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IL MITO DI “DIO, PATRIA, FAMIGLIA” E LA REALTA’ DELL’INEGUAGLIANZA SOCIALE

Avanza la crisi, si distolgono le masse dai problemi reali, ci si inventano comunità immaginate per spezzare le reni a quelle reali: quelle costituite dalla divisione di classe.
E così torna prepotentemente a far capolino il vecchio motto: dio, patria e famiglia. La tradizione contrapposta alla modernità e al progresso. Nascono movimenti reazionari che descrivono un passato Mitico, quanto lontano dalla realtà. Un’età dell’oro in cui regnavano le “genti” e l’onore e che è ormai perduta …per colpa dei “mercanti” e dei “comunisti”(sic!).

Questi miti “ancestral-autoritari” spacciati esattamente come la droga in discoteca, a scuola e allo stadio, stanno spopolando tra i giovanissimi. A Roma la consulta degli studenti è ostaggio del Blocco Studentesco, un gruppo neofascista legato a Casa Pound. Al Nord, Comunione Liberazione e la Lega sono il blocco che semina “ideali” non dissimili a quelli di Casa Pound, ForzaNuova o altre nefandezze simili. Se ancora non siamo di fronte ad un’ondata nera, ci ritroviamo certamente di fronte ad un’offensiva senza precedenti dal 1945. L’italica gioventù è innegabilmente nel mirino della propaganda reazionaria. Di recente, come abbiamo già denunciato, persino un giornaletto per teenager è divenuto uno strumento della propaganda neofascista. E’ innegabile, il conformismo nero è ormai diventato una moda.
Se tutto questo vi sembra esagerato, vi invito a vedere il sito ufficiale del PdL che rende omaggio ad Almirante (ex-gerarca fascista sottoscrittore delle Leggi razziali e segretario dell’MSI) http://www.popolodellaliberta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=746&Itemid=1

Per quanto ci riguarda conosciamo la Storia, e dal vecchio barbone di Treviri abbiamo imparato anche che si ripete prima in tragedia ed in seguito in farsa. E allora proviamo sinteticamente a svelare questa farsa per liberare le giovani energie da chi li vorrebbe inebetiti e servi al guinzaglio del padronato.

IL MITO DELLA FAMIGLIA TRADIZIONALE E NATURALE?
Basterebbe conoscere le continue trasformazioni della società umana, per comprendere che parlare di famiglia significa affrontare un argomento che non ha nulla di tradizionale né tanto meno di naturale. Ma andiamo a vedere come la “famiglia tradizionale e naturale” clericalmente e fascisticamente intesa si sia strutturata nella società italiana. Per farlo, parto da una comparazione storica tra il ventennio e l’oggi, estremizzando e generalizzando alcuni caratteri presenti realmente nelle due società in esame. D’altra parte se ai reazionari vecchi e nuovi, era ed è permesso generalizzare usi e costumi di interi gruppi etnici, a me, molto più modestamente sia permesso questo “azzardo“!

Descrizione I: La famiglia proletaria del ventennio

Immaginatevi di fronte ad una cartolina ingiallita dal tempo che ritraeva: un padre, una madre,un nonno e nove figli. Ora provate ad animare quelle persone pensando al contesto sociale e culturale in cui si trovavano. Non è difficile quindi immaginare il padre padrone che picchiava la moglie e prendeva a calci i figli, mentre il nonno sbraitava ma nessuno lo cagava. Alla domenica tuttavia, non si mancava visita a messa e di tanto intanto quando il Duce passava per il comizio, si accorreva in adunata per la patria, insomma ci si divertiva! Al lavoro andava solo il padre che si ritrovava piegato e preso a calci dal padrone che poteva decidere di volta in volta se cambiargli di mansione, lasciarlo a casa o farlo lavorare 3 ore in più. Il padre, padrone, lo era solo a casa sua, in fabbrica o nei campi era un docile cane bastonato al guinzaglio. Il tutto spiega perché (nel dubbio) menava la moglie, prendeva a calci i figli e non dedicava un minuto al vecchio. C’era sempre l’osteria direte voi? Certamente, un po’ di vino e qualche grappino non lo si negava a nessuno! E il ruolo della moglie? Ah si, era davvero dignitoso! Quando non sfornava marmocchi o non veniva percossa dal marito, era dietro ai fornelli. La soluzione d’uscita per la povera donna? La stessa del marito, una bella boccia di trebbiano, ma di qualità inferiore. I nove figli invece impiegavano allegramente il loro tempo per i ¾ a lavorare nei campi o a far legna, e a scuola non potevano andarci perché non c’erano i soldi, ma a catechismo non mancavano mai! Non sia mai, dal momento che Don Perlano doveva pure sfogare le sue morbose attenzioni sessuali su qualcuno!

