominante mentre ci “narra” attraverso i suoi cantori che è finita la divisione di classe agisce come soggetto unitario.
E agisce come classe per sé.
Perché mai, allora, il proletariato non dovrebbe avere il suo partito?
Perché mai, allora, il proletariato dovrebbe rinunciare alla sua internazionale?
Perché si dovrebbe quindi accettare la logica (onestamente) idiota che si possa rinunciare all’organizzazione e ad un programma internazionale?
Noi diciamo invece che la classe operaia ha bisogno del suo partito per reagire all’opera di frantumazione condotta dalla classe dominante, proprio per rispondere ai partiti della legalità, della difesa nazionale, della democrazia borghese.
Non è la “forma-partito” ad essere fallita, come vorrebbero tutti i sostenitori del movimentismo (che poi o finiscono tutti per agire ugualmente da partiti nel senso tradizionale o, non volendo farlo, dimostrano la propria totale incapacità di agire).
Ad essere falliti sono stati invece i programmi politici dei partiti che hanno ricalcato il modello dominante o si sono limitati a riproporre la via keynesiana (spesso spacciandola per marxista purtroppo), e del tutto incapace di affrontare la fase storica attuale.
Ad essere fallimentari sono tutti quei programmi che rimanendo nel quadro di compatibilità di sistema ci narrano di un capitalismo bio-degradabile, o di un capitalismo riformabile attraverso un ritorno allo Stato sociale.
Proprio in una fase storica come questa…
Dove ci troviamo in mezzo ad anni torbidi di trasformazione sociale,
dove la crisi finanziaria apertasi dal 2007 sta di fatto mettendo alle corde quella che da più parti è stata definita l’epoca neo-liberale.
Quella che per intenderci ha chiuso di fronte alla crisi degli anni ’70 le porte al compromesso sociale tra capitale e lavoro e ha avviato una restaurazione spietata della dittatura del capitale.
Come già segnalato da Marx:
Lo sviluppo del sistema del credito accelera la crisi.
Oggi ci troviamo di fronte ad un’economia del debito che costringe gli stessi Stati Uniti a dover pagare qualcosa come 2 mld di dollari al giorno, la cosa significa che presto quella che è stata per quasi un secolo la potenza imperialista più importante sarà incapace di soddisfare i creditori.
E con un Prodotto interno Lordo assai inferiore ai debiti contratti.
Si apre per altro una nuova stagione di rivalità inter-imperialistiche
tra i colpi di coda di quello americano, tra il polo imperialista Europeo e quello nascente cinese oltre al ruolo tutt’altro che marginale che potrebbero svolgere Russia, Giappone e India… lo scacchiere mondiale è in subbuglio.
Inoltre la bancarotta attuale del capitalismo è stata preceduta dalle crisi asiatiche di metà anni novanta e dalla crisi argentina del 2001.
(Che ha scatenato l’argentinazo del 2001 da cui c’è molto da apprendere).
C’è da aggiungere che si è assistito ad un ritorno alla politica imperialista per il controllo energetico.
Anche se questa strategia militarista si è dovuta scontrare con la resistenza.
Sostanzialmente si sta consumando da 3 decenni un coktail a base di sovrapproduzione, di militarismo e bolle speculative che tracimano verso l’economia reale e producono regolarmente una sbornia ormai insostenibile.
Un miliardo di persone attualmente vivono negli Slum (baraccopoli) e sono criminalizzate per la loro condizione sociale, come dimostrano le incursioni della polizia brasiliana nelle favelas di Rio che anche in questi giorni stanno avviando una stretta repressiva senza precedenti per volere del governo di Dilma e Lula (a loro volta presi a modello anche dai rottami del centrosinistra italiano)
Se un miliardo di persone vive nelle favelas sono addirittura 2 mld e 600 mln le persone che vivono senza servizi igenici
Mentre 3 mld di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno
I 20 uomini più ricchi possiedono come il miliardo dei più poveri della piramide sociale capitalista
Lo stesso proletariato internazionale è in espansione ed è passato dai 100 mln di lavoratori salariati del 1800 ai 2 mld di oggi…
Altro che retorica della fine della divisione di classe.
Il capitalismo non è più in grado nemmeno di garantire una vita da schiavi sazi.
Era Eduardo Sanguinetti nel 2007 a dire:
«Bisogna restaurare l’odio di classe. Perché loro ci odiano, dobbiamo ricambiare».
“Loro” sono i capitalisti, “noi” i proletari del mondo d’oggi:
chi in qualche modo sta dove c’è un capitalista che sfrutta il suo lavoro,
chi è costretto ad ingrossare le fila dell'esercito salariale di riserva,
chi sostanzialmente è costretto a vendere la sua forza lavoro.

E' per questo che ha ancora senso parlare di classe e proletariato.
La bancarotta capitalista dal 2007 ad oggi ha aggravato le condizioni sociali delle grandi masse e sta sbarrando il futuro alle nuove generazioni dei paesi a capitalismo avanzato. (Corrado Passera ha dichiarato che i disoccupati sono circa 50 mln nella UE).
Di fronte a questa situazione l’insieme delle sinistre guarda a questa crisi come una “disgrazia sociale” e non come l’accelerazione della dissoluzione del disordine capitalista.
Come è stato riportato nella risoluzione internazionale di Ottobre del nostro CRQI:
è necessario sviluppare un’avanguardia che stimoli la possibilità di rendere cosciente l’incosciente Significa dotarsi di un programma di transizione, per portare il proletariato ad essere cosciente della sua forza e al contempo della bancarotta capitalista.
L’attualità dell’alternativa comunista non è mai stata così necessaria ed è necessaria indipendentemente che sia stata screditata dalle cosiddette esperienze di “socialismo reale”.
D’altra parte è proprio la tradizione politica da cui nasce il PCL, che ci permette di rilanciare con forza questa alternativa.
Il marxismo-rivoluzionario dalla metà degli anni ’20, quando l’Opposizione di Sinistra si è apertamente scontrata con il nascente stalinismo, ha individuato in quello che oggi è indicato come “socialismo reale” non una variante del comunismo, ma la sua negazione.
Per questo oggi possiamo evitare di scadere in improbabili “nuovismi” che in realtà ripetono il sempre uguale.
Per questo possiamo difendere il progetto comunista, senza alcun imbarazzo, anzi con l’orgoglio della tradizione rivoluzionaria della IV Internazionale.
Ma per realizzare questo progetto di società senza classi è necessario il programma, la strategia, la tattica, l’organizzazione.
Ed è per questo che serve il Partito ed è per questo che serve l’articolazione tattica del “polo autonomo di classe”.
Il Pcl fino ad oggi al di là di quanto affermano i nostri detrattori in sintonia con quanto scrive la stampa locale, non è stato un partito di sola testimonianza anti-sistema, che pure rivendichiamo con orgoglio.
Riteniamo che il nostro partito al di là dei suoi limiti abbia lavorato intensamente anche all’interno delle mobilitazioni e spesso sia stato il solo a condurre battaglie necessarie, non solo per la ricostruzione di una sinistra degna di questo nome ma per la difesa stessa dei lavoratori.
Oltre all’opposizione di principio contro governi del capitale guidati da centro-destra e centro sinistra …(dalle giunte locali al governo nazionale):
Siamo stati protagonisti dal 2006 ad oggi di una battaglia costante su tutti i temi principali:
Ci siamo opposti con una massiccia campagna di massa contro la truffa relativa al Tfr.
Ci siamo opposti agli accordi del 23 luglio 2007
Siamo stati fermi oppositori e spesso in prima fila contro il processo di privatizzazione della scuola.
Abbiamo costantemente fatto intervento nelle grandi fabbriche della provincia: Amadori, Marcegaglia, Ferretti,Electrolux, Croci, Infia.
Siamo stati presenti in vertenze come quella della Ged-CMC condotta dal nostro portavoce provinciale Luciano Zangoli, e siamo intevenuti rivendicando il controllo operaio e l’esproprio senza indennizzo rispetto alla questione della Micromeccanica e dell’Omsa.
Abbiamo condotto inoltre una costante vigilanza antifascista contribuendo a far fallire la Ronda voluta da AN e dal consigliere regionale oggi del PDL Bartolini…
E oggi ci accingiamo a condurre una mobilitazione contro il collegato lavoro
E’ sufficiente? No, non lo è!
Sopratutto per un partito, il nostro, che ambisce ad avviare un processo rivoluzionario su scala internazionale…
Tuttavia credo che ce ne passa da qui all’esser classificabili come partito di pura testimonianza.
Ma veniamo al centro della questione attorno a cui invitiamo ad una presa di posizione…
Vale a dire la strategia dei comitati di lotta e la proposta del Polo autonomo di classe sul terreno delle lotte.
Il primo terreno di articolazione tattica è quello dei comitati di lotta ed è un terreno tutt’altro che semplice, riguarda l’intervento nella lotta di classe e nei movimenti di massa, sullo sfondo della crisi capitalistica più profonda degli ultimi 80 anni.
Su questo terreno la nostra proposta generale è tanto più oggi quella della massima unità di classe attorno alla massima radicalità d’azione
1- rivendichiamo l’istituzione di un assemblea nazionale di delegati eletti,
2- la vertenza generale su una piattaforma rivendicativa unificante,
3- l’occupazione delle aziende che licenziano sull’esempio di Innse, Alcoa ed Eutelia,
4- il coordinamento nazionale delle aziende in lotta, a partire dalle tante realtà attualmente presidiate dai lavoratori,
5- la creazione di una cassa nazionale di resistenza.
E’ la proposta che portiamo nelle organizzazioni sindacali e su cui interveniamo concretamente in diverse vertenze in corso e situazioni di lotta (dall’Alfa di Arese alla Fiat di Termoli Imerese).
Ed è una proposta generale di fronte unico che si rivolge formalmente all’insieme delle forze del movimento operaio italiano, politiche e sindacali, non al solo campo dell’ ”estrema sinistra”: chiamando ciascuna di esse ad una risposta chiara.