Descrizione II: La famiglia borghese del ventennio

Ora pensate ad una bella foto ben conservata che ritrae: un padre, una madre e due figli. Provate come prima ad animare quelle persone pensando al contesto sociale e culturale in cui si trovavano. Ci troveremo quindi di fronte ad un padre amorevole che quando non prendeva a cinghiate i suoi sottoposti era al caffè a far bisboccia. Mentre la madre passava il tempo nelle sale da tè con le amiche. Il figlio era a casa da solo che aspettava il suo turno al caffè, invece la figlia più grande era da un’amica, mentre aspettava il suo turno nelle sale da tè. Diciamo che il fascismo di giovinezza si è sempre sciacquato la bocca, ma di attenzione per l’infanzia durante il fascismo proprio non ce né mai stata! E i vecchi borghesi? Se erano ancora arzilli, in casa a spadroneggiare, se no, per loro c’era sempre la casa di riposo ad accoglierli.

Descrizione III: La famiglia proletaria ma berlusconiana e anche un po’ leghista

In questo caso è tutto più facile perché se si ha la fortuna di non appartenere a questo gruppo, si ha certamente la sfortuna di conoscere qualche famiglia in questa condizione. La classica famiglia monogamica composta da un padre, una madre un figlio. Il padre è un lavoratore salariato ma ha il mito dell’impresa ed è convinto che se va bene l’azienda, va bene anche lui, quindi si spacca la schiena per 8 ore al giorno e lecca il culo al capo reparto per fare più straordinari e racimolare quando va bene 1200 euro per 48 ore settimanali. È chiaro che il povero uomo per reggere questi ritmi tira di bamba, ed è altrettanto normale che quando arriva a casa, devastato dal lavoro, si piazza davanti alla TV e non pensa più a niente. Se il marito si aliena tra lavoro e TV, la moglie fa lo stesso aggiungendo un altro lavoro non proprio gratificante: quello di pulire, stirare e cucinare. La differenza? Il marito assume massicce dosi di TV sul divano, la moglie assume massicce dosi di TV stirando, ma il risultato non cambia . Il figlio invece si piazza davanti alla Play Station IV e non si schioda finché non è ora di andare a scuola. L’attenzione per l’infanzia è passata dallo sfruttamento di una forza lavoro a costo zero, all’indifferenza mascherata da attenzione. Attenzioni che però continua a ricevere da parte del parroco del quartiere. Lo salvi chi può! E i nonni? Lo Stato spera che schiattino rapidamente per non pagargli più la pensione, mentre i famigliari li parcheggiano da qualche parte o li dimenticano all’Autogrill… il tutto mentre il cane dorme tranquillamente sul divano.

Descrizione IV: La famiglia borghese, berlusconiana e anche un po’ leghista

Anche in questo caso non è difficile descrivere il quadretto: un padre, una madre due figli. Il padre quando non esige gli straordinari o non lascia in cassa integrazione i suoi sottoposti passa direttamente sui viali a transessuali. La madre invece si preoccupa che i figli ricevano una buona educazione lasciandoli per ore davanti ai programmi della Maria de Filippi, d’altra parte i giovani rampolli saranno la futura classe dirigente.
I giovani rampolli ricambiano le attenzioni e l’affetto bruciando campi rom e i barboni o violentando con altri amichetti di gioco le compagne di scuola. D’altra parte prima o poi saranno industriali, banchieri o parlamentari è bene che si tengano in allenamento! E i vecchi borghesi? Se sono ancora arzilli, in casa a spadroneggiare, se no, per loro c’è la casa di riposo. Non c’è più la famiglia allargata ma per i borghesi anche se vecchi c’è sempre un ruolo in famiglia.

È davvero desolante il quadro offerto da questa putrescente società capitalista, dove crescono la solitudine, la depressione, la distruzione di sé e degli altri. L’osannatissima famiglia è in testa alle classifiche dell’alienazione: in Italia produce un morto ogni 2 giorni, più della criminalità organizzata!

IL MITO DELLA PATRIA?

Cambia la forma di governo, ma rimane una classe al comando, quella borghese, e così cambia la propaganda ma rimane la stessa filosofia di fondo: massimizzare, difendere i profitti e scaricare i costi delle ricorrenti crisi sul nemico interno di turno.
Dalla congiura giudaica, massonica e bolscevica a quella rom, islamo-comunista.Dunque si passa dall’idiozia dello spazio vitale, all’idiozia della guerra umanitaria antiterrorista.

Descrizione V: La patria fascista e la creazione del nemico interno ed esterno

Una breve digressione. Il fascismo, sorto per volere di agrari e industriali stanchi delle occupazioni delle fabbriche e delle terre, si alimentava dell’idea della legge e l’ordine da far rispettare, per fare dell’Italia un “grande impero”. I nemici erano i sovversivi, i ribelli, che invece di sfogare le loro frustrazioni sulla moglie avevano il coraggio di ribellarsi al padronato. Sia chiaro, non si vuole contrapporre a un mito un altro mito, ma il proletariato cosciente, seppur nella sua mediocrità aveva una spina dorsale e sapeva cosa significava lottare per la dignità e per una vita da uomini e donne libere.
Il regime fascista al contrario la dignità non sapeva nemmeno cosa significasse, tanto che a guidare qualche migliaio di sbandati intruppati dietro il tricolore e omologati dalla camicia nera, c’era un rinnegato del proletariato, tanto incapace e impreparato, quanto orgoglioso e pieno di sé.
La borghesia putrescente e in difficoltà dopo aver spedito migliaia di giovani in una guerra insensata che serviva solo ai profitti dei monopolisti, si ritrovava senza consensi e con la minaccia di chi voleva “fare come in Russia” e ricorse quindi suo malgrado, a quel ometto di Predappio che guidava picchiatori semianalfabeti e sbandati.
Non mi dilungo ulteriormente, ciò che preme è la questione legata alla fabbricazione del nemico, che serve a un’altra comunità immaginata che rafforza il nucleo costitutivo della comunità immaginata per eccellenza: insomma dalla famiglia, alla patria.

Dal 1922 al 1938, eliminato il “pericolo” bolscevico il regime fascista utilizzava l’armamentario delle leggi razziali antigiudaiche, le tesi razziste che inizialmente erano solo accennate nel 1921 in qualche discorso parlamentare, diventarono il nuovo cavallo di battaglia. A dimostrazione che senza nemico non si poteva stare. Ed ecco così che il cerchio si chiuse, con il nemico interno confezionato e represso. Ma ogni patria per essere grande deve avere ambizioni imperiali. E il regime in camicia nera, benedetto dal papa e sostenuto dal Re e dal capitale, si avviava nella continuità con il regime liberale ante “marcia su Roma”, sulla strade delle campagne coloniali, fino all’ingresso nella seconda guerra mondiale dove le “plutocrazie occidentali” e l’URSS (già da tempo degenerata) costituivano il nuovo nemico da abbattere in nome della razza e dell’autarchia. Come andò a finire è cosa nota.