Se collocata in questa prospettiva, ogni esperienza di unità d’azione, fosse pure parziale, tra diverse forze d’estrema sinistra sarebbe importante: proprio perché potrebbe rafforzare la credibilità e l’impatto della proposta generale, e sviluppare la coscienza e le disponibilità di più ampi settori di classe.
In questa logica siamo già impegnati in esperienze unitarie di lavoro di massa che indirettamente coinvolgono diversi soggetti politici:
1- come il coordinamento dei lavoratori di Livorno
2- e il comitato di sostegno alle aziende in lotta nelle Marche
Perché non adottare anche sul nostro territorio una strategia analoga?
E possibile che interessi solo agli studenti affossare la riforma Gelmini?
E’ credibile che sia solo il comitato dell’acqua ad avere a cuore questo tema?
E’ sensato pensare che lo smantellamento del pronto soccorso di Forlimpopoli e quindi l’attacco alla sanità pubblica non interessi anche agli studenti che lottano contro la Gelmini?
E’ sensato pensare che la costruzione di un inceneritore non interessi anche i lavoratori in lotta per il rinnovo del contratto?
E’ sensato pensare che l’attacco che ha subito Ba Madame alla Pollo del campo coinvolga solo il comitato sorto attorno a quella vertenza… o è vero invece come abbiamo sostenuto sin dall’inizio che era necessario estendere a partire da quella vicenda di neo-schiavismo una battaglia più generale di resistenza agli attacchi padronali?
Sono solo alcuni esempi… ma si potrebbe continuare
Avere una strategia attorno alla questione dei Comitati di Lotta significa quindi:
1- generalizzare le mobilitazioni
2- unificarle su di un unico terreno le varie vertenze
Ma per farlo è necessario una struttura deputata al coordinamento delle lotte stesse.
Come si tradurrebbe a livello locale?
In una struttura permanete delle varie realtà e aperta ai singoli individui che colleghi tutte le lotte presenti ad oggi sul territorio ma rese parziali da una gestione delle mobilitazioni settoriale.
Il secondo terreno è quello del polo autonomo di classe:
La nostra proposta parte dalla necessità oggettiva di rompere col sistema capitalista e di lottare per un’alternativa di potere quale condizione decisiva per dare uno sbocco unificante alle lotte parziali e una risposta reale alle loro rivendicazioni di fondo.
Significa dare continuità alla mobilitazione del 16 ottobre e rivendicare in modo compatto la radicalizzazione dello scontro.
Significa rivendicare lo sciopero generale e prolungato.
Significa respingere i pompieri delle lotte sociali per far ritornare lo sciopero da “innocuo rituale” ad arma politica.
Con il nostro congresso provinciale rivolgiamo a tutte le forze della sinistra politica e sindacale una proposta di unità sul terreno delle lotte che ci attenderanno nella prossima fase, a partire dalla premessa dell’indipendenza di classe da tutti i partiti del capitale (liberali, giustizialisti, populisti, ecc) e dalla radicalizzazione dello scontro di classe.
Crediamo che sia finito il tempo degli attendismi e delle rivalità tra sigle.
E’ l’ora di costituire formalmente un luogo permanente del dibattito e dell’organizzazione della risposta di classe agli attacchi padronali.
La nostra proposta di coordinamento nazionale delle aziende in lotta,
di occupazione generale delle aziende che licenziano e di loro esproprio, risponde alla necessità obiettiva di unire e allargare le lotte di resistenza in corso al nuovo livello di scontro imposto dal padronato.
E così ogni altra nostra proposta di fronte unico, nei diversi ambiti dell’autodifesa antirazzista e antifascista, dell’autorganizzazione del movimento studentesco, della lotta di massa ambientalista, della campagna anticlericale.
La nostra proposta complessiva del polo autonomo di classe e anticapitalista è il coronamento d’insieme di questa logica di fondo: indica la necessità oggettiva di rompere col sistema capitalista e di lottare per un’alternativa di potere quale condizione decisiva per dare uno sbocco unificante alle lotte parziali e una risposta reale alle loro rivendicazioni di fondo.
Significa con questo rinunciare alle proprie prerogative ed aderire ad un programma unico?
No, significa “marciare separati e colpire uniti!
Significa preservare l’autonomia politica di ogni soggettività e di ogni programma.
Ma consiste sopra ogni cosa sviluppare nella classe lavoratrice la coscienza che è possibile invertire una lunga tendenza di sconfitte, e arginare ogni spirito di rassegnazione e subordinazione.
E’ questo del resto il senso stesso della nostra politica.
Questa proposta è stata rivolta a:
Fiom, Cobas-Cesena, USB, La Scintilla, Forlibertaria, Sole Baleno, FdS, Comunisti -sinistra popolare, Pmli Forlì, Pellerossa, Arci, Anpi, Comitato Autonomo Studentesco, Comitato acqua, Reds.
Erano presenti solo: C-SP, Pmli e Anpi

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