L’innegabile invarianza di fondo fra i regimi della borghesia, indipendentemente che essi siano “democratici” o autoritari.

Descrizione VI: La patria e la creazione del nemico interno ed esterno nell’attualità

In tempi di crisi non c’è regime che non abbia la necessità di fabbricare il nemico e la “democratica” Italia del XXI secolo non ne è certamente immune. Un nauseabondo vento spira lungo lo stivale: quello dell’intolleranza. La puzza di fogna sgorga in tutto il paese.
Lo sdoganamento della destra iniziò alla metà degli anni novanta, con le dichiarazioni di Violante sui “ragazzi di Salò” e si acutizzò con la pseudo-sinistra al governo che sullo sfondo dell’impresa neocoloniale in Serbia e Kossovo arrivò a sostenere la necessità di una memoria nazionale condivisa. Oggi la memoria più che condivisa è rimossa, i crimini italiani, di oggi e di ieri sono spariti. Eclatante fu il caso scoppiato alcuni anni fa rispetto al documentario della BBC Fascist Legacy, in cui venivano descritti i crimini dell’imperialismo italiano nei Balcani e in Africa; filmato i cui diritti vennero acquistati dalla Rai, ma che non venne mai proiettato. Al contempo i governi indipendentemente dal loro “colore” hanno prodotto una copiosa serie di fiction televisive volte a descrivere gli italiani come una “stirpe fatta da brava gente”. Dal cine-giornale di mussoliniana memoria, si è passati alla fiction. Una su tutte? “Il cuore nel pozzo”! Dire che la differenza tra cinegiornale e fiction sta nella tecnica più che nei contenuti è quanto meno un eufemismo.

Sul fronte della costruzione del nemico interno invece ci pensano tutti i giorni i telegiornali pubblici e privati che tra una subrette e l’altra riportano fatti di cronaca dove al centro di ogni misfatto c’è un pericoloso immigrato. Agli inizi degli anni ’90 era l’albanese, agli inizi del 2000 gli islamici e oggi dopo dieci anni sono i rumeni. E gli “zingari”? Bè per i fieri popoli Sinti e Rom la persecuzione è sempre una costante. Tra cinque o dieci anni, se non prima, esaurito l’odio per i rumeni oppure esauriti i rumeni, probabilmente sarà l’ora dei cinesi. E comunque non servirà una grande fantasia ai pennivendoli d’Italia, qualcuno più a sud o più a est, lo si trova sempre. Il fatto che i confini della comunità immaginata della patria e quelli dell’Europa siano pressoché inesistenti non importa (gli Urali non saranno mica un confine naturale!), ciò che serve è un nemico. E il nemico è lo straniero, da sottomettere, utilizzare come manodopera a basso prezzo per la compressione generale dei salari, ed infine da trasformare nel capro espiatorio: ieri il ricco ebreo dal naso corvino, oggi l’arabo terrorista, il rom borseggiatore o il rumeno stupratore ecc…
Qualcuno si chiederà e i comunisti? Non c’è dubbio rimaniamo al pari degli anarchici il nemico interno di sempre che divide la nazione e semina l’odio tra le classi. È per questo che c’è il 270 bis e la restrizione del diritto di sciopero… non sia mai che qualcuno non torni a parlare di potere operaio internazionale!

IL RITORNO AL MITO DI “DIO” E DEL CREAZIONISMO?

Da sempre tutto ciò che non è spiegabile ha assunto il nome di Dio, oggi il gioco è quanto meno anacronistico ma purtroppo fa ancora presa. Rispetto all’appestamento mistico sulle masse che è proprio di ogni religione, rimando all’intervista a Piergiorgio Odifreddi del 5 marzo 2009 rilasciata a Radio Rai e trasmessa in streaming su www.radiosommossa.blogspot.com

